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Risposta ad un probabile creazionista

[Febbraio 2000]

 

-----Original Message-----
From: Simon Le

>Leggo il suo breve spunto pubblicato da Riotta su 'LaStampa - Web' (Sul Silenzio di Dio)' Lei considera 'apprezzabile risultato' la consapevolezza fasulla, insegnata nei nostri licei, di essere pronipoti di una scimmia?

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RISPOSTA:

In base a quali argomenti la "consapevolezza" di essere il risultato di meccanismi darwiniani sarebbe una consapevolezza fasulla? A suo parere, quale sarebbe la consapevolezza VERA di ciò che siamo?

Intanto la rassicuro sul fatto che la mia consapevolezza darwiniana non è (purtroppo, nel mio caso) il risultato dell'insegamento dei nostri licei (scientifici !!!). Avrei perso meno anni per capire cose importanti, se alcuni concetti darwiniani fondamentali mi fossero stati correttamente suggeriti con il peso adeguato alla loro importanza culturale, al liceo o altrove. Magari al posto di un po' di Dante o di un'ora di religione. Pensi che avrebbero preso meno del tempo dedicato ad un singolo Canto o ad una lezione sugli influssi tomistici nella Divina Commedia.

Vorrei essere più chiaro. La "consapevolezza" di essere il risultato di meccanismi darwiniani va ben oltre quella di avere progenitori in comune con le scimmie. Comprende la consapevolezza di avere progenitori in comune (più o meno indietro nel tempo) con tutti gli altri esseri viventi e di condividerne i processi chimico-fisici senza nient'altro di così tanto speciale. Ma non solo.

Questa consapevolezza comprende anche la ragionevole convinzione che la complessità manifestata dagli esseri viventi attuali si sia prodotta in modo meccanico a partire dalle condizioni chimico-fisiche del nostro universo così come lo conosciamo ora. Che il meccanismo sia quello ricorsivo non deterministico individuato da Darwin con la teoria dell'evoluzione per mezzo della selezione naturale. Che il prodotto dell'evoluzione biologica non abbia bisogno di postulare l'esistenza di un Progetto e di un Progettista per prodursi. Che tutta la faccenda non abbia alcuna finalità o scopo ultimo, più o meno trascendente.

In estrema sintesi, la teoria dell'evoluzione degli organismi viventi per mezzo della selezione naturale, o evoluzionismo, può essere riassunta così. Gli esseri viventi si riproducono dando origine ad esseri simili, ma non identici. Il caso contribuisce a generare questa diversità. Il loro potenziale riproduttivo eccede il numero degli individui che sopravvivono. I vincoli dell'ambiente e la natura limitata delle risorse ambientali generano pressione selettiva inducendo ad una competizione mortale per le risorse. Tendono a sopravvivere e a lasciare più discendenti gli individui più adatti alle condizioni ambientali che si trovano ad affrontare in un certo momento e in un certo luogo. Condizioni ambientali diverse (o che diventano diverse per qualsiasi ragione, compreso il caso e l'azione degli individui sull'ambiente) favoriscono la propagazione di individui con caratteristiche diverse. In questo modo qualcuno occupa sempre gli spazi e le nicchie che offrono meno resistenza. Il minore o maggiore isolamento riproduttivo che può prodursi contribuisce a mantenere omogenee o a far divergere le caratteristiche di popolazioni di individui. La applicazione ricorsiva di questo meccanismo spiega la continua produzione di differenze tra i gruppi. I quali possono così divergere progressivamente di molto, fino a produrre anche organismi di notevole complessità e differenza, a partire da elementi semplici e relativamente semplici regole meccaniche di aggregazione.

Questa consapevolezza, per quanto mi riguarda e per quanto riesco a capire, suggerisce anche che, se il mondo dei viventi funziona come Darwin ha teorizzato, allora non vi è spazio per fondare alcuna norma etica che non sia solo ed esclusivamente conseguenza di desideri e passioni in conflitto; cioè che non sia solo politica e contingente. Si possono realizzare convivenze e alleanze di sopravvivenza, ma non si possono formulare concetti astratti di giustizia, bontà, ecc. Nella misura in cui il mondo dei viventi funziona darwinianamente, nessuna proposizione etica normativa rimane dotata di senso. Ciò che si "deve" fare (ad esempio nella accezione proposta e sperata da Kant) semplicemente non sussiste: il concetto etico di liceità è un concetto vuoto di senso, in una prospettiva darwiniana; una sorta di allucinazione concettuale (nello stesso senso in cui si può parlare di allucinazioni percettive). Sussiste solo ciò che ciascuno "vuole" e può fisicamente fare in un mondo pervaso da vincoli, avversità e caso. Ciascuno è un esperimento biologico che "naviga a vista", la cui adeguatezza (valore, bontà, ecc.) è praticamente indeterminata e indeterminabile a priori, e dipende dal risultato dell'interazione del comportamento con l'ambiente. Si può fare dell'etologia a posteriori, ma non dell'etica a priori.

Mi piacerebbe che questo fosse chiaro soprattutto a chi, fraintendendo il pensiero di Darwin, pretende di sapere come si fanno regole di comportamento "autenticamente" darwiniane in nome della Selezione Naturale per il Bene della Specie o per far emergere il migliore dei mondi possibili. Nella prospettiva darwiniana, la pressione selettiva è un meccanismo della natura (come lo sono la gravità o i fenomeni soggetti ai principi della termodinamica) che gli esseri viventi cercano di schivare adottando tecniche di sopravvivenza. Chi lascia più discendenti è etichettabile a posteriori come più adatto in quel momento e in quel contesto. La selezione naturale non è una norma etica, e non seleziona i migliori. Anzi sono proprio le nostre comuni nozioni di "Migliore", di "Bene", di "Valore", che cessano di avere senso nella descrizione darwiniana del mondo. E poi Darwin è colui che mette in crisi il concetto di specie, mostrandone i meccanismi di formazione.

Circa l'apprezzabilità dei risultati della linea di pensiero sviluppatasi da Darwin, io non intendo tanto dire che quei risultati sono buoni o piacevoli, né tantomeno che sono risultati consolatori per chi sia alla ricerca di quel famoso "senso" della vita. Del "senso" della vita si potrebbe ben dire: "che ci sia, ognun lo sa; dove sia, nessun lo sa". Chi cerca consolazioni può cercarle nei miti e nelle favole letterario-religiose che gli uomini hanno sempre amato raccontarsi. Basta crederci, perché funzionino come consolazioni. Ma chi si interroga sul "Silenzio di Dio" e sul "Concetto di Dio dopo Auschwitz" (es: Hans Jonas, Dietrich Bonhoeffer, ecc.) sembra incerto sulla loro credibilità.

Quando parlo di "apprezzabili risultati" ottenuti dalla linea di pensiero sviluppatasi da Darwin, intendo dire che è apprezzabile (ovvero percepibile) la differenza nel saper spiegare, in modo non misterioso, i fenomeni biologici in profondità, rispetto a quanto fanno teorie rivali che vedono Dio come fabbricatore del mondo o come fabbricatore delle leggi fisiche che regolano il mondo. La differenza è talmente apprezzabile che quella linea di pensiero darwiniano ha prodotto conoscenze che ci rendono capaci di intervenire, sapendo quello che vogliamo fare, sui meccanismi della vita (clonare, modificare il DNA, interferire con il sistema immunitario, impiantare protesi che interagicono con neuroni, simulare matematicamente pezzettini di reticoli nervosi e intravvedere così la meccanica del pensiero, ecc.). Tutto questo è un chiaro sintomo, a mio parere, che la linea di pensiero darwiniano offre un quadro efficace di quanto possiamo dire sulla vita; più efficace e credibile di quanto non abbia mai saputo dire qualsiasi teoria che si basa sulla creazione divina del mondo (in tutte le variopinte accezioni) con annessa origine divina della vita.

Per esempio questa, che è il fodamento "scientifico" di tutta la biologia creazionista:

"E Dio disse:«Brulichino le acque d'un brulichio d'esseri viventi, e volatili volino sopra la terra, sullo sfondo del firmamento del cielo». E così avvenne; Dio creò i grandi cetacei e tutti gli esseri viventi guizzanti, di cui brulicano le acque, secondo le loro specie, e tutti i volatili alati, secondo la loro specie. E Dio vide che era buono. Allora Dio li benedisse dicendo: «Siate fecondi, moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; e i volatili si moltiplichino sulla terra». E venne sera, poi mattina: quinto giorno. Di nuovo Dio ordinò: «La terra produca esseri viventi, secondo la loro specie». E avvenne così. Dio fece le fiere della terra, secondo le loro specie e il bestiame, secondo la propria specie e tutti i rettili del suolo secondo la loro specie. E Dio vide che era buono. Finalmente Dio disse: «Facciamo l'uomo a norma della nostra immagine, come nostra somiglianza, affinché possa dominare sui pesci del mare e sui volatili del cielo, sul bestiame e sulle fiere della terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra»."
[Genesi, 1,20-26].

C'è da dire che, però, qualche volta, la letteratura produce anche antidoti come questo:

«Frate Cipolla promette a certi contadini di mostrar loro la penna dell'agnolo Gabriello; in luogo della quale trovando carboni, quegli dice esser di quegli che arrostirono san Lorenzo.»
[Decameron: Sesta giornata, X].

Se vuole cominciare a rendersi conto di persona di che cosa sia la linea di pensiero sviluppatasi da Darwin, può leggere alcuni testi che le indico qui di seguito. Anche se ho l'impressione che lei preferirebbe proibire, come in alcuni stati USA, l'insegnamento di Darwin per sostituirlo con più rassicuranti esegesi bibliche.

 

"Darwin. Per cominciare"; Jonathan Miller, Borin Van Loon; Feltrinelli. [È una ricostruzione a fumetti del nucleo concettuale dell'opera di Darwin e delle dispute relative; molto ben fatto: rigoroso, chiaro, esauriente e veloce da leggere. Si legge in un'ora.]

"La natura: un universo di indifferenza"; Richard Dawkins, in LE SCIENZE n° 329, Gennaio 1996.

"Un lungo ragionamento. Genesi e sviluppo del pensiero darwiniano"; Ernst Mayr, Bollati Boringhieri, 1994.

"Darwin"; Adrian Desmond, James Moore, Bollati Boringhieri

"Charles Darwin"; Giuseppe Montalenti; Editori Riuniti.

"Storia del pensiero biologico"; Ernst Mayr, Bollati Boringhieri, 1990.

"Il caso e la necessità"; Jacques Monod; Mondadori

"Il fiume della vita. Cos' è l'evoluzione"; Dawkins Richard; Sansoni

"L'idea pericolosa di Darwin. L' evoluzione e i significati della vita"; Daniel C. Dennett; Bollati Boringhieri

"Il cervello, la mente e l' anima"; Edoardo Boncinelli, Mondadori.

Charles Darwin, "On the Origin of Species by Means of Natural Selection, or the Preservation of Favoured Races in the Struggle for Life", London: Murray, 1859. [e-text qui]

Charles Darwin, "The Descent of Man, and Selection in Relation to Sex", London: Murray, 1871. [e-text qui]

Charles Darwin, "The Expression of the Emotions in Man and Animals", London: Murray, 1872. [e-text qui]

[Cercare DARWIN come autore su http://www.internetbookshop.it per le edizioni italiane]

 

Altra bilbliografia può trovarla in quei testi.

 

Saluti.
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Bruno CAUDANA
b.caudana@ieee.org

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-----Original Message-----
From: Simon Le

Feb, 27

Egregio Caudana,

Buona giornata e grazie della interessante risposta.

Replico alla sua lettera partendo dal termine e dalle sue conclusioni personali, che sono quelle che mi riguardano piu’ direttamente.

Lei infatti afferma: “Se vuole cominciare a rendersi conto di persona di che cosa sia la linea di pensiero sviluppatasi da Darwin, può leggere alcuni testi che le indico qui di seguito. Anche se ho l'impressione che lei preferirebbe proibire, come in alcuni stati USA, l'insegnamento di Darwin per sostituirlo con più rassicuranti esegesi bibliche.”

Lascia intendere di sapere molto di me, nonostante abbia ricevuto da me e letto, complessivamente, ben due righe e una affermazione.

Questo suo modo di fare è un po’ tipico di un ‘disastrato del liceo classico che, data una qualunque frase a piacere, è sempre in grado di comporre un intero tema su di essa’. [Cito a memoria dal mio ex-professore di fisica quantistica al Politecnico di Milano, Lucio Braicovich, tutt’ora in cattedra].

Mettersi a inveire contro di me, in virtu’ di una frase che è un’affermazione di principio, è un po’ azzardato da parte sua e non è certo esempio di illuminismo metodico, né penso abbia grandi fondamenta darwiniane [che sembrano esserle tanto care].

Visto che lei non me lo ha chiesto, spiego io [un po’ meno ermeticamente] quello che intendevo dire in quella breve frase.

Per reazione ad anni di oscurantismo (cosiddetto ‘cristiano’) ci troviamo oggi ad essere istruiti, nei nostri licei, attorno a principi, concetti e metodi che pur presentati come indiscutibili fatti scientifici si trovano essere in realtà, dopo una ricerca solo un poco piu’ approfondita, niente piu’ che teorie. La ‘Teoria dell’evoluzione’ tale è nata e tale, dopo decenni di ricerche ed approfondimenti e progresso, resta. Non è affatto un ‘principio’ né tantomento un ‘teorema’ dell’evoluzione. Resta una teoria, tanto quanto il ‘big bang’ è teoria, con le sue parziali conferme e con molte difficoltà da superare.

Non così viene presentata allo studente medio nelle nostre classi.

Al di là di considerazioni morali, a cui non accenno nemmeno, perché ci vorrebbe una risposta ben piu’ esauriente di questa anche solo per accennare ad essi (tutt’al piu’ ne parleremo in seguito), esistono ben altri problemi irrisolti e indimostrati dalle sequenze evolutive e dalle catene di reazioni chimiche che ognuno di noi puo’ trovare in un qualunque libro specialistico sul tema evoluzione.

Se tutto ciò fosse vero e dimostrato, come lei afferma con grande (almeno apparente) fiducia, buona parte dei nostri problemi attuali avrebbero già da oggi, anzi da ieri, trovato una semplice soluzione!

Ricordo di aver chiesto al mio prof. di chimica generale [Giringhelli, Politecnico di Milano, idem in cattedra] specifichi chiarimenti a riguardo. E la sua risposta non è stata arrogante come la sua lettera, ma molto piu’ misurata e realistica; viste le circostanze, anche piu’ scientifica.

La chimica ha scoperto nuove catene di reazione, nuove sequenze automatiche, tempo fa sconosciute. Ma cosa successe ‘in principio’ nessuno ancora lo sa né, soprattutto, l’ha provato e dimostrato.

Miller stesso, nel suo famoso esperimento, non solo fu incapace (nonostante l’atmosfera controllata che aveva creato, in condizioni del tutto artificiali) di generare tutti gli aminoacidi fondamentali alla creazione della vita ma, nonostante sia quasi passato mezzo secolo da allora, nessun altro (a mia conoscenza) vi è riuscito.

Forse lei è piu’ informato di me e ha notizia di qualche scienziato che abbia avuto successo?

Mi creda, sarei io stesso lieto di avere una risposta positiva!

Mai ho voluto mettere in discussione il progresso continuo della scienza, unitamente al suo lato distruttivo e degenere, provato sulla pelle stessa dell’umanità in molti casi.

Tuttavia atteggiamenti come il suo, di ostentata e sfrontata arroganza, anche nella piu’ totale consapevolezza della limitatezza delle capacità assolute dell’uomo, non favoriscono certo il dialogo con chi, di fronte alle stesse difficoltà, prende invece legittimamente in considerazione una delle piu’ semplici (e per questo piu’ naturali e naturalmente favorite) ipotesi di lavoro: l’esistenza di un Progettista chiamato Dio.

A questo riguardo le suggerisco la lettura di “La creazione non è una favola”, di Domenico Ravalico, Ediz. Paoline (casa editrice, lo sottolineo, a me non particolarmente cara).

Le obiezioni di questo ex-professore di elettronica (oggi morto), pur se non al passo con le ultime scoperte della scienza moderna, rimangono intatte nella loro legittimità.

Esistono vari altri testi come questo e costituiscono un ideale complemento a testi come quelli di Dawkins o Crick che, barando, presentano solo una parte del problema; quella a loro piu’ gradita.

Solo evitando di assumere posizioni altrettanto estremistiche di chi ha proibito di insegnare Darwin, proibendo cioè di insegnare Dante o la Bibbia (che, peraltro, viene già ben poco insegnata!) lei potrà raggiungere una posizione bilanciata e davvero scientifica su questo argomento.

La saluto e rimango disponibile a continuare il dibattito.

S. Frattini

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RISPOSTA:

Buona giornata anche a lei (augurio che estendo volentieri anche alle prossime giornate, nelle quali non mi troverà perché penso di andare a sciare).

Non voglio continuare una polemica sterile, ma vedo che fraintende continuamente quello che dico e mi attribuisce affermazioni che non faccio. Mi pare di ricordare di averle chiesto, come prima cosa, quale fosse, per lei, la consapevolezza vera. E poi mi pare sia stato lei a dichiarare perentoriamente una "consapevolezza fasulla, insegnata nei nostri licei, di essere pronipoti di una scimmia" quella mia iniziativa di suggerire che, forse, Darwin ha dato una spiegazione agnostica, comprensibile, non misteriosa alla contraddizione tra l'onnipotente bontà di Dio e il dolore nel mondo. Lo ha fatto andando al cuore del problema. Producendo una teoria, suffragata da una enorme mole di osservazioni, che fa a meno della nozione di un Progettista per spiegare la formazione e il comportamento degli organismi viventi. Non che quello di spiegare il male del mondo fosse il suo principale interesse. Ma comunque notò la questione. Mi sembrava un po' riduttiva la sua interpretazione di Darwin.

Come avrà notato, io le ho solo esposto brevemente il percorso intellettuale attraverso cui quella "consapevolezza" darwiniana (che trova argomentazioni molto più consistenti nei testi da me citati) risulta, a me e ad altri, estremamente più convincente delle "consapevolezze" alternative.  Se rilegge meglio il mio testo, senza pensare che sia un accanimento contro di lei, lo vedrà.

Se invece uno è convinto che, dato che non sappiamo (forse o ancora) riprodurre in laboratorio gli amminoacidi primordiali (anche perché, forse, nessuno pensa più che sia una cosa interessante da fare), allora gli è chiaro che lui è in grado di interpretare la voce di Dio che gli dice cose rilevanti sulla natura degli uomini e sul resto, faccia pure.

Mi permetto di far notare però che, se anche le leggi fisiche richiedessero un Dio Progettista fino alla costituzione degli amminoacidi primordiali (visto che questa sembra la principale difficoltà che lei vede per la prospettiva darwiniana) e di lì in poi valesse l'evoluzione darwiniana, riesce comunque un po' difficile per qualunque essere, che si fosse di lì evoluto, mostrare in modo non misterioso che la divinità gli parla in modo inequivoco, nei modi che siamo abituati a sentirci raccontare. Soprattutto perché gli tocca spiegare, in modo non misterioso, com'è che il procedere dell'evoluzione sembri ignorare i più elementari comandamenti divini, così come la letteratura ce li ha tramandati. Oppure com'è che ignori norme etiche credute solide, tanto che devono continuamente essere proclamate universali con gran dispendio di artifici retorici, mentre sono regolarmente violate persino da chi le formula. Gli tocca invocare appunto il "Mistero" del disegno divino. Cioè gli tocca ipotizzare un mistero ancora più incredibile (almeno per la mia sensibilità di rude materialista) e più inspiegabile di quanto non siano le difficoltà che possiamo avere ora nel riprodurre in laboratorio tutti gli amminoacidi primordiali (o le perplessità nell'accettare la panspermia di Crick).

Il fatto, ad esempio, che un'opera di ingegneria abbia sempre una componente conoscitiva neutra (es: l'uso delle "leggi" della meccanica) abbinabile a componenti etiche (o volitive) divergenti; e il fatto che questa componente conoscitiva neutra sia sempre abbinata inscindibilmente in modo arbitrario ad una delle componenti volitive (es: voler far stare in piedi un ponte o volerlo distruggere con un missile, ecc.); e che questa componente volitiva, o etica, sia irriducibile a "legge" (o regolarità) nello stesso senso in cui lo è la componente conoscitiva neutra, a me dà da pensare. Non so a lei.

Lo scacco che subiscono le proposizioni etiche generali quando vengono calate nel mondo fisico, non è un dettaglio irrilevante della questione. Può essere una spia del fatto che certe generalizzazioni del pensiero a cui siamo abituati sono fuorvianti, anche se possono sembrare simili alle generalizzazioni che si fanno per scoprire le "leggi descrittive" della natura (che a me piace di più chiamare regolarità). Certe operazioni di generalizzazione etica (es.: "buono per me" che diventa "Bene", "uomini del 28 Febbraio 2000 attorno alle Alpi" che diventano "Umanità", ecc.) potrebbero essere viste come delle invenzioni rassicuranti del cervello, evolutesi con noi.  Esse ci offrono sicurezza, perché legittimano i nostri comportamenti a noi stessi, facendo sembrare Vero e Buono in generale ciò che è vantaggioso per noi qui ed ora. Cioè producono vantaggio evolutivo, in un'altra prospettiva. Potrebbero essere degli efficaci meccanismi produttori di endorfine di fronte alla durezza del vivere fisicamente, nonché di altri vantaggi evolutivi (es.: potrebbero costituire la base della credibilità contrattuale di forme di mutua assistenza e assicurazione).

Ora, si dà il  caso che la prospettiva darwiniana permette di intravvedere, tra le altre cose, come le volizioni (o le normazioni etiche, in quanto generalizzazioni delle volizioni che si instaurano in una popolazione) possano dare vantaggio evolutivo. Il che ci consente di tentare di ricondurre nell'ambito delle regolarità a noi conprensibili un aspetto dei viventi, che altrimenti richiede una Rivelazione misteriosa (tipo Tavole della Legge), o che richiede misteriose interpretazioni dualistiche del tipo mente/corpo, spirito/materia, ecc.: quello di come si possono produrre le formulazioni etiche.

In poche parole, l'eventuale Dio che promulga le leggi fisiche, mano a mano che queste ci si manifestano, ci appare progressivamente sempre più distante, freddo e muto, se ha da rimanere compatibile con la "scienza della natura" che a noi riesce di fare. Il Dio che rimane pensabile diverge sempre più rispetto al Dio che ci parla e ci dice cosa è "Veramente Buono e Giusto".

Io poi non cerco soluzioni ai problemi dell'umanità. Mi sembra già abbastanza affascinante e faticoso cercare di capire qualcosa di meno ambizioso. Né, credo, Darwin possa offrirne.

Forse lei ha confuso il mio riferimento al saper clonare o impiantare protesi, che io intendevo come esempio di successo conoscitivo di una linea di pensiero, non come esempio di soluzione a problemi dell'umanità. Se ho dato questa impressione, chiedo scusa. Credo che se avessi bisogno di una protesi acustica che stimola direttamente i miei neuroni per ovviare ad un difetto del nervo acustico, o se avessi bisogno di un tessuto ottenibile per clonazione delle mie cellule, mi farebbe piacere poterne disporre. Ma non penso minimamente che sarebbe una soluzione dei problemi dell'umanità. Sarebbe una soluzione di quei miei problemi, in quel caso. Potrebbe essere un vantaggio per i miei discendenti, qualora dovessero dipendere dalla mia efficienza fisica per sopravvivere. Certo sarebbe di danno a molti altri, in quanto, ad esempio, lo studiare e il produrre protesi sofisticate toglierebbe risorse, che so, per fare un pozzo di acqua potabile a chi muore di diarrea in Africa. Ma non c'è singola azione fisica che non incontri, per una via o per un'altra, un conflitto mortale di interessi, in un mondo di limiti fisici, se ci pensa bene.

Al contrario di quanto lei auspica circa l'adozione di un "illuminismo metodico", io ho la sensazione che proprio un fondamentale equivoco illuministico circa il concetto di "legge" contribuisca a rendere poco chiara la immensa rivoluzione conoscitiva prodotta da Darwin. Penso inoltre che questo equivoco sia all'origine di molti malintesi nelle discussioni sull'evoluzione, e non solo. Questo equivoco tende a sovrapporre il concetto di "legge descrittiva" (inteso come descrizione di regolarità esperita) con quello di "legge normativa" (inteso come obbligo/vicolo di un comportamento a conformarsi ad una norma dichiarata). Ora, nel caso di regolarità relativamente semplici e molto stabili, come quelle oggetto della fisica di Newton, l'equivoco può passare inosservato. Una legge descrittiva di come due corpi si attraggono, può ben essere confusa senza danno con una legge normativa che impone a due corpi il comportamento di attrarsi secondo la norma della legge. In questo senso noi diciamo che "devono" attrarsi secondo la legge di Newton. Il problema nasce quando, indagando esclusivamente la "ragione", si pensa di trovare, in virtù del significato linguistico dei concetti slegati dai fenomeni sensibili, una norma razionale e che questa abbia un carattere vincolante sul modo fisico alla stessa stregua di una "legge descrittiva" che cattura una regolarità.

Ora noi accettiamo che, se una legge è in contrasto con il risultato di un esperimento accurato che ne mostra l'inconsistenza, noi rivediamo la legge e il concetto di razionalità che abbiamo usato. Ma non è sempre stato così. Non sono un esperto, e confesso la mia difficoltà a capire Kant, ma, per quanto mi riesce di capire, ho l'impressione che il suo tentativo di formulare l'imperativo categorico come legge della morale sia frutto di questo equivoco. Da qui mi sembra nasca la difficoltà laica di conciliare ciò che è con ciò che deve essere. Una illusione della ragione originata da un equivoco.

Non è un mistero che Newton fosse molto ammirato dai filosofi illuministi e che tutti si ispirassero a lui (e ai risultati da lui raggiunti con la sua fisica) nel formulare le loro teorie sulla felicità e il buon governo, o nel formulare le "leggi" della moralità. Ora noi capiamo quanta strada ci fosse tra le questioni di cui si occupava la fisica di Newton e il governo di una repubblica. Ma allora forse la distanza sembrava minore. Non ho bisogno di ricordarle che la termodinamica non era ancora stata neppure abbozzata, e quasi nessuno pensava che il concetto di specie biologica fosse traballante, che la trasmissione dei caratteri ereditari avvenisse come sappiamo ora, ecc. Pensi a quante cose, che ora sono scontate, non si sapevano. E pensi che i nostri impianti etico-giuridico-normativi invece si fondano per lo più lì, se non su generalizzazioni ancora più antiche. Non è un caso che mostrino la corda di fronte alla tecnologia (biologica e non) e a una popolazione umana 6 volte più numerosa che nel 1700, e che "pesa" unitariamente molto di più sull'ambiente. Ma non sono un esperto né di pensiero del settecento né di nulla, e non ho soluzioni da proporre.

Per quanto ne so, e come saprà anche lei, la scienza di Galileo, Newton, Darwin, Boltzmann, ecc., così come la percepiamo ora, non "dimostra" mai verità incontrovertibili. Propone teorie con cui descrive fenomeni circoscritti, pronta a modificare le teorie, se esperimenti cruciali le mettono in crisi. Forse la matematica propone congetture e formula teoremi che dimostra, talvolta dopo molto tempo, a partire da assiomi e regole formali di deduzione. In quel senso la matematica produce verità incontrovertibili. Purtroppo se accettiamo che la nostra conoscenza della natura sia "scienza" nel senso appena detto, dobbiamo accontentarci di fare delle teorie, di sottoporle alla smentita degli esperimenti e sovente, in mancanza di meglio, usare il rasoio di Ockam, che ci consiglia di optare per le ipotesi che tendono a ridurre la componente misteriosa. Questo, come lei può ben capire, è un concetto estremamente debole di verità e non ci darà mai certezze assolute, ma ci aiuta a distinguere le favole, qualche volta. Che poi le favole siano deliziose, è un'altra questione.

Comunque temo che le mie riflessioni non sappiano darle risposte soddisfacenti. E, per quello che può valere la mia esperienza, non so nemmeno se consigliarle di addentrarsi a fondo nella prospettiva darwiniana, se non è disposto ad affrontare un estremo disincanto. Pascal, che di filosofia naturale (oggi diremmo scienza) capiva più che qualcosa, forse intravvide tutto, e preferì scegliere Dio con una scommessa cieca. È una questione di gusti.

 

Saluti.
--
Bruno CAUDANA
b.caudana@ieee.org

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