1.2 Dove si scoprono le forze nucleari
Ciò non di meno il nucleo esiste e questo è un dato di fatto. Siamo quindi costretti o a rinunciare ad ogni possibile spiegazione o a chiederci se esista un'altra forza, a noi sconosciuta, capace di tenere insieme il nucleo dell'atomo. L'esistenza stessa del nucleo atomico ci pone un problema inesplicabile sulla base delle conoscenze della Fisica Classica, ma ci indica anche la via per la ricerca di una possibile soluzione: l'esistenza di altre forze, le forze nucleari, capaci di tenerlo assieme. Evidentemente tutto ciò può sembrare semplicistico: se procedessimo per spiegazioni costruite "ad hoc" ogni volta che ci si presenta qualche fatto apparentemente inesplicabile, la scienza moderna non sarebbe mai nata. In effetti, si procede ad inserire nuovi concetti, solo se nessun altra spiegazione è possibile. E successivamente bisogna trovare un gran numero di conferme dell'ipotesi fatta. Nel caso nostro dovremo chiederci come la nuova forza agisca, per quali motivi non sia mai stata osservata in precedenza, ecc...
Questo lavoro fu svolto a partire dal 1930 circa da un vasto gruppo di fisici. Uno dei nuclei più attivi era il cosiddetto gruppo di via Penisperna, dal nome della via di Roma dove aveva sede l'Istituto di Fisica, diretto da Enrico Fermi. I loro punti di partenza erano due. Da un lato essi cercavano di capire meglio le proprietà di elettroni, protoni e neutroni, particelle all'epoca appena scoperte. Dall'altro essi cercavano di spiegare come la stragrande maggioranza dei nuclei fosse "stabile", cioè rimanessero inalterati nel tempo, e un piccolo numero, tra i più pesanti, generalmente artificiali, cioè creati in laboratorio, avessero vita brevissima: questi nuclei, detti radioattivi, tendono a spezzarsi in vari frammenti.
Prima di procedere oltre appare opportuno introdurre il concetto di isotopo. Bisogna precisare che tutte le proprietà di una atomo dipendono esclusivamente dal numero di elettroni (e quindi protoni) che esso possiede. Quindi, se ad un atomo di calcio aggiungiamo o togliamo un neutrone, questi rimarrà sempre un atomo di calcio. Gli atomi di uno stesso elemento che hanno un numero di neutroni diverso sono detti isotopi di quell'elemento. Tanto per fare un esempio, un nucleo composto da 20 protoni e 21 neutroni è uno degli isotopi del calcio. Qualunque nucleo composto da 20 protoni sarà ancora un nucleo di calcio. Ma gli isotopi, come quello con 21 neutroni per il calcio, tendono, con il passare del tempo a divenire stabili acquistando o cedendo neutroni. Queste reazioni sono dette reazioni radioattive e sono state studiate, per l'appunto, dal gruppo di Enrico Fermi per determinare le proprietà delle forze nucleari.
Ritorniamo ora al problema centrale. Le forze nucleari devono essere intensissime, per poter tenere insieme, a distanza molto piccola, molti protoni con la stessa carica. Per di più esse devono essere praticamente inefficienti al di fuori del nucleo atomico stesso, altrimenti della loro esistenza ci saremmo accorti ben prima, così come accadde con le forze gravitazionali ed elettromagnetiche. Esse quindi saranno attive a distanze inferiori al miliardesimo di millimetro, ma inefficaci a distanze maggiori.
Le forze nucleari devono compiere un certo lavoro per mettere assieme il nucleo, partendo con protoni e neutroni isolati e avvicinandoli via via fino alle distanze alle quali essi si trovano all'interno del nucleo. Durante questa operazione le forze elettriche lavorano "contro", nel senso che esse tenderebbero a tenere i protoni, di carica uguale, il più possibile lontani gli uni dagli altri. Quindi per mettere insieme il nucleo dovremmo spendere una certa quantità di energia, esattamente eguale al lavoro che dobbiamo compiere. Questa energia rimarrà poi immagazzinata nel nucleo fino a quando qualcuno non lo rompa. Per ogni protone che avviciniamo ad una certa distanza ad un altro spenderemmo quindi una certa quantità di energia, energia che rimane poi imprigionata nella struttura che abbiamo creato.
Non tutti i nuclei sono fatti allo stesso modo, nel senso che le posizioni reciproche dei protoni in diversi nuclei sono diverse. Di conseguenza le energie spese nella costruzione dei diversi tipi di nucleo saranno diverse. Ogni tipo di nucleo avrà immagazzinata dentro di sé, quindi, una diversa quantità di energia, caratteristica del tipo di nucleo in questione. Tutto ciò è vero sia per i nuclei "naturali ", quelli cioè che si trovano in natura, sia per quelli "artificiali", cioè costruiti in laboratorio. Se prendiamo un nucleo di uranio, ad esempio, e lo rompiamo per ottenere due nuclei più leggeri, è possibile che nei due nuclei più leggeri sia immagazzinata in totale meno energia di quanta ne era immagazzinata originariamente nel nucleo di uranio. In questo caso nel rompere il nucleo avremo un guadagno netto di energia. Ciò non è obbligatorio. A priori anche la situazione opposta potrebbe essere legittima: cioè che nel nucleo iniziale sia immagazzinata meno energia che nei nuclei ottenuti dalla sua rottura. In questo caso per spezzare il nucleo saremo noi a dover fornire l'energia mancante. Per i materiali più pesanti accade proprio che l'energia totale dei due nuclei residui ottenuti dalla frammentazione di quello originario sia minore dell'energia di partenza. In questo caso l'energia disponibile viene immediatamente liberata. Questo è il principio della fissione nucleare. Fissione significa rottura, frammentazione.
Possiamo ora chiederci cosa accade fondendo due nuclei più leggeri in uno più pesante. Anche in questo caso ci sono, a priori, due possibilità: o l'energia immagazzinata alla fine nel nucleo più pesante è maggiore o è minore di quella originariamente immagazzinata nei due nuclei più leggeri. Nel primo caso dovremmo spendere energia, nel secondo ne guadagneremmo, realizzando la fusione. Questo è il principio della fusione nucleare.
Bisogna stare attenti a non confondersi: o si guadagna energia fondendo due nuclei in un certo nucleo, o la si guadagna spezzando lo stesso nuclei nei due più leggeri. Il fatto di poter guadagnare energia in entrambi i casi è escluso: si potrebbero produrre quantità illimitate di energia, ripetendo il ciclo di fissione-fusione, dal nulla. In effetti ciò che risulta conveniente è o spezzare nuclei pesanti in nuclei medi o fondere nuclei leggeri in nuclei medi. Quindi abbiamo due possibili tipi di "carburante" per le reazioni nucleari: o nuclei molto pesanti come uranio o plutonio(fissione), o nuclei molto leggeri come idrogeno o elio(fusione). In generale potremo quindi affermare che i nuclei di peso intermedio immagazzinano meno energia sia rispetto a quelli pesanti, sia rispetto a quelli leggeri.
Quando compiamo un processo di fissione o di fusione, in entrambi i casi partiamo con più energia immagazzinata di quanta ce ne sia alla fine nei cosiddetti prodotti di reazione. Dove finisce l'energia mancante? Essa viene liberata ed è immediatamente disponibile per qualsiasi altro uso. Come viene liberata energia? Essenzialmente in due modi: o sotto forma di calore, quando il combustibile si riscalda insieme a tutto quello che lo circonda, o sotto forma di particelle veloci che si allontanano. Il primo meccanismo è molto familiare: è lo stesso che usiamo per far bollire una pentola d'acqua liberando energia con la fiamma del gas. Il secondo meccanismo è, invece, possibile perché non è detto che tutti i protoni, i neutroni e gli elettroni inizialmente a disposizione finiscano poi nei nuclei residui. Quelli che avanzano si allontanano velocemente dalla zona di reazione portando con sé parte dell'energia liberata proprio come fa un proiettile in moto che, grazie alla sua energia, riesce a penetrare un materiale o a rompere un vetro.
Il problema successivo è capire se questa energia sia disponibile per scopi pratici. Un uso militare, ad esempio, richiederebbe non solo la disponibilità di una grande quantità di energia, ma anche che essa sia effettivamente disponibile in un tempo molto breve: molta energia a disposizione in un tempo molto breve significa poter provocare un'esplosione. Molta energia disponibile, ma su tempi relativamente lunghi, significa, invece, disporre di una fonte di energia alternativa per usi civili ed industriali.
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