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CHI SEI TU E CHI SONO IO?


o Francesco e il Padre - 1

Un giovane come tanti Francesco d'Assisi, senza grossi vizi né grandi virtù. Di famiglia benestante ma insoddisfatto delle prospettive di lavoro e di vita che il padre gli offriva, accarezzava progetti di grandi imprese e di gloria. Intanto nel 1202 combatté contro i nobili assisani alleati con Perugia, ma venne sconfitto e insieme ai suoi compagni passò un anno nelle carceri di Perugia. Nel 1205 tentò l'avventura militare per meritare l'investitura di cavaliere o conquistare un titolo nobiliare, ma in cammino verso la Puglia dovette fermarsi a Spoleto perchè cadde malato. Qui lo attendeva la Grazia: ebbe un secondo sogno, dopo quello di Assisi, esaltante e misterioso, al termine del quale disse con piena disponibilità: "Signore, che vuoi che io faccia?". E tornò nella sua città. Un giorno nella pianura di Assisi incontra un lebbroso ma non fugge, come altre volte e come era prudente fare; scende da cavallo e, nonostante l'istintiva ripugnanza, lo abbraccia. E' un gesto decisivo, che gli apre gli occhi sulla realtà della vita e lo spinge ad abbandonare gli ideali giovanili, per lui sempre più privi di attrattiva e di valore. Qualche tempo dopo il crocifisso della chiesetta di s. Damiano si anima e lo invita a riparare la chiesa che sta crollando. Senza alcuna esitazione abbandona tutto e si consacra a Dio, superando ogni genere di difficoltà poste dai familiari, dall'ambiente sociale e perfino dal clero e dalla gerarchia ecclesiastica; d'ora in poi sarà tutto di Cristo nella scupolosa osservanza del Vangelo, in un radicale capovolgimento dei valori: non più il transitorio ma l'eterno, non l'orgoglio ma l'umiltà, non la sete di potere ma l'amore e il servizio. Scriverà nel Testamento: "Ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo" (Fonti Francescane 110).

Cristocentrismo

Nell'esperienza di Francesco un ruolo unico riveste la figura di Cristo, come si può facilmente dedurre dai suoi scritti e dalle prime biografie. E' Gesù che all'inizio gli rivelò le scelte da fare, togliendolo dall'indecisione e riempiendolo di un'incontenibile gioia, pur in mezzo a situazioni estremamente difficili. E' ancora Gesù che condusse Francesco tra i lebbrosi, i quali si sentirono amati e curati da quello stesso giovane che prima aveva di loro tanta ripugnanza. Fu il Signore a dargli una grande fiducia nella preghiera, gli ispirò rispetto e obbedienza verso tutti i sacerdoti, anche quelli che non lo meritavano, e gli rivelò il saluto augurante la pace. Fu sempre Gesù a donargli la gioia straordinaria dei primi seguaci e che gli indicò lo stile di vita attraverso la triplice apertura del Vangelo. Le Fonti Francescane indicano a più riprese che alla base delle scelte più importanti di Francesco c'è la persona di Gesù: è Lui il modello da imitare nella fedeltà alla volontà di Dio, nella preghiera, nella povertà, nell'umiltà, nell'attenzione verso i sofferenti, nell'oblio di sé e nell'apertura verso gli uomini, anzi verso ogni creatura. Per amore di Gesù accettava privazioni, umiliazioni e sofferenze, fino al punto da chiedere l'inaudito: portare nel corpo lo strazio della croce per dimostrargli l'autenticità del suo amore. Il Celano afferma che Francesco "scelse di vivere per Colui che morì per tutti"; perciò portava sempre Gesù nel cuore, sulle labbra, negli occhi, in tutto se stesso (FF 381. 522). Di qui la ricerca della solitudine, per abbandonarsi alla contemplazione amorosa della realtà di Dio: "Chi sei tu, o dolcissimo Iddio mio, e chi sono io, vermine vilissimo e disutile servo tuo?" (FF 1916).

Fede e devozione alla Trinità

La centralità di Cristo nella vita di Francesco non vuole certo indicare un'esclusione della presenza e dell'azione della Trinità; infatti l'amore preferenziale per Gesù si spiega con il fatto che la rivelazione del mistero della divinità avviene in Cristo e per mezzo di Lui. Negli scritti e nelle biografie è frequente il rinvio alla Trinità, di cui Francesco riconosce anzitutto l'uguale dignità: "Crediamo veramente e umilmente..., magnifichiamo e ringraziamo l'altissimo e sommo Dio, Trino e Uno... Creatore di tutte le cose, Salvatore di chi opera e crede in Lui" (FF 71). Francesco è ben cosciente anche dell'opera dello Spirito Santo, il quale vive in noi per la nostra santificazione, per infondere i suoi doni, per purificare, illuminare, sostenere. E' lo Spirito che ispira parole e azioni virtuose, che rende possibile l'unione con Gesù, ringrazia il Padre e invoca il Signore Gesù, che elimina le differenze di ceto, di ricchezza e di cultura tra i frati. Nelle sue preghiere Francesco si rivolge spesso alla Trinità, come nelle Lodi per ogni ora : "Benediciamo il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo. Lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli" (FF 264; cf. 71. 281. 3261. 3278). Al termine della Lettera al Capitolo generale e a tutti i frati c'è un'invocazione che sintetizza il cammino di ogni cristiano: "Affinché interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del Figlio tuo... e a te, Altissimo, giungere... Tu che vivi e regni, glorioso nella Trinità perfetta e nella semplice Unità" (FF 233). Il Testamento si chiude con una benedizione trinitaria; anche in due preghiere alla Madonna c'è il riferimento alla Trinità. Nel nome della Trinità Francesco rende la vista ad una bambina e più volte dà la sua benedizione; inoltre, "poiché era devoto adoratore della Trinità, aprì il libro santo tre volte" nella chiesa di s. Nicolò e comprese finalmente la sua via (FF 1431); in un momento di grande sofferenza ringraziò il Dio Trino per il suo conforto. Basterebbe considerare poi quante volte, negli scritti e nella vita, Francesco fa riferimento a Dio, senza altre specificazioni, per comprendere come era pervaso di amore alla Trinità. Per quanto consapevole delle opere attribuite alle singole Persone, a volte astrae da questa distinzione, indicando con "Padre" la realtà trinitaria: "Tu sei il Padre santo, Re del cielo e della terra, tu sei trino e uno, Signore Iddio degli dei. Tu sei il bene, tutto il bene, il sommo bene" (FF 261). Inoltre riconosce l'importanza dell'iniziativa del Padre non solo nella creazione ma anche nell'incarnazione e nell'invio dello Spirito. Certo è il Figlio che s'incarna per redimerci ed è lo Spirito che ci rende santi, ma è il Padre che ha predisposto tutto questo. Non è certo un caso se il gesto più eclatante e di maggior rottura con il passato fu quando si denudò pubblicamente e, riconsegnando a Pietro di Bernardone perfino i vestiti che indossava, esclamò: "D'ora in poi potrò dire liberamente: Padre nostro, che sei nei cieli" (FF 597).
Giancarlo Fiorini

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