Cos'è che qualifica la meditazione Cristiana

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Nella nostra cultura occidentale di questi nostri giorni, più orientata al futuro che immersa nel presente con la ricchezza consapevole del passato e la responsabilità di un futuro prefigurato nella luce di valori condivisi, è il pragmatismo che tende a governare i nostri comportamenti.

Abbiamo un interesse pragmatico verso tutto ciò che ci aiuta a fronteggiare il futuro. Cerchiamo risposte sul come-fare le-cose più che indagare sul loro significato. Da qui nasce il predominio della tecnologia, che non è negativa di per sé, anzi offre tante splendide opportunità; ma spesso tende a governarci più che ad essere governata da noi.

La tecnologia è un saper-come. Ci sentiamo a nostro agio solo quando conosciamo il modo di poter fare qualcosa; il che è una cosa buona, solo che - nella congerie attuale - corriamo il rischio di confondere il mezzo con il fine.

Per esempio, come posso pregare? Quale 'tecnica' mi aiuterà? Lo zen? Lo yoga? la respirazione controllata? Tenere un diario? Ripetere un mantra? Se solo potessi installarmi nella giusta pratica, trovare il guru che mi aiuterà, perseverare in ciò finché non mi sia dato di premere il dovuto bottone...

Il cristianesimo si batte per il primato

della via operativa interpersonale su quella tecnologica

Come l'attuale cultura occidentale, le religioni orientali tendono a specializzarsi nelle tecniche di preghiera, nella tecnologia spirituale. Esse tendono a mettere l'accento sulla tecnica, sul come-fare, sui metodi.

Così, nella nostra epoca tecnologica, molti che cercano Dio o una qualche esperienza religiosa si volgono alle tecniche delle religioni orientali per impare come trovare Dio, intraprendono una serie di pratiche, passando dall'una tecnica all'altra, come la donna che ha consultato tutti i medici e non ha trovato sollievo. Ella, infine, reagisce e tocca Gesù che la guarisce (Lc8, 43-48; Mt9, 20-22).
Ebbene, è la contemplazione che tocca Gesù.

La contemplazione non è tanto quella che faccio io, quanto quella che il Signore mi dà. È un dono, in dono fatto a me, un dono del Suo Spirito. Posso disporre me stesso/a (e in questo le tecniche, che favoriscono la pacificazione, la concentrazione, il raccoglimento, possono essermi di aiuto) a ricevere il dono della contemplazione e a crescere in questo dono, ma anche questa disposizione viene dal Signore, è grazia.

Nessuna tecnica può realizzare o ottenere la contemplazione. Essa può far raggiungere il cosiddetto samadhi, satori, o nirvana che dir si voglia, ma non è scontato che sia la stessa cosa rispetto alla contemplazione dono. Gesù dice: "Vi lascio la Pace, vi do la mia Pace", che non è una beatitudine disincarnata, ma il frutto del rapporto con la Sua Persona e il segno della Sua Presenza, che nella vita di ogni giorno concretizza la nostra personale "Incarnazione".

Il modo per disporci a ricevere il dono della contemplazione e crescere in esso non è un cercare, un bramare la contemplazione, un lottare per essa: invece è un cercare, un bramare Gesù, un lottare per Lui. A suo tempo e modo Egli si darà attraverso le crescenti grazie della contemplazione.

La contemplazione cristiana non è una tecnica, è un rapporto interpersonale - un rapporto con Dio presente a me e per me qui e ora in Gesù Cristo. Differisce radicalmente dalla contemplazione zen e da tutti i tipi di contemplazione buddhista, come pure dalla contemplazione yoga e dalla meditazione trascendentale: perché fa centro sul Signore, su una Persona. E' essenzialmente un rapporto d'amore.

Questo non significa che chi pratica il buddismo o lo zen o qualunque altra religione ed ha nel cuore il desiderio sincero di cercare Dio non possa incontrare il Signore, perché sappiamo che "lo Spirito soffia dove vuole"; ma noi dobbiamo essere consapevoli della nostra identità e di quella che è la nostra chiamata di cristiani.

Questa è la ragione per cui la cosiddetta preghiera centrante differisce dall'uso di un mantra. Un mantra, una parola o una frase su cui ci si concentra e che si ripete molte volte, non è interpersonale. La preghiera centrante centra, invece, non una parola, una frase come ad esempio il nome "Gesù" ma, attraverso la parola o la frase, una Persona. Ripetendo il Nome Gesù in continuazione, lentamente, non con le labbra, ma silenziosamente, nel mio cuore, centro la Persona di cui dico il nome nel mio cuore, invoco nel mio cuore questa Persona e riposo in essa.

Oppure posso ricorrere alla preghiera di Gesù, alla preghiera del pellegrino: "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di me peccatore", ripetendo la frase, via via, in silenzio dentro di me. Il fuoco, qui, è su Gesù Cristo, non su una tecnica. Ed è il Suo Spirito, non la mia concentrazione e l'uso della frase come fosse una formula magica, il fuoco che alimenta il mio essere e purifica le mie negatività.

A questo modo di pregare, di ripetere nel mio cuore una giaculatoria o il Nome di Gesù o una frase della scrittura che mi 'tocca' particolarmente, è sicuramente un modo buono di pregare; può condurre alla vera contemplazione.

Ma la contemplazione in sé, questo misterioso incontro interpersonale con Gesù Cristo, che trascende ogni concetto, rimane un suo dono: un suo dare e un mio ricevere, non qualcosa da ottenere o compiere attraverso una tecnica, da conquistare o meritare.


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