RICORDATEMI

In una simulazione computerizzata di un villaggio groenlandese deserto mi volto e lo vedo, presenza registrata dal mio istinto ma non dalla rete finissima di sensori della tecnologia delle stazioni di navigazione casalinghe. Non capisco francamente cosa ci faccia qui. Non l'ho programmato io, e non è nelle funzioni random del software che attualmente sto facendo girare. Ricontrollo un'altra volta nei banchi di memoria, rileggo la lista dei processi correnti, e la memoria di silicio dell'Ipix mi convince che di lui non ricorda traccia. Semplicemente, il computer non sa che esiste, anche se ora mi si pianta davanti e mi offre un braccio per aiutarmi ad alzarmi. Non mi ero accorto di essere caduto. Mi alzo, ma anche se mi tocca non sento il suo braccio. Fa molto più freddo, ora. - Mi spiace, ma la mia presenza sta influenzando le variabili climatiche del programma. E' meglio se lo annulli. Sembra più giovane di come me lo ricordavo, ma la sua voce è la stessa. - Continuity, annullare programma Groenlandia-uno. Una sistema di riferimento spaziale destrogiro appare disegnato sulle pareti di una stanza 2x2x2. Si guarda intorno. - Permetti? Siamo a casa sua, anno 1997. Vent'anni fa, e non mi sembra affatto ieri.

- Piantala Jack, sono al telefono! - Sei al mio telefono, e ci sei da almeno 15 minuti. Mi sembrano un po' troppi per quello che dovevi fare, no? Senza contare che di là ti stiamo aspettando. - Arrivo, cazzo... eh, no, scusa, non dicevo a te... Aspetto che Jack chiuda la porta, affinchè non capisca che per fare questa telefonata gli ho raccontato almeno tre bugie. Non la prenderebbe bene. - Allora domani sera ci sei? - Sì, penso di venire. E penso che sarebbe anche ora che glielo dicessimo. Pausa. Silenzio. - Non credi? Non mi sembra vero.

- Non so cosa stai per dire. Quindi, tranquillizzati. Farò tutto io. Non sono più stato un tipo di molte parole da quando Jack si schiantò a 180 all'ora sull'autostrada su una SLK, portando via con la sua le vite della sua ex-ragazza (divenuta ex appena 40 minuti prima di morire), di altri tre miei amici e di una giovane coppia appena sposata che tornava alla routine quotidiana dopo una breve vacanza. Del gruppo di quella sera siamo attualmente vivi solo io e Tony, essendo Mirko deceduto tre anni dopo: incidente sul lavoro. Cranio spappolato da una trave d'acciaio. Avevo 21 anni all'epoca della morte di Jack, e fino a quel momento avevo detto e fatto tante di quelle cazzate... non ultima quella di avergli rovinato l'ultima partita di Risiko della sua vita... perciò decisi che da quel momento ci avrei dato un taglio. Ma non cercando di dire cose più intelligenti; solo, parlando di meno. - Sono davvero morto? Sì. Sono davvero io? Credo di sì. Chi lo può dire? Qua dentro, nemmeno tu sai se sei davvero tu. Filosofia spicciola. L'ho sempre odiata. L'ho sempre odiato. Da morto, naturalmente. - Da dove vengo? Dai tuoi ricordi, in parte. Questa è nuova. - Non ti spiegherò tutto, e d'altronde non potresti capire. Ma se tu non fossi l'ateo miscredente che sei, quello che vedi davanti a te lo chiameresti spirito. Ha solo un modo differente di manifestarsi. Non si appare più nelle notti buie e senza luna, o nei sogni; anche noi anime ci siamo aggiornate. Mi rendo conto solo adesso che la sua figura non proietta nessuna ombra sul pavimento. - Perchè sono qui, e perchè proprio davanti a te? Alla prima domanda risponderò con più calma, alla seconda posso solo dirti, perchè no?

Non c'è molto altro da raccontare. Solo, non so giocare ai giochi di strategia. Non riesco a pianificare niente. Le variabili indipendenti si moltiplicano all'infinito durante i miei turni di gioco, e io smetto di tenere conto anche della più piccola banalità strategica. Divento una scheggia impazzita del gioco. Non vinco mai, ma posso fare vincere o perdere gli altri. Faccio l'oscuro lavoratore dietro le quinte, per chi vince. Faccio l'incapace plagiato rovina-partite per chi perde. Jack perse, quella sera, ed io fui il primo ad uscire dalla partita. Ma, come si dice, sfortunato al gioco, fortunato in amore.

- Vuoi una tazza di tè? Ce l'ho già in mano. Riesce a far apparire le cose ancor prima di pensarle. Magia uguale tecnologia. E' già buio, fuori dalla finestra. - Se non ti va, posso far tornare la luce del giorno. Frase che mescola gentilezza per il favore proposto, e un tentativo di convicermi che non ho più controllo su niente, per il momento. - Ho un problema. Mi viene da ridere, e lo faccio, sguaiatamente. E poi, divento cattivo. - Donne? - No, qualcosa di più importante: amici. Sembra che dica seriamente. Ma io non posso dimenticare che ne ha spediti al creatore tre, di miei amici. - Beh, te ne sei portati alcuni dietro, mi sembra. - Quelli ancora vivi, intendo. Con certa gente, il cinismo e il sarcasmo sono sprecati. - Invece di fare dello spirito, ascoltami. E' vero, li ho praticamente uccisi io. Ma ora nè tu nè io possiamo fare qualcosa. Io voglio parlare d'altro, adesso. Voglio... - Non con me. Mi guarda come può guardare un'anima implorante. - Sei l'unica... l'ultima persona che mi è rimasta. Non mi ricorda più nessuno, e chi potrebbe non vuole farlo. Io non voglio morire così... e così presto. - Sei già morto.

Ora che tutto è finito, che Jack è sparito dal mio computer, così silenziosamente come forse non era mai entrato, vorrei riuscire a dire qualcosa. Un pensiero, una citazione, qualcosa che non mi faccia dimenticare e che mi aiuti ogni volta che ripenserò a quanto è accaduto e i ricordi si accavalleranno, portando ognuno un carico di dolore che già preso singolarmente sarebbe insopportabile. Ma non trovo niente, sono incapace di formulare anche una singola frase. Forse perchè allora come ora, le frasi non avevano, non hanno, più senso.

- Mi sono sempre illuso di continuare a vivere nei ricordi della gente che conoscevo, dei pochi amici che erano rimasti, dei miei genitori. E' così che ognuno di noi sopravvive allo scoccare della sua ultima ora, ed anche questa è una speranza effimera, perchè tra due generazioni nessuno si ricorderà più di come ero, di come agivo, del mio sorriso e di quello che dicevo. Allora, quando non ci sono più ricordi di te nei pensieri di tutti gli uomini, allora, anche l'anima, pur sopravvissuta al primo trapasso, muore. Pensaci: non muoiono così anche i vivi? Quando nessuno più telefona, gli amici non ti scrivono, non ti pensano, non parlano con te se non di futilità e sciochezze, non vogliono turbare il tuo mondo con una lettera o più semplicemente una cartolina, e si chiedono che cosa possono dirti, di tanto importante da meritare di essere letto... rispondendosi che forse è meglio lasciar perdere, e che comunque ci sarà un'altra occasione... Quante amicizie muoiono sul nascere per semplice pigrizia mentale, noncuranza, indifferenza mascherata da ipocrite scuse inventate al solo fine di ingannare se stessi? E quanti si accorgono solo poi, solo quando l'altra persona non c'è più, di quanto grande sia il vuoto lasciato da tutto quello che non hanno fatto, da tutto quello che non hanno detto, da tutti gli abbracci che non hanno avuto il coraggio di dare? Il vuoto, il silenzio cresce come un cancro, diventa insopportabile... Questo è ciò che sta accadendo alla mia anima. Sta morendo. Nessuno vuole, o riesce più a ricordarmi. Non voglio sapere perchè, non mi interessa... Sono stanco anch'io, sai? Però, voglio sopravvivere ancora un poco, solo un altro po'... ed è per questo che sono venuto da te. Tu sei il solo che ancora si ricorda di me, anche se - non dire niente, lo so - nel profondo del cuore nutri per me un odio profondo per quello che ho fatto, per quello che ti ho fatto, anche se a morire sono stati altri... Ho contribuito alla tua solitudine, al tuo chiuderti in te stesso, alla tua tristezza... In un certo senso, ti ho creato io, ho dato vita alla parte più triste, dolente e malinconica di te, senza pensare alle conseguenze del mio gesto. Ma ora ti chiedo aiuto. - Non riesco a pensare a niente. Ho solo paura, una grande paura di tutto quello che mi sta intorno, come in un incubo si è terrorizzati dal non avere vie d'uscita. Poi, mi torna alla memoria un ricordo di quand'ero giovane: mio padre che un giorno mi portò a pescare. Fu quella l'unica volta che mi sentii veramente felice, vicino a lui. L'unica volta che mi fu davvero amico. - Cosa dovrei fare? - Devi solo aprire il tuo cuore. E forse già l'ho fatto, perchè mentre dice così piano piano comincia a camminare verso di me, diventando passo dopo passo più trasparente, etereo, impalpabile, fino a che mi è vicinissimo, e nello stringermi in un abbraccio che non posso sentire si sovrappone alla mia figura e svanisce completamente. Per qualche attimo, rimango solo nella casa. Poi anch'essa scompare, e mentre esco dall'interfaccia riesco a vedere le figure di tutti gli amici, i vivi e i morti, tutta la mia gente qui e adesso, che mi salutano da lontano, silenziosi e sorridenti nel buio della notte, accarezzati soltanto dalla pallida luce della luna.

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