Silvia - Parte IV
Arriva finalmente sera e chiudo. Ho voglia di una sigaretta ma fatico a trovare un tabaccaio aperto. Non fumavo da un mese e mi viene una leggera ebbrezza.
Fumo e passeggio; due ragazzi che chiacchierano tra loro non mi vedono e quasi mi sbattono contro.
Mentre si allontanano uno fa all'altro: "Quegli idioti che non guardano dove vanno..."
Non so se fa dello spirito o se è convinto di quello che dice, a me in fondo non mi importa niente. Sono soddisfatto di me, della mia città, di tutto. Cammino senza fretta di arrivare a casa: in fondo, Silvia starà cucinando lei e non ho che da arrivare in tempo per mettermi a tavola. Non ho molta fame, con questo caldo.
Allungo il mio solito giro, mi fermo solo a comprare qualche fiore da un venditore ambulante che parla uno strano dialetto difficile da capire, anzi alcune frasi proprio non le capisco. Però il prezzo dei fiori me lo dice in italiano e molto chiaro.
Pago e l'uomo mi sorride con denti bruttissimi: gialli, neri, rotti e irregolari. Morta Lucia non compravo più fiori che quando andavo al cimitero.
Appena apro la porta Silvia mi vola tra le braccia e mi bacia sulla bocca o, potrei anche dire, nella bocca. Corrispondo di cuore e le do i fiori.
Li mette subito in un vaso e intanto io me la guardo con piacere muovermi davanti nel vestito corto. Ieri, scherzando ma non troppo, le ho detto che mi piace di più quando porta vestiti molto scollati o camicette che si aprono sul petto piuttosto che con le gonne corte, ma evidentemente Silvia non ha colto il messaggio; oppure ha più fiducia nelle sue gambe elastiche che nel suo seno ancora giovane.
"So di cloro! Sono stata in piscina con Lella e Sabina. Abbiamo nuotato ma abbiamo soprattutto preso il sole."
Me lo aveva anche detto ieri, ma non mi ricordavo più. Però se il naso non mi tradisce ha anche cucinato. Vado in cucina e spengo i fornelli, poi vado in salotto dove mia figlia sta ancora sistemando i fiori in un vaso. La luce bassa del sole che entra dalla finestra disegna i contorni del suo corpo sotto il vestito.
"Stanno bene così?"
"Benissimo!"
"Davvero? Forse dovrei separarli in due vasi..."
"No! Stanno bene così!". A dire il vero non li ho guardati.
Silvia sente qualcosa di affrettato nella mia voce e si ferma: "Vuoi mangiare subito?"
"No! Voglio prima fare l’amore. Spogliati!"
Mi sento molto bene dicendolo e sento anche che, come sempre, lei mi ubbidirà.
"Qui?"
"Sì!"
Non esita un istante e si spoglia in fretta ridendo, ma senza avvicinarsi. Un po' di rosso di abbronzatura l'ha preso davvero, specie sulle spalle. Ho addosso una tale voglia di lei che non ce la faccio a restare a guardarla e basta.
Gli occhi di Silvia sono nei miei sicuri e senza vergogna. Vado verso di lei che subito mi si butta contro e ride di nuovo e quasi lotta come se volesse resistere.
La rovescio sul pavimento perché anche il divano mi sembra troppo lontano; però Silvia riesce a trascinarmi almeno sul morbido del bel tappeto persiano che mi aveva regalato zio Rodolfo - già morto, buonanima - quando ho sposato Lucia. Ma il pensiero di Lucia è proprio solo un attimo: la bocca di Silvia si apre in un grido muto mentre prendo il suo corpo. Io ho ancora i vestiti addosso e la nudità della ragazza sotto di me, inchiodata ancora dal duro del pavimento - tappeto o non tappeto un letto è un'altra cosa - mi fa sentire forte, il padrone. E come padrone mi prendo tutto il piacere che posso, sulla femmina vinta che sto possedendo.
Credo sia la prima volta che con Silvia pecco così di egoismo, però forse è quello che vuole anche lei perché dopo, mentre rifiatiamo entrambi, fa fusa come un gatto.
Mi mordicchia il petto e io le tiro i capelli: "Ahi! Cattivo!"
Lascio i capelli e Silvia riprende a mordicchiare, tranquilla e metodica. Eppure non le faccio certo mancare il cibo...
Un movimento improvviso delle gambe di Silvia contro le mie mi sveglia di improvviso.
"E allora?", chiedo.
"Sarà tutto bruciato!"
"Ho spento. Prima!"
Silvia si riaccuccia e mi guarda con gli occhi aperti solo a metà: "Sono felice!"
Mi strofina i capelli addosso asciugandomi il sudore. Devo aver dormito qualche minuto, forse una mezz’ora, e penso che Silvia abbia dormito anche lei.
Non me l'aspettavo; Silvia me lo ha chiesto a bruciapelo con la precipitazione della voce che caratterizza le domande che ha meditato a lungo dentro di sé: "Pensi a Lucia?"
Io non ho capito subito e lei ha precisato subito: "Quando facciamo l'amore, pensi a Lucia? Oppure pensi che io sia Lucia?"
Ho riflettuto seriamente, poi ho scosso la testa: "No! Sei troppo più giovane, più giovane di me intendo. Con tua madre avevamo quattro anni di differenza: tu ne hai ventitré di meno!"
Silvia alza le spalle. Assomiglia a Lucia un po' come lineamenti, quando è ferma, ma quando cammina, quando si muove è lei e basta!
"Lucia a letto era più tranquilla di te.", aggiungo per provocarla e, per la prima volta da chissà quando, vedo Silvia arrossire e abbassare gli occhi.
Le accarezzo la schiena, ma poi smetto d'improvviso. E cerco di pensare ad altro. Magari alle due Germanie che si vogliono riunificare o al petrolio degli arabi…
Credo siano passati cinque anni dall'ultima volta che ho scritto qualcosa su queste pagine. Non so perché ho smesso come non so perché scrivevo. Ho ripreso la penna in mano perché Silvia a trovato i miei fogli e li ha letti. Li ha riordinati e me li ha messi sul tavolo.
Silvia adesso fa Lingue all'Università e può darsi che riesca anche a laurearsi: certo ci vorrà il suo tempo, ma pare che lei ci creda e allora ci credo anch'io.
Non abitiamo più a Torino ma a Bologna: non si offendano i bolognesi, ma amavo di più Torino. Probabilmente, fossi nato a Bologna, sarebbe il contrario.
A Bologna chi ci conosce è convinto che siamo marito e moglie, qualcuno pensa siamo solo conviventi, ma non ci importa e non ci crea problemi.
Io lavoro come tecnico e consulente in una società di attrezzature fotografiche e guadagno poco meno di quando avevo il negozio. Ho ripreso anche a fare le mie foto d'arte senza troppo successo: le poche attenzioni che mi sono riservate riguardano le foto dove si vede Silvia.
A dire il vero Silvia ha perso qualche pizzico di bellezza in questi anni, ad esempio nel viso che si è arrotondato un po' più di quanto doveva, ma i capelli biondi sono sempre una splendida cornice e nel corpo è maturata senza per niente ingrassarsi.
Un collega di lavoro mi ha detto che sembra una bolognese molto più delle bolognese vere, e l'ha detto per fare un complimento.
Adesso però Silvia dovrà per forza gonfiarsi perché è incinta: diventerò insieme papà e nonno.
Silvia è spaventata per tante cose, ma vuole questo figlio fortissimamente e lo voglio anch'io.
Credo di volerlo più di quanto possa volerlo lei.
Spesso mi chiede se ho paura ed io le rispondo di no e sono sincero: vivo alla giornata dal giorno del matrimonio di Claudia, ogni giorno è per me amare e rinascere.
Claudia è venuta a trovarci una sera, poco prima che ci trasferissimo: non so come, ma ha capito subito e noi abbiamo confessato, insieme, per non rinnegarci.
Claudia ha buttato la cosa sul ridere e sul prenderci in giro – "Ragazzacci!" - poi ha concluso che erano fatti nostri e che facevamo benissimo. Mi ha veramente stupito e ho concluso, una volta di più, di non conoscere Claudia per niente. Prima di salutarci ha baciato me sulla guancia ed invece Silvia in bocca e Silvia ha lasciato fare, per sfida.
Che altro ancora devo scrivere? So che appena poserò la penna non scriverò mai più nulla della mia vita e di quella di Silvia con me.
Quello che di Silvia vorrei restasse, per me soprattutto, per lei, per tutti, sono le sue foto e vorrei essere un fotografo molto più bravo di quello che credo di essere. Vorrei parlare ad immagini!
Amo Silvia, la amo come figlia, come moglie, come amante, come madre di quello che sarà mio figlio. - Che è un maschio l'hanno detto i medici dell'ospedale dove Silvia si è fatta fare le analisi e che ci hanno rassicurati: tutto a posto, tutto normale. I medici hanno detto che sembra quasi abbia fretta di nascere e che potrebbe venire alla mondo con un po' d'anticipo.
Quando il dottore ha chiesto se era il nostro primo figlio Silvia ed io abbiamo risposto insieme.
Lei ha detto di sì ed io, senza riflettere, di no. Il dottore è scoppiato a ridere e subito dopo anche Silvia. Non sapevo che dire: ho detto che era il mio primo figlio.
Con Silvia stiamo ancora scegliendo il nome: Francesco probabilmente, però l'abbiamo fatto intorno al venticinque aprile e quindi anche Marco va preso in considerazione.
Per me vanno bene entrambi, mentre Silvia sogna un bambolotto da appoggiarsi al seno e nelle sue fantasie lo chiama già Cecco. E allora evviva Cecco! Un mio bisnonno morto in Africa si chiamava Francesco, quindi è anche un nome di famiglia.
Mia suocera è morta, prima un'arteriosclerosi che in pochi mesi mi ha cancellato dalla sua memoria e le faceva riconoscere Lucia in Silvia, poi un automobile la ha fatta volare in aria mentre era uscita e stava attraversando per recarsi, come ormai faceva tutti i giorni, al cimitero a portare fiori sulla tomba di suo marito che però confondeva con suo padre. Tre giorni di agonia senza perdere mai conoscenza, ma sempre ferma nel suo mondo di tanti anni prima. Le sue ultime parole guardandomi sono state: "Ho tanto sonno Luca: chiudimi le tende!"
Purtroppo quello che non potrò mai dare a Silvia è un matrimonio da vera sposa.
Le ho dato una fede con i nostri nomi e una data che abbiamo scelto quasi a caso sul calendario. Abbiamo fatto un viaggio di nozze di venti giorni nei Caraibi ed è stato stupendo perché mai mi sono sentito così vivo e libero come in quella sabbia e in quel sole, con Silvia impazzita e sempre nuda che non voleva altro che essere presa in ogni attimo e in ogni posto, anche quando non eravamo abbastanza appartati, tanto che una coppia milanese aveva protestato con la nostra guida che non aveva potuto far altro che venire a riferircelo e consigliarci di contenere le nostre effusioni.
Fino ad oggi sono stato sempre fedele a Silvia nei fatti e, quasi sempre, col pensiero. Credo mi sia fedele anche lei, nonostante la differenza d'età. Se mi tradisse, sento che me lo confesserebbe, anche se forse io non desidero saperlo.
È sempre più attenta e precisa in casa e davvero non ho mai vissuto in un alloggio tanto ordinato. Mi ha imposto di non fumare e io non fumo più e non ho più voglia di fumare. Sta facendo di me davvero una persona con tutte virtù. Io, da parte mia, la vizio in ogni modo e sono tenerissimo e affettuosissimo.
Sono felice. Siamo felici.
Ecco: adesso Silvia è rientrata di nuovo in casa. Mi ha lanciato un saluto entrando e io non ho risposto. Tra poco verrà a cercarmi, oppure pensa che sia uscito a mia volta.
Sento che sta posando in cucina i sacchi della spesa.
"Ci sei?". La voce di Silvia risuona un po' incerta; forse tra poco verrà comunque a controllare anche nel mio studio.
Questo alloggio convoglia tutti i rumori in questa stanza: posso seguire i passi di Silvia avanti ed indietro tante volte in cucina e dopo nella nostra camera da letto. La sento accennare due strofe di una canzone.
Ora silenzio: forse si è sdraiata sul letto. Pisola ogni tanto, magari a metà mattina, magari dopo pranzo o subito prima della cena. La notte ci addormentiamo sempre tardi, il mattino invece certe volte Silvia si alza prestissimo, perché dice che riesce a studiare meglio. Però la domenica non ci alziamo mai prima delle undici e la domenica scorsa abbiamo fatto venire mezzogiorno e mezza.
Siamo come due bambini che giocano e si viziano a vicenda.
Ci siamo trovati anche un hobby per il tempo libero: giochiamo a tennis. Sono io il più bravo però, se giochiamo in doppio, perdiamo sempre regolarmente e rovinosamente.
In compenso conosciamo un po' di gente e anche questa sera andiamo a cena proprio con una coppia conosciuta giocando a tennis: e la cena è di pegno per aver perso (6-2 6-3), ma la paghiamo volentieri.
Lei è molto bella, solo troppo disinvolta quando parla. Lui lascia parlare la moglie, ma ogni tanto mi ammicca e lancia frecciatine velenose.
Di nuovo i passi di Silvia, che probabilmente mi ha sentito. Infatti mi chiama di nuovo e la ascolto avvicinarsi: "Renzo? Sei tu, Renzo?"
Sono io, e devo rispondere per non spaventarla.