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Cacciati dalle loro terre, i Valdesi trovavano accoglienza presso i protestanti riformati della Svizzera. Janavel, ormai vecchio e da tempo esule a Ginevra, accolse la sua gente, la rincuorò ed iniziò subito a scrivere delle istruzioni per il rientro alle Valli. Infatti la speranza di riprendere la via del ritorno rimaneva vivissima. La coltivava in special modo il pastore Enrico Arnaud che era stato l'animatore della resistenza armata. Egli ottenne l'appoggio di Guglielmo d'Orange, futuro Re d'Inghilterra, che finanziò e armò, in funzione antifrancese, una spedizione di rientro. Il mattino del 27 agosto del 1689 un gruppo formato da 972 uomini, di cui un terzo erano amici ugonotti francesi, si radunò a Prangins sul lago Lemano. Carichi di armi e viveri intrapresero una marcia attraverso le montagne superando valichi oltre i 2.000 metri. A tappe forzate, sbaragliando a Salbertrand le truppe franco-piemontesi mandate ad intercettarli, giunsero nelle Valli. Nel tempio di Prali celebrarono un Culto di riconoscenza a Dio, poi proseguirono per Bobbio dove a Sibaoud pronunciarono quel giuramento che rappresenta ancora oggi per i Valdesi un simbolo della loro unità. Rimasti in 400, col sopraggiungere dell'inverno, si ritirarono sugli scoscesi monti sopra il villaggio della Balsiglia. Fino al maggio successivo non poterono essere raggiunti. Poi il già noto Catinat predispose un attacco avvalendosi di un esercito di 5.000 soldati, ma fu sconfitto e dovette lasciare il campo. Solamente con due cannoni che demolirono le fortificazioni, il suo successore potè conquistare la postazione. Ma intanto i valdesi erano fuggiti e lo scenario internazionale cambiava. Il duca di Savoia, da alleato, diventava nemico del re di Francia. Gli interessava ora avere i Valdesi nelle Valli per difendere i confini. Liberò quindi i prigionieri, e favorì il rientro dei Valdesi rimasti in Svizzera. Con gli aiuti finanziari provenienti da Olanda, Inghilterra e Svizzera fu possibile attuare un programma di ricostruzione.
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