L’Attesa

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Le poesie che compongono questa silloge - un’opera prima di rara bellezza - sono state scritte in un arco temporale molto lungo e rappresentano solo una piccolissima parte della produzione dell’Autore. Accanto a poesie più mature e decisamente compiute, di una musicalità suadente, ne incontriamo alcune forse ancora un poco “acerbe”, opera del poeta poco più che adolescente: si tratta di arditi esperimenti stilistici, di scrupolosa ricerca, per approdare a nuove forme espressive, ma che già testimoniano una finissima sensibilità artistica e preannunnciano una produzione poetica pregnante nei contenuti e squisitamente equilibrata nella sua forma.
Nell’opera di Massimiliano Bosco emerge il disagio della depersonalizzazione, una crisi profonda che per certi versi si potrebbe rispecchiare nella corrente dell'esistenzialismo. Motivi ricorrenti sono infatti lo sgomento e l'angoscia avvertiti di fronte al dubbio, sempre in agguato, della limitatezza e dell'inutilità della nostra esistenza. Domanda che da sempre l'uomo si pone, certo, anche se oggi, più che mai, nell'attuale società dei consumi e della globalizzazione, si percepisce la minaccia della perdita d’identità del Soggetto, il quale si sente quasi fagocitato dalle cose. E sono proprio le cose ad assumere, per forza, valori emblematici, in un gioco di scambio e autoidentificazione quasi perverso.
Il mio augurio è che l’Autore ritorni presto a farci visita con una nuova raccolta di poesie!

31. 5. 2006

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Chi è l’autore?

Massimiliano Bosco è nato a Napoli il 7 aprile del 1980, dove risiede attualmente.
Si sta laureando in Psicologia con indirizzo Clinico e da sempre nutre una spiccata passione per la poesia, la letteratura in genere e la filosofia, conseguenza, in parte, anche degli studi classici compiuti. Ha viaggiato a lungo in Asia ed in Africa e coltiva diverse forme d’arte, fra cui il writing (i graffiti), la street-art e la musica. I suoi lavori hanno ottenuto numerosi riconoscimenti, sono stati oggetto di tesi di laurea e di studio da parte di riviste specializzate. Nel campo della scrittura i suoi meriti sono stati riconosciuti in diversi concorsi letterari regionali e nazionali.
Ciò che particolarmente lo affascina, nell’arte figurativa, sono le libere espressioni dell’arte comunemente definita come alternativa, cioè quell’arte che viene tenuta lontana dai salotti letterari e dai musei; quell’arte che, proprio nei quartieri degradati e nelle periferie cittadine, trova l’espressione del proprio disagio, del proprio senso di alienazione, e raggiunge il pubblico nella sua immediatezza..
E per quanto concerne la scrittura, la poesia in particolare, essa è vista dall’Autore come il momento più prezioso in cui l’uomo può mettersi a nudo e dialogare con se stesso, recuperare quel contatto col proprio nocciolo interiore, quel legame col proprio intimo che viene indebolito e messo continuamente a dura prova dalla vita frenetica ed alienante nel mondo dei consumi.
Massimiliano Bosco è attualmente impegnato con la stesura di un romanzo, ma non trascura la poesia, che rimane per lui l’espressione artistica più alta e più autentica della ricchezza e profondità del proprio mondo interiore.

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L’Attesa

E luci che annunciano folli disastri
sorprendono l’uomo a non credere più,
oziando tra nuvole pigre e
discorsi,
ma
è questa la cosa più semplice e ingenua,
e i tristi occhi dolci di un piccolo stupido
tacciono,
accordi di stelle stonate e silenzi.

Qui, dove il tempo non muore,
c’è solo l’attesa più assurda,
la sfida,
e il camice nero, la falce ed il ghigno,
e le mie canzoni si fanno stonate,
e tutti i tuoi sogni si bruciano al sole,
e le mie
parole
non hanno alcun senso
se non son capaci di dirti che
t’amo.

I morti nudi

I morti nudi
non hanno più luogo
se non
una notte devastata dal freddo silenzio autunnale,
una donna che muore di rabbia,
un foglio che osserva i miei occhi;
siamo in guerra, amico:
occhi istruiti a osservare il nulla
sugli autobus dolenti
che piangono lungo il Corso.

Rivelazione

Nel petto bianco e sterile
della donna-uccello,
alle spalle del ghigno ufficioso del boia
non serve
parlare con dio,
svuotare i cassetti,
infilare la posta nella cassetta del giorno:
la rivelazione
cade
da sola dalle ali della tortora
soltanto pochi secondi prima
del sibilo del boia.

Come un libro di note e colori

Apri questa pagina
come apriresti una
scatola di giochi cinesi,

sfoglia
questa pagina
e lasciati accecare
dal bagliore bianco
su cui è impressa
la sfida dell’uomo,

apri
la notte che azzera l’oriente,
sfoglia questi vaghi incoerenti sapori,
apri questa pagina come apriresti uno spartito jazz
pronto per la guerra silente,
apri questo silenzioso diagramma d’inchiostro
che vive
apri questa pagina senza usare le mani,
osserva le note vagare sul tempo,
questo è uno spartito, ha i suoi stessi segreti,
questo è un foglio che affronta la platea,
apri questo foglio come il cuore di colei che ami,
apri questo foglio, sfoglia queste righe,
sfoglia le idee che trasuda quest’ansia bianca,
scopri questa melodia di inchiostro che ride,
apri questi suoni di sfondi bianchi,
sfoglia questi suoni che hai tra le mani,
questa è una canzone che senti e che afferri,
che vola, che suona, che affiora,
apri questa pagina come se fosse
un sogno,
questo è un libro di note e colori
è
un solo pensiero e una pioggia d’inchiostro,
apri questa pagina
vivi questa pagina
urla questa pagina
e
canta
questa pagina
che senti ruggire
mentre
tu
resti
qui,
perplesso.

Dopo aver bruciato i fogli

La cenere
galleggia nell’aria,
la cenere
di fogli bruciati
al rogo come
streghe,
fogli assassini
che parlano
e si muovono da soli,
ora dispersi sulle vostre teste
aleggiano
come l’ombra di un gioco
sadico
che non ha mai fine,
un gioco inutile
come sabbia nel deserto,
come acqua nel mare:
questa è la
cenere
sorpresa a parlare di noi
con la cura che ha
una poesia,
a volte
inutile come essa.

Magia

La stanza
diventa
più
dura
con
la musica
dentro,
quando
una parola
è
una
magia
insormontabile
le pareti
fanno
la loro parte
giocando
con
i riflessi
del tempo,
abbronzate
da
ricordi
lucidi
e
teoremi
indiscussi
cavalcando
la luce
che
genera
il
buio.

Due passi all’inferno

Camminando
a piedi scalzi
in un corridoio affollato d’ombre
come sul dorso d’una mosca silente,
dormo,
col sapore di vita in bocca
sputato
tra il dentifricio e la rabbia,
tra la notte e i sorrisi;

il mio sogno nel cassetto è
trovare le chiavi per aprirlo,

il mio diavolo è il ricordo vigliacco
che insegue pareti di rabbia e gelosia,
e a volte la luna mi prende in giro,
nelle notti di jazz, whiskey e sudore.

Quella stessa luna sorride
e piange,
ora più che mai è fatta di inchiostro e veleno,
di sangue e di sesso,
e parla, con sussurri infiniti,
di una storia che il vento racconterà
a queste pagine.

La mia pioggia

Fiorai tristi,
mentre sulla strada del porto
aleggia
un certo ricordo di sole
a strisce
abbaglianti
e corrotte:
io osservo e
non sono più un principe;
a tarda notte
i fiori saranno già morti, quindi
non credo che li conserverò,
ma avrò
tempo per mettere insieme mazzi di fiori
morti
di cancro e solitudine;
qui
piove,
piove ridicola pioggia
triste,
urla di rame conficcate in un palo dell’alta tensione
fanno compagnia al silenzio
mentre gioca a nascondino col tramonto:
l’illusione è
che il tempo farà la sua parte,
che la pioggia nasconderà le lacrime,
scivolando sui baci perduti,
cadendo sui giorni d’attesa,
cercando di dimenticarti,
essendo TU
la mia pioggia che
cade
c a d e

c
a
d
e

Oltre la stanza dei giochi

Restano
soltanto
OGGETTI
inanimati
tra i quali si gioca
a respirare,
tutto il resto è clima e pensiero,
tempo, silenzio,
oggetti
tra i quali cerchiamo di essere
vivi,
restano soltanto
umidi feticci di plastica
ai bordi della vita,
intrappolati in un ascensore di inutilità
tra scosse e riflessioni sul senso della lotta.
Qui nella gabbia d’asfalto,
sotto le cose,
sappiamo orientarci,
abbiamo appena perso l’autobus per la felicità
ma sappiamo orientarci
anche sotto la pioggia,
anche adesso che la stanza dei giochi è morta
di rabbia e
solitudine,
sappiamo orientarci
anche quando il mare è lontano,
sì, crediamo di saperci orientare,
lo crediamo anche quando abbiamo chiuso le porte
di quella stanza di luci e colori
e non ridiamo più di pienezza
e di sogni,
crediamo di saperci orientare
navigando
per strade di cemento offeso,
così come nella metropolitana
o nella piazza grigia immersa nella gente,
navigando sotto la superficie
esploriamo le nostre anime

perse tra le cose

nelle cose

dentro

le

c o s e

Ovunque

Il pensiero
incastrato
in mezzo
alle persiane,

certe notti,
intrappolato
come una mosca bagnata,

geme,

urla
in silenzio...

ascoltalo:
è un cane che grida,
un mastino ferito,
una vipera morta in un giorno d’agosto,

è
ovunque...

nascosto
per paura di nascere
ancora.

Pensiero num. 2

Infermo,
o
immobile,
sotto
la notte che perlustra
i miei occhi
come un faro
legato al mio silenzio,
in trincea
sotto i bombardamenti
del nemico
il cuore,
sotto la bandiera
del pensiero
immobile
arenato
sul
sesso
giaccio,
impietrito
come un’allodola,
un gatto, o
un colombo ferito,
la risata di uno scarafaggio
in avanscoperta
sul dorso della serata
mi affianca,

ora
inganno il tempo
lasciandomi cullare
dal senno del poi.

Rimedi

Nei sogni, di notte,
di giorno e
di luci,
vecchi sui gradini e in ogni chiesa,
nel parco,
dietro i giornali,

in ogni utero,
è solo,
soltanto
dolore,
pazienza,
tristezza,
ed amore,
e poi

ancora,
la rabbia ci incita
a ridere,
sesso, denaro,
riviste sportive,

in ogni vagina
rumore
ed angoscia,
paura e permesso,
una croce per ogni spermatozoo,
anche dopo le luci nei bar,
le macchine vuote,
le birre, le frasi
e saliva che cade,
nei sogni, di notte,
delirio, passione, chissà,
indelebili atroci dilemmi

?

In ogni domanda c’è un forno che brucia,
in ogni luce una notte che muore,
in ogni notte un uomo che prega,
di luci, di giorni, di notti,
di sesso e
di uteri troppo completi

dolore, pazienza,
rimedio
così.

Sull’orlo

E’
l’urlo
e
il silenzio
sull’orlo dell’essere,
è

un accento che taglia in due
l’anima.

E’ invisibile ad occhio nudo

L’autunno è una giornata come
un Cristo appeso al collo
oppure
è una cosa
diversa dall’abbraccio di un
gabbiano,
anche
quando ridi di questa roba
a volte
non riesci a coglierne il
senso,
a volte
non fai domande,
ti chiedi perché sono messe così
come
ninfee su uno stagno
oppure
come i sogni di un neonato,
non sai che dire, e
mentre
il ragno
ti gira intorno
tu
credi
di avere in pugno la situazione
e fai un paio di tiri,
io
guardo
l’autunno
che
è un’insensata memoria
di sguardi,
di ghiaccio e
di rabbia,
poi accenno un sorriso
e mi sembra di stare ad
un funerale
perché è tutto assurdo,
arriva,
deciso, il dramma dei gabbiani
che ci fa compagnia
con atroci urla
bianchicce,
l’aria è grigia, e
tu continui ad uccidere
ogni
forma invisibile di oggetto senziente
e di vita dietro
le ombre della realtà,
e ti chiedi anche il senso di
questo
dialogo nudo
proprio
quando
sta per arrivare
la fine.

La lotta

Riflesso
nel bianco
mi perdo,
lottando
col foglio
inumani
pensieri
mi seguono;
io sono
lo sguardo che affronta la carta.

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