Quella giornata
Un giorno ci si sveglia, ci si prepara in fretta, non si fa colazione per essere a digiuno e si parte per il "laboratorio analisi" dell'ospedale o della clinica. Una giornata particolare. Una giornata di quelle che ci si chiede "speriamo che...."; ma in fondo al proprio cuore esiste sicuramente la risposta, ancora prima del risultato clinico.
Possono passare diversi giorni, dipende da cosa si è andati a vedere! Cosa ci stiamo preparando ad ospitare? Chi? Da dove viene? Perchè? Domande di routine. Passano anche tre settimane da quel mattino; intanto ci si informa, come non mai, nonostante le migliaia di pagine di quotidiani, di settimanali, di libri, di servizi televisivi, di pubblicità progresso... ora non sono più nulla, non ci si ricorda più nulla, almeno in quell'ottica. Stiamo attenti a carpire anche la minima denominazione, ciò che il tal professore ha detto, quello che dicono gli illustri dotti su ciò che potrebbe essere, dal pericolo imminente, dalla vita "condannata", da una parola in particolare che rindonda sovente e rimbalza come gomma entro quattro pareti vicinissime ma insonorizzate: FINE.
Sono trascorse tre settimane circa e un'altra mattinata di quelle "indimenticabili" è arrivata. Si salgono le scale lentamente, non si ha nessuna fretta di sapere certe cose! Un'infermiera dal candido camice bianco ricorda stranamente una figura celeste, dai capelli biondi, gli occhi azzurri e dai modi insopportabilmente calmi ed educati fa segno di accomodarsi. Per lei sono tutti uguali, tutti con lo stesso "invaders". Sempre dolcemente, delicatamente, lentamente, leggermente, cautamente, gentilmente, sentimentalmente, maliziosamente, emozionalmente, angosciosamente, indifferentemente, semplicemente e onestamente fruga fra una fila di lettere diligentemente e scrupolosamente preparate in ordine alfabetico. Ecco, si ferma, guarda, osserva, il cuore aumenta i battiti velocemente, la bocca secca, la saliva latita improvvisamente e il respiro si fa più affannoso, irregolare. Alza lo sguardo e chiede: "Scusi ha detto che si chiama?". No, non era quella. Ricomincia tutto daccapo.
Ormai la sudorazione aumenta a dismisura l'odore del deodorante stick ascellare. L'angelo dal camice candido sta contemplando un foglio ma non dice nulla. La sua bocca ha un leggero sorriso. Un sorriso? Forse non è un sorriso: sembra quasi...ma si, a guardarci bene gli angoli della bocca si alzano alle estremità in maniera innaturale, un po' troppo. E gli occhi...oddio, gli occhi non sorridono affatto! L'azzurro si è trasformato in blu, poi in viola, ora in rosso! Le sopracciglia hanno uno strano disegno a V, che diventa tutt'uno l'una con l'altra, anzi...una è leggermente più alta dell'altra. E quel sorr...NO, non è un sorriso! Un sogghigno. I denti ora si intravvedono e non sono affatto bianchi, sono....argentati. Le labbra sono di un viola spento, un po' crepate e la pelle sembra ricoperta da un sottile strato di pelo, fittissimo e grigissimo. Il naso ha una strana "goffaggine", più largo che lungo, assomiglia vagamente a quello di un pugile di colore ormai in pensione. I capelli stanno cambiando rapidamente colore e dal biondo chiaro e perlato si stanno velocemente allungando a vista d'occhio e...ingrossando. Eppure non c'è vento! No, decisamente neanche una finestra e nessun filo d'aria, in compenso pero'...strano...quei "capelli" sembra quasi...no, è impossibile, sono grossi come spaghetti, un colore strano, brutto, anzi decisamente disgustoso, sembrano....vermi! E si muovono! La lettera sempre in mano. La mano. Una mano? No, non direi, non si puo' chiamare mano: unghie lunghissime e irregolari che terminano affilate come lame, le dita come saldate insieme; solo il pollice ne esce per sorreggere l'estremità opposta del foglio, il foglio. Non è un foglio, non è bianco, è grosso, estremamente rigido dalle estremità irregolari e di un colore decisamente "antico", è...una pergamena e....sanguina!!! Tutto intorno sembra che la luce si abbassi sempre più, ma non c'è modo di rendersene conto, non è possibile. Il cuore batte così forte da vederlo sporgere dalla polo aderente completamente madida di sudore. Il respiro un vero e proprio compressore. Il luccichìo dei denti si fa sempre più impressionante mentre l'altra mano, fin'ora invisibile sporge da dietro la scrivania e si tende verso l'alto. Una ricerca frenetica di un filo di voce nella speranza di urlare risulta vana, tutti i muscoli sono come pietrificati. Ancora una speranza, la quasi sicurezza che si stia vivendo un'incubo provocato dalla tensione del momento. In quei casi si cerca il classico pizzicotto ma i muscoli non ne vogliono sapere di rispondere al cervello. Intanto Egli acutizza quello sguardo impossibile spremendo le palpebre come limoni fino a far si che da un'estremità una lacrima scenda lentamente. Una lacrima rossa, di un rosso già visto, di una consistenza molto più pesante di una semplice lacrima: è sangue. Ormai tutta la scrivania è rossa, ogni cosa sopra ha lo stesso colore, lo stesso...odore: sangue. Il cuore batte all'impazzata, il respiro s'affanna in modo spasmodico, il sudore abbondante ha ormai disidratato tutto il corpo e la mente inizia a vacillare, la stanza ad ondeggiare. Sono rimasti spiccioli di energia, solo una grande volontà puo' riuscire a muovere quel corpo così traumatizzato. I piedi ben puntati a terra, le mani sui braccioli della sedia, un'unico e ultimo respiro profondo prima di dar sfogo alle ultime forze. uno, due, tre...tutti i muscoli in un sol fascio, il sedere che si alza un poco dalla sedia, le mani salde sui braccioli completamente inzuppati di sudore e le braccia che si tendono per alzare definitivamente quel corpo da quella stramaledetta sedia ma....qualcosa impedisce i piedi di muoversi, sono come...legati. Completamente privo di forze si accascia sulla sedia e lentamente volge lo sguardo in basso, alla ricerca di cosa si sia annodato alle caviglie. Il cuore emette le ultime pulsazioni con una forza impossibile, gli occhi sgranati dall'orrore prima di sentire come un disco che si ferma lentamente una volta tolta la spina. Una lunga coda pelosa!
"Ehi! Che le succede?" una manina candida e leggera schiaffeggia leggermente il viso. Ancora Lei. Ancora quella dolce visione candida dai capelli biondi e gli occhi azzurri. Intorno un'aria limpida e fresca sostenuta dal condizionatore. "E' svenuto. Perchè poi? Non le avevo detto nulla!". "Ma...la luce...il sangue...la coda...". Lei sorride dolcemente, abituata sicuramente ad ogni tipo di reazione a causa delle risposte che è obbligata a dare. "Su, non è affatto il caso di reagire così! Senta, di solito non lo dico direttamente ma il caso mi suggerisce di metterla al sicuro: è tutto negativo!". Negativo? Ma allora...tutta sogezzione, tensione del momento, fantasia e paura sfrenata causata magari da un leggero calo di pressione. Finalmente i muscoli facciali si rilassano denunciando quasi un'indolenzimento tanto erano stati tesi! "Senta, pero' devo essere del tutto sincera con lei: le suggerisco di tornare fra tre mesi perchè non si sa mai". Ma ormai i muscoli erano completamente rilassati e un senso quasi di vergogna si stava quasi facendo largo. Lei porge la busta con le risposte. Una stretta di mano. Strano. Per un'attimo quella mano era sembrata quasi...gelata. Bah! Suggestione. Il corridoio è lungo, tanta gente ai lati attende il proprio turno nei diversi ambulatori. Uno strano brusio ricorda uno sciame di vespe feroci. S'apre la busta camminando, come chiunque fa di solito quando la riceve, all'interno il foglio. Un tuono mostruoso s'abbatte sul fabbricato, le luci si spengono, il brusio tace improvvisamente lasciando solo l'eco di quel tuono orribile. Il foglio in mano, le dita che lo toccano, il cuore che batte, il respiro affannoso, il corridoio che gira, l'eco del tuono...fra le dita qualcosa di appiccicaticcio: sangue.
Un giorno ci si sveglia, come se dovesse cambiare tutta la nostra vita. Ma è tutta suggestione, chissà quale sarà il responso. Forse, ascoltando attentamente, eliminando con impegno il brusio della gente che attende nel corridoio si puo' udire qualcosa: Ah! Ah! Ah! Ah! Ah! Ah! Ah!