Dosi elevate di radiazioni su tutto il corpo provocano un caratteristico schema di lesioni. Le dosi sono misurate in gray: un gray (Gy) è uguale alla quantità di radiazione che libera l'energia di un joule per un chilogrammo di materia. Un'esposizione a dosi maggiori di 40 Gy danneggia gravemente il sistema vascolare dell'uomo, causando edema cerebrale, shock, disturbi neurologici e morte entro 48 ore. L'esposizione di tutto il corpo a dosi da 10 a 40 Gy causa danni vascolari meno gravi, ma provoca la perdita di liquidi ed elettroliti nello spazio intracellulare e nel canale digerente; la morte avviene entro 10 giorni, come conseguenza dello squilibrio liquido ed elettrolitico, della distruzione del midollo osseo e di eventuali infezioni. L'assorbimento nell'uomo di dosi da 15 a 10 Gy provoca gravi lesioni al midollo osseo, che portano a infezione ed emorragie; la morte, se sopravviene, può essere attesa da quattro a cinque settimane dopo l'esposizione e in genere colpisce circa la metà dei pazienti che sono stati colpiti al midollo osseo. Gli effetti di queste dosi relativamente basse possono, talvolta, essere curati in modo soddisfacente.
L'assorbimento accidentale di radiazioni da parte di piccole parti del corpo rappresenta la forma di esposizione più comune e provoca un danno tissutale localizzato. I danni ai vasi sanguigni delle aree esposte causano disturbi alla funzione dell'organo e, a dosi maggiori, necrosi (morte localizzata dei tessuti) e gangrena.
Il danno provocato da fonti di radiazioni emesse da sorgenti interne non sembra causare effetti acuti, ma piuttosto fenomeni ritardati, che dipendono dall'organo bersaglio, dall'emivita e dal comportamento biochimico dell'isotopo radioattivo, nonché dalle caratteristiche della radiazione. Le conseguenze possono comprendere degenerazione o distruzione del tessuto irradiato, oppure varie forme di cancro.
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