LA GENESI MANICHEA

Secondo Teodoro Bar-Konai

Prima che l'universo visibile avesse origine, sussistevano due supremi principi: l'uno buono, l'altro perverso. La dimora del primo, del Padre della Grandezza, era nella regione della Luce.

Egli si moltiplicava in cinque Ipostasi: l'intelligenza, la ragione, il pensiero, la riflessione, la volontà. La dimora del sovrano delle tenebre era invece nella terra oscura e le sue ipostasi erano il fumo, il fuoco, il vento, l'acqua, l'abisso. Il sovrano delle tenebre concepì vaghezza della terra luminosa. Le cinque Ipostasi celestiali tremarono all'imminenza dell'assalto. Il Padre della Grandezza pensò: dei miei cinque mondi, fatti per la gioia e per la pace, nessuno manderò in guerra. Io stesso affronterò l'avversario.

Evocò allora la Madre della Vita e questa a sua volta l'etereo Uomo primordiale. Il quale si coprì da prima con la soave brezza mattutina; s'avviluppò di luce come in un mantello scintillante; gettò sulla luce la fluidità delle acque; impugnò il fuoco come una lancia; e si precipitò dall'alto della regione luminosa, alla difesa della sua minacciata frontiera.

Lo precedeva un angelo, recante nella destra la corona della vittoria. L'uomo primordiale proiettava dinanzi a se la sua luce e, scorgendola, il sovrano delle tenebre pensò: ecco, quel che andavo cercando lontano, lo troverò presso di me. S'armò anch'egli dei suoi cinque elementi e affrontò l'uomo primordiale. In procinto d'essere sopraffatto questi, simile a chi volendo sopprimere un nemico gli dona un dolce avvelenato, pensò di darsi, con i suoi cinque figli, in pasto al vincitore. Ma male glie ne incolse.

Quando i figli delle Tenebre ne ebbero assaporato, i cinque dei luminosi che avevano combattuto con l'uomo primordiale smarrirono l'intelligenza. L'uomo primordiale però recuperò presto la ragione e per sette volte levò al Padre della Grandezza un'accorata preghiera. Mosso a pietà, il Padre evoca lo Spirito Vivente e questi vola ad affrancare il prigioniero delle Tenebre. Lo chiama a nome, lo trae con la destra fuori della sua prigione, e s'accinge poi a riscattare tutti gli elementi di luce che la vittoria del sovrano delle Tenebre aveva trascinato nell'abisso.

A tal fine lo Spirito Vivente comanda a tre dei suoi figli che l'uno uccida, l'altro scuoi gli arconti figli delle tenebre, il terzo li conduca alla Madre della Vita. La Madre della Vita distende il firmamento con le loro pelli, ne fa dodici cieli. Sono poi gettate le loro carcasse sulla dimora delle tenebre, ne nascono otto terre. Non era così esaurita la quantità di luce che gli arconti tenevano ancora avvinta.

Manifestando loro le sue forme raggianti, lo Spirito Vivente li costringe a restituirne una nuova porzione, per formare due vascelli luminosi, il sole e la luna, destinati a traghettare la luce adagio affrancata dai vincoli del sovrano tenebroso, e tutte le stelle. Dopo ciò un terzo essere redentore, il Messaggero, imprime a tutta la macchina cosmica, così formata, il suo ritmico movimento e il silenzioso processo di reintegrazione della luce ha principio.

Quando il sovrano delle tenebre vide l'immenso piano concepito ed attuato per strappargli gli elementi di luce che la vittoria sull'Uomo primordiale ed i cinque suoi elementi gli avevano procacciato, concepì profondi sentimenti d'irritazione e di gelosia, i quali gli suggerirono di foggiare i corpi umani e in essi le forme dei due sessi, la maschile e la femminile, onde contraffare i due grandi vascelli luminosi, che sono il sole e la luna.

Affinché, come questi in un processo di riscatto cosmico in cui è tutta la ragione dell'universo, servono al trasporto della luce affrancata verso la sua primitiva sede, cosi i sessi, vascelli nefandi d'oscurità, servono a tenere indefinitamente prigioniera la luce e a farla senza posa trasmigrare attraverso l'esistenza del male e del dolore. Come quando un gioielliere, ritraendo la forma di un elefante bianco l'incide su di un cammeo, cosi il sovrano delle tenebre ricapitolò nell'organismo umano le fattezze del cosmo. Imprigionò l'etere puro nella città delle ossa, suscitò il pensiero oscuro e vi piantò un albero di morte.

Imprigionò poi il vento mirabile nella città dei morti, suscitò il sentimento oscuro e vi piantò un albero di morte. Imprigionò l'acqua monda nella città della carne, suscitò l'intelligenza oscura e vi pianto un albero di morte. Imprigionò il fuoco celeste nella città della pelle, suscitò il ragionamento oscuro e vi piantò un albero di morte. I cinque alberi mortiferi piantati dal sovrano delle tenebre s'espandono nel misero organismo dell'uomo.

L'albero del pensiero oscuro preme dentro la città delle ossa; il suo frutto è l'odio. L'albero del sentimento oscuro spinge dentro la città dei nervi; il suo frutto è l'iracondia. L'albero della riflessione oscura stimola dentro la città delle vene; il suo frutto è la lussuria. L'albero dell'intelletto oscuro cresce nella città della carne; il suo frutto e la collera. L'albero del ragionamento oscuro sospinge la città della pelle; il suo frutto è la fatuità.

L'uomo e così come stretto in un cesto, intessuto di serpenti, che con la testa verso di lui emettono il loro alito velenoso. Per questo la Madre della Vita, L'Uomo primordiale, lo Spirito Vivente, il Messaggero, vollero, continuando la loro opera misericordiosa, invocare per lui un nuovo Salvatore.

E questi fu Gesù. Gesù il luminoso e il sapiente destò l'inconsapevole Adamo, e gli additò il lungo martirio della luce nel mondo, esposta agli artigli delle belve e ai denti dei ghiottoni, mescolata a quanto esiste, chiusa nel lezzo delle tenebre. Illuminato dalla grande rivelazione, Adamo si guarda intorno e scoppia in singhiozzi. Leva come fiera ruggente la sua voce, si strappa i capelli e grida: "Maledizione a colui che ha formato il mio corpo, che ha cosi fatto schiava la mia anima di luce, agli arconti tenebrosi che l'hanno trascinata in ceppi ".

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