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DIO PADRE DEL SIGNORE NOSTRO GESÙ CRISTO


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1. IL PADRE NELLA RIVELAZIONE DEL NUOVO TESTAMENTO

René Voillaume, religioso dell'istituto dei 'Piccoli Fratelli di Gesù", riferisce la forte impressione che riportò, in un incontro con un devoto mussulmano, maestro della grande moschea. Una comunità di missionari cattolici, capitò in una remota zona dell'Africa dove tuttora vive una tribù dagli usi e costumi davvero primitivi. I missionari, non conoscendo la loro lingua, pregarono il mussulmano di tradurre il testo evangelico della parabola del figliol prodigo nella lingua locale. Pensarono che questo fosse il modo migliore per suscitare un certo interesse religioso e per avviare il dialogo sia pur difficile a motivo della lingua. I1 traduttore era profondamente e sinceramente religioso e aveva uno spiccato senso della trascendenza divina. A traduzione ultimata, tornò dai missionari per leggere la parabola. Pian-geva dirottamente, senza riuscire a trattenersi; e, tra le lacrime, ripeteva commosso. "Mai e poi mai avrei sospettato che vi potesse essere in Dio una simile tenerezza per l'uomo". Sì, Dio è realmente Padre! Questa è la consolante certezza che ci giunge dalla rive-lazione biblica; certezza che deve riempirci di coraggio e di fiducia nel nostro tortuoso pellegrinag-gio interiore. I1 termine "Padre" ricorre spesso nell'Antico Testamento, ben 1200 volte, però poche volte (appena quindici) viene riferito a Dio. Egli è considerato Padre, perché e creatore (Is 64,7) e perché ha liberato Israele dalla umiliante schiavitù egiziana e lo ha legato a sé con l'alleanza (Os 11~1; Mal 2,10). Ma è nella rivelazione del Nuovo Testamento che si fa piena luce sui vari coinvolgimenti della pa-ternità divina nella nostra storia. I1 ricorso del termine è molto frequente (ben 177 volte) e normal-mente è riferito a Dio, ed è sempre colto sulle labbra di Gesù. "Padre", è la prima parola che egli dodicenne fa echeggiare nel tempio di Gerusalemme e sollevando un lembo del mistero del suo in-timo rapporto con Dio: "Perché mi cercavate ? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?" (Lc 2,49). Prima di rendere lo spirito dalla croce, ha voluto appellarsi ancora al suo legame vitale con il Padre, in nome dell'incessante dialogo che si era snodato tra loro due. Con illimitata fiducia, Gesù rimette il suo spirito a lui: ''Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc 23, 46). Così l'intero itinera-rio terreno del Cristo, dall'alba al tramonto, è scandito sull'intento dl ricercar e coltivare il profondo misterioso rapporto col Padre. Alcune dichiarazioni di Gesù ci lasciano intravedere la sua permanente tensione nella ricerca appassionata della volontà del Padre: "Mio cibo è fare la volontà dl colui che mi ha mandato" (Gv 4,34); "Io non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato" (Gv 5,30); "sono di-sceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato'' (Gv 6,38); "Io faccio sempre ciò che piace a lui'' (GV 8,29) ; "Il mondo sappia che lo amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato" (Gv 14, 731; "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice. Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà" (Lc 22,42).

2. Gesù e il Padre in una intimità unica

Il Padre è tutto per Gesù! E' la vita, il fine, la felicità. Egli vive la divina incessante "necessità" di immergersi nell'amore del Padre per risultare una sola cosa con lui (Gv 10,30). Egli lo interpella "Padre mio" e si dichiara "suo Figlio" in senso assolutamente unico. E il Padre gli ri-sponde, rivelando agli uomini il suo amore di predilezione nel Battesimo (Mc 1,9-11) e nella Tra-sfigurazione (Mc 9,1-8): "questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo!". Gesù è il Figlio di Dio, l' 'Unigenito. Un legame vitale, ineffabile e indissolubile unisce l'uno all'altro: Parola e Risposta, Amore e contraccambio d'Amore, Dono e ritorno di Dono. Il Figlio che trae la sua origine eterna dalla fonte del Padre, rifluisce incessantemente verso questa fonte. Tra il Padre e il Figlio vige un legame così unico che non può essere condiviso con l'uomo e dall'uomo. E' appunto per questo che Gesù, insegnando ai Dorici il dialogo orante con il Padre, distingue nettamente le formule espressive; per sé usa Padre o Padre mio: "Ti benedico, o Padre, Si-gnore del cielo e della terra" (Mt 11,25): "Padre. ti ringrazio che mi hai ascoltato" (Gv 11,41); "Pa-dre, nelle tue mani raccomando il mio spirito" (Lc 23-46); ''Chi fa la volontà del Padre mio entrerà nel regno dei cieli" (Mt 7,2 ); "Il Padre mio che sta nel cieli te l'ha rivelato" (Mt 16,17); "In casa del Padre mio vi sono molti posti" (Mt 14,2). Per i Dodici invece usa le espressioni Padre vostro o, più raramente, Padre nostro: "Se voi perdone-rete agli uomini le colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi" (Mt 6,143' "Non affannate-vi..., perché il Padre vostro celeste sa che ne avete Bisogno" (Mt G,31-32), "Il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano" (Mt 7,11). Quando iDodici gli chiedono una preghiera specifica per loro stessi come il Battista aveva insegnato preghiere proprie ai suoi di-scepoli, Gesù non si fa attendere e risponde subito alla richiesta; "Voi dunque pregate così: "Padre nostro che sei nei cieli..." (Mt 6,9) E quando Gesù si rivolge al Padre in atteggiamento orante, non associa mai nessuno alla sua pre-ghiera. Ma... neppure può, perché l'intimità che egli vuole con il Padre non può essere condivisa con nessuno. La conferma si ha ripetutamente dalla narrazione evangelica: Quando infatti egli si ri-tira in luoghi solitari a pregare è sempre solo. E' soprattutto l' evangelista Luca a fornirci precise in-formazioni: "Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare" (Lc 5,16); "Se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione" (Lc 6,12); "Gesù si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo'' (Gv 6,151). Quando prende con sé i tre discepoli: Pietro, Giacomo e Giovanni (i tre testimoni della trasfigurazione sul Tebor) e si inoltra nel monte Oliveto pregare, "si allontana da loro quasi un tiro di sasso e inginocchiatosi prega...'' (Lc 22,4). Gesù è disfatto, è prostrato dall'angoscia, nel suo volto i tre discepoli colgono il presentimento della morte, ma non sanno e non possono unirsi alla sua preghiera. Egli ricerca il legame vitale con il Padre, e questo gli basta, è tutto per lui; non ha bi-sogno di altro e di altri . La beatificante intimità divina risponde a tutte le sue necessità. Perciò, nei tre anni circa, in cui è vissuto con i suoi discepoli, egli ricerca e coltiva così tanto l'esaltante pro-fondissima unione con il Padre da non dover chiedere mai nulla ai suoi discepoli. In realtà, in nulla dipende da loro, mai si rivolge a loro per un consiglio sul da tersi e mai vive momenti di incertezza da dover aver bisogno del loro aiuto.
Ubaldo Terrinoni

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