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Statte (TA) - PeaceLink 1995/2000
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PEACELINK OSCURATA
! L'INFORMAZIONE ON LINE HA I GIORNI CONTATI
Le modifiche alla legge sulla stampa stanno per mettere un bavaglio
all'informazione telematica delle associazioni di volontariato.
Comunicato Stampa - Con viva preghiera di
diffusione.
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio
pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di
diffusione.
(Costituzione Italiana - Art.
21)
Taranto, 25 novembre 2000
Nonostante la liberta' di espressione
sancita dalla nostra costituzione, anche un gruppo di missionari che
produce informazione in rete in maniera continuativa dovra' registrare il
proprio sito come qualunque altra testata
giornalistica.
E' questa la tesi sostenuta
da Franco Abruzzo, presidente dell'ordine dei giornalisti della Lombardia,
che nei giorni scorsi ha incontrato il ministro della Giustizia Piero
Fassino, assieme ai rappresentanti dell’Ordine dei Giornalisti, della
Fnsi, della Fieg, della presidenza del Consiglio e dell’Ufficio del
Garante della privacy per discutere le modifiche alla legge sulla stampa
che potrebbero essere approvate gia' nei prossimi
giorni.
Questo incontro e' stato commentato
dallo stesso Abruzzo nel corso di un convegno organizzato venerdi' 17
novembre dal giornale di strada "Terre di Mezzo" e dalla rivista "Mondo e
Missione". Al termine del convegno, Abruzzo ha confermato personalmente ad
un rappresentante dell'associazione PeaceLink che in base alle recenti
proposte di modifica della legge sulla stampa (la 47/1948) anche le
associazioni, i gruppi di volontariato, le associazioni no profit e i
singoli cittadini che vorranno produrre in maniera continuativa documenti
e informazioni da diffondere in rete, dovranno registrare la propria
"testata giornalistica" telematica e individuare un direttore responsabile
iscritto all'albo dei giornalisti che sia il garante delle informazioni
pubblicate sul sito.
Il tutto e' stato
confermato in un articolo
pubblicato da Abruzzo sul "Sole 24 Ore" di domenica 19 novembre (presente
anche sul sito web dell'ordine dei giornalisti della Lombardia
all'indirizzo http://www.odg.mi.it/diffamz4.htm)
in cui si specifica che l'estensione degli obblighi finora riservati
esclusivamente alle testate giornalistiche "su carta" non e' progetto di
legge vero e proprio, ma fara' parte di una serie di emendamenti da
"agganciare" alla proposta di legge n.7292/2000, che ha come primo
firmatario il deputato Gianfranco Anedda e che riguarda il reato di
diffamazione a mezzo stampa.
Attualmente
nelle pagine dedicate ai lavori parlamentari presenti sui siti web delle
istituzioni non c'e' traccia di questi emendamenti, e c'e' la possibilita'
che una questione cosi' delicata come il futuro dell'informazione in rete
possa essere risolta nei corridoi del palazzo, senza che la societa'
civile, le associazioni e i singoli cittadini abbiano la possibilita' di
esprimersi in merito a quella che potrebbe diventare una operazione di
censura in grande stile dell'informazione non commerciale e non
omologata.
I primi segnali di questa
tendenza risalgono alla scorsa primavera, nel corso della trattativa per
il rinnovo del contratto nazionale dei giornalisti, che ha visto come
protagonisti i rappresentanti della FNSI (Federazione Nazionale della
Stampa Italiana) e della FIEG, la federazione italiana degli editori.
Nella piattaforma contrattuale presentata dalla FNSI, il tentativo di
riproporre anche in rete la distinzione tra i giornalisti e il resto del
mondo e' stato descritto come un modo per "garantire gli utenti" sulla
titolarita' e la fonte dei prodotti informativi telematici, che
concretamente avverrebbe con l'introduzione di un "pressmark", un "bollino
blu" che avrebbe lo scopo di distinguere le informazioni "buone" prodotte
dai giornalisti da quella che e' stata definita la "generalita' delle
iniziative presenti sul mercato e nel sistema delle
telecomunicazioni".
Anche l'Unione
Cattolica Stampa Italiana (UCSI), per bocca di Paolo Scandaletti, ha
affermato nei mesi scorsi che "si dovrebbe intanto pretendere che i siti
che diffondono informazione siano iscritti nei registri stampa dei
tribunali, con dei responsabili, come le altre testate a stampa e
radioteletrasmesse". Un'affermazione tanto ambigua quanto preoccupante,
dal momento che risulterebbe molto difficile individuare dei siti internet
che non "diffondono informazione", e che una norma di registrazione simile
a quella invocata da Scandaletti sarebbe inevitabilmente troppo legata
alla discrezionalita' di chi dovrebbe farla applicare. Scandaletti ha
rincarato la dose anche dalle pagine di "Desk", la rivista dell'UCSI. Nel
numero di giugno 2000 si legge testualmente che "e' certo impossibile il
controllo della rete mondiale interconnessa. Ma se i singoli paesi
esigessero, sulla falsariga del registro stampa istituito presso i
tribunali italiani, un responsabile per i siti informativi, forse qualche
progresso sarebbe possibile."
Questa
associazione tra telematica e impunita', e la conseguente necessita'
dell'individuazione di un "responsabile" per ogni singola pagina diffusa
in rete, e' un argomentazione piuttosto debole, dal momento che gia' oggi
per registrare un indirizzo internet e' obbligatoria la firma di una
"lettera di assunzione di responsabilita'", in cui il richiedente dichiara
le proprie generalita' e si dichiara responsabile delle conseguenze
derivanti dall'utilizzo e dalla gestione del sito. L'unica differenza con
lo scenario prospettato dall'Ordine dei Giornalisti e dall'UCSI e' che,
allo stato attuale delle cose, per diventare responsabile di un sito e
produrre informazioni in rete non e' necessaria, almeno per il momento,
l'appartenenza ad un determinato ordine
professionale.
Un'altra ipocrisia insita
nel meccanismo di assimilazione dei bollettini telematici alle testate
giornalistiche e' il fatto che questa equiparazione riguarderebbe
unicamente l'accesso al "diritto di pubblicare" in rete, che si vorrebbe
riservare unicamente ai giornalisti iscritti all'albo. Questa equivalenza
viene a cadere nel momento in cui si vogliono utilizzare gli articoli
pubblicati in rete come documenti di prova per l'accesso all'ordine dei
giornalisti. L'equivalenza che si vorrebbe stabilire vale solo in senso
escludente, per impedire ai "non giornalisti" di realizzare siti
informativi, ma non trova applicazione in senso inclusivo, per permettere
l'accesso all'albo a persone che pubblicano articoli e realizzano
attivita' giornalistiche in rete al di fuori dei circuiti della carta
stampata.
La "tutela dei lettori" e'
l'altro cavallo di battaglia dei sostenitori della registrazione
obbligatoria. Basterebbe alzare lo sguardo ad un orizzonte meno limitato
per accorgersi che a causa dell'extraterritorialita' della rete, l'obbligo
di registrazione non farebbe diminuire il numero dei siti informativi, ma
al contrario farebbe aumentare il numero dei siti con informazioni in
italiano che verrebbero attivati all'estero, dove la nostra giustizia
avrebbe molta difficolta' ad intervenire nel caso in cui vengano
effettuate attivita' illecite in violazione delle leggi italiane o dei
codici deontologici del giornalismo. "L'antidoto contro il cattivo
giornalismo non e' l'Ordine dei Giornalisti, ma e' semplicemente il buon
giornalismo". L'osservazione e' di Jean-Pierre Langellier, editorialista
di Le Monde e membro di Reporters sans Frontieres, presente assieme a
Franco Abruzzo al convegno sull'informazione organizzato da "Terre di
Mezzo".
Per difendere il diritto ad essere
soggetti attivi nella produzione di informazioni e contro un utilizzo
passivo e acritico delle nuove tecnologie, l'associazione PeaceLink
(www.peacelink.it) ha lanciato un appello rivolto a tutte le persone che
hanno a cuore uno sviluppo aperto e libero dell'informazione italiana.
L'associazione PeaceLink e' composta da un
gruppo di volontari che dal 1992 producono in rete informazioni libere e
autogestite in collaborazione con associazioni, insegnanti, educatori ed
operatori sociali che si occupano di Pace, nonviolenza, diritti umani,
liberazione dei popoli oppressi, rispetto dell'ambiente e libertà di
espressione. Tutti i volontari di PeaceLink svolgono il loro lavoro a
titolo puramente gratuito, per dare voce a chi non ha
voce.
Riportiamo di seguito il testo
dell'appello lanciato da PeaceLink, disponibile anche all'indirizzo http://www.peacelink.it/censura.
APPELLO PER LA LIBERTA' DI ESPRESSIONE, DI
COMUNICAZIONE E DI INFORMAZIONE IN RETE.
Oggi i
diritti di espressione dei cittadini si esercitano anche attraverso la
telematica.
Sottoscriviamo questo appello
affinche' sia garantito anche in rete il diritto di manifestare
liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro
mezzo di diffusione, stabilito dall'articolo 21 della nostra
costituzione.
L’attuale legislazione in
Italia e’ infatti squilibrata: esiste una normativa recentissima sul
diritto d'autore che reprime ferocemente la pirateria informatica e
telematica (per tutelare le aziende del software) e non esiste come
contrappeso una normativa che tuteli i diritti dei cittadini alla
comunicazione telematica, in particolare di quei cittadini che decidono di
partecipare attivamente al processo di creazione delle informazioni in
rete.
In tale situazione di incertezza
l'informazione popolare, gratuita, amatoriale e basata sul volontariato
rischia di morire a tutto vantaggio dell'informazione commerciale e
centralizzata dei grandi gruppi mediatici, editoriali e
televisivi.
Denunciamo il modello
dittatoriale che domina il flusso planetario delle notizie. La maggior
parte delle informazioni che circolano su giornali, telegiornali, radio e
riviste proviene da un oligopolio di agenzie di stampa internazionali, che
ogni giorno svolgono un’opera di selezione, controllo e filtraggio delle
informazioni. La gente comune e' esclusa dal grande circo dei media, i cui
attori principali sono le societa' che dominano il mercato
dell’informazione mondiale. Quattro agenzie di stampa gestiscono da sole
l’80 per cento del flusso delle notizie sull'intero pianeta: sono le
americane Associated Press e United Press International, la britannica
Reuter e la francese France Presse.
La
maggior parte delle informazioni che riguardano il sud del mondo passa
attraverso queste grandi agenzie di stampa prima di raggiungere i nostri
giornali e i nostri TG. Spesso le realta' piu' emarginate e le piu' grandi
ingiustizie sociali vengono semplicemente ignorate. Tutta l’informazione
prodotta al di fuori del cerchio ristretto delle grandi agenzie di stampa
viene soffocata e travolta dai colossi dell’informazione. I protagonisti
delle notizie vengono immediatamente espropriati delle informazioni che li
riguardano, e immediatamente i fatti vengono raccontati, una volta
filtrati dai grandi gestori dell’informazione, senza che coloro che sono
parte in causa abbiano la possibilita' di esprimersi. Tutto cio' puo'
essere combattuto soltanto garantendo una molteplicita' delle fonti
informative e garantendo a ogni individuo l’accesso a potenti canali
comunicativi attraverso il pieno utilizzo delle nuove tecnologie della
comunicazione.
La concentrazione di grandi
gruppi editoriali, televisivi e mass-mediatici, frutto del cammino
inesorabile verso il mercato globale, sta soffocando la piccola editoria,
l’autoproduzione letteraria, la stampa locale, le piccole riviste delle
associazioni e degli organismi no profit, schiacciati da un "libero"
mercato sempre piu' esigente e competitivo. Ogni giorno, nell’indifferenza
generale, muoiono riviste, case editrici, piccole radio locali e molte
altre forme di espressione editoriale, radiofonica e televisiva che non
possono garantire il profitto necessario alla propria sopravvivenza.
Questa nuova forma di censura e di
limitazione della liberta' di stampa, che si nasconde dietro la presunta
ineluttabilita' delle leggi economiche, e' un grave pericolo per la nostra
liberta' di espressione, per il nostro pluralismo e per la nostra
democrazia. I nuovi bavagli alla liberta' di stampa, alla liberta'
giornalistica e alla liberta' editoriale passano inosservati alla maggior
parte delle persone, e proprio per questo rappresentano una preoccupante
minaccia per una societa' civile distratta. Di fronte a questa grave crisi
editoriale, gia' da tempo avvertita dagli operatori del settore,
rivendichiamo il diritto a forme di espressione, di stampa e di scrittura
costruite con nuove regole, che diano priorita' ai contenuti e non alla
vendibilita' di un prodotto culturale come un libro o una rivista, che
favoriscano la produzione di informazione locale, variegata, multiforme,
pluralistica e autogestita, in alternativa alle strutture che possono
permettersi di sostenere i pesantissimi costi fissi necessari per la
distribuzione dei propri prodotti editoriali nei supermercati, negli
autogrill e nelle edicole di ogni citta'
d’Italia.
L’accesso all’informazione e ai
mezzi di comunicazione (telematici e non) e' un diritto fondamentale per
ogni essere umano. Gli stati, le istituzioni, gli operatori pubblici e
privati devono garantire operativamente questo diritto. Il vero valore
della comunicazione in rete e' rappresentato dalla persone, non dalla
tecnologia. Il massimo potenziale della rete sara' raggiunto solo quando
chiunque lo desideri potra' usarla in modo aperto e
libero.
Tutti devono poter partecipare alle
attivita' dei mezzi di comunicazione, producendo, consultando e
rielaborando informazioni, in rete e fuori, senza nessun controllo
governativo o commerciale, indipendentemente dalle possibilita' economiche
e dalle condizioni fisiche e mentali, senza nessuna discriminazione di
sesso, razza, classe sociale, lingua, orientamento sessuale e
culturale.
Rifiutiamo qualsiasi legge o
normativa che introduca in rete elementi di restrizione o repressione, o
che limiti l’utilizzo delle tecnologie telematiche, come e' gia' accaduto
per le tecnologie radio, dove un sistema di autorizzazioni e licenze ha di
fatto impedito l’accesso diffuso e popolare alle possibilita' di
cambiamento sociale offerte dalle trasmissioni radio. L’utilizzo di
tecnologie per la comunicazione elettronica in rete non deve essere
vincolato ad autorizzazioni o concessioni ne' limitato da ostacoli fiscali
o burocratici, ne' deve essere regolato in maniera differente da quanto
avviene per le altre forme di esercizio della liberta' di pensiero, di
opinione, di associazione e di
stampa.
Lanciamo alle realta’ della
societa’ civile che si riconoscono in questo comunicato, alle
associazioni, ai giornalisti e agli operatori dell’informazione, del
diritto e della cultura un appello affinche’ si affermi una normativa
nazionale che incorpori civili standard giuridici finalizzati alla tutela
dei cittadini della societa' dell'informazione che usano la telematica e
le opportunita' offerte dalle nuove tecnologie per la propria crescita
culturale, per scopi di cooperazione solidale e per la socializzazione
dell’informazione democratica.
La lotta per i diritti dei cittadini
del futuro per noi e’ gia’ iniziata.
Associazione PeaceLink
Per adesioni, contatti e informazioni:
http://www.peacelink.it/censura info@peacelink.it C.P. 2009 - 74100
Taranto Tel. 0349-2258341 Fax. 178-2279059
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