Latino propedeutico - Sintassi latina Modulo C: Lezione 2
Sintassi latina Modulo C Lezione 1 Lezione 3
LEZIONE 2 - 21 febbraio 2008
Fatto in classe il 14 febbraio: FL3.161 versione 1 (Cornelio Nepote), FL3.162 versione 2 (Fedro), FL3.163 versione 3 (Cornelio Nepote), FL3.173 versione 3 (Plinio), FL3.183 versione 4 (Fedro).
Da preparare per il 21 febbraio: FL3.192 versione 2 (Cicerone), FL3.193 versione 3 (Plinio).
Abbiamo già sei volontari (o semi-volontari) che ci proporranno la traduzione delle due versioni suddette. Ma - grazie a voi che intervenite - gli incontri del Modulo C sono incontri di una res publica litterarum, o se preferite di una comunità d'apprendimento; e si apprende ascoltando ed esercitandosi nella traduzione, ma anche facendo domande (teste Socrate), commenti e proposte alternative. Quindi tocca a tutti voi.
Il 21 febbraio faremo anche, in classe, in tutto o in parte, gli esercizi FL3.184 esercizio 1a, FL3.186 esercizio 2b, FL3.187 esercizio 3, FL 3.191 esercizio 9.
Spigolature sull'accusativo (FL3.184-193)
Nel capitolo sull'accusativo la parte del leone va ai costrutti da ricordare, quelli nelle caselle a sfondo blu alle pagine 184, 185 e 186. I costrutti sono espressioni idiomatiche da apprendere con pazienza una per una. Quanto all'applicazione di questi costrutti, ecco alcune note basate sugli esercizi del FlOCCHINI.
Se consulatu abdicaverunt
A FL3.184 trovate che abdico ha una doppia costruzione; si può cioè dire consulatum abdicare o se consulatu abdicare per dire 'rinunciare al consolato.' Stilisticamente, però, l'espressione se consulatu abdicare ha maggior forza. Un esempio è la frase FL3.184 esercizio 1a #3, tratta - nella forma in cui l'avete nel vostro libro di testo - da Valerio Massimo, il quale narra che Figulo e Nasica, tornarono a Roma rispettivamente dalla Gallia e dalla Corsica e SI dimisero dal consolato. Il motivo, continua Massimo, era un auspicio sfavorevole (vitium) relativo ai comizi consolari; e Valerio Massimo cita quest'episodio come esempio di rispetto per la pratica religiosa in genere e gli auspici in particolare.
IUVARE + Acc. e l'ironia di Ovidio
La frase FL3.184 esercizio 1a #5 è un esempio del costrutto iuvare aliquem su cui conviene soffermarci per le sfumature di significato. audentes deus ipse iuvat significa 'un dio aiuta quelli che osano', ma anche 'alla divintà piacciono quelli che osano'. Audeo, però, può indicare l'ardire in senso eroico e positivo, ma anche la temerarietà e la spericolatezza, in senso negativo. E quale sia la situazione nella frase di Ovidio, lo capite se andate al libro 10 delle Metamorfosi e leggete la storia di Atalanta ed Ippomene. Poiché questa divinità, che (come potete immaginare) è la stizzosissima Venere, aiuta sò Ippomene a vincere Atalanta nella corsa distraendo la fanciulla con le mele d'oro, ma si vendica poi condannando sia lui che lei, trasformati tempestivamente in leoni, a perpetua castità.
Sembra (ed è) una favoletta, ma da essa traspare, come cosö spesso avviene nelle Metamorfosi, il profondo scetticismo di Ovidio, che trova espressione proprio in quell'iuvat. Iuvare è un verbo forte, un verbo da protagonisti: Livio aveva scritto, in tutta serietà, eventus docuit fortes fortuna iuvare. Ovidio sostituisce ai fortes gli audentes (nella fattispecie, gli scervellati temerari come Ippomene) e quanto all'aiuto degli dei, dall'episodio risulta che è decisamente meglio il fai da te.
Deficere, ovvero: le variazioni sul tema "venir meno"
Le frasi 8-12 dell'esercizio 1a contengono tutte il verbo deficere nelle sue diverse accezioni che il FLOCCHINI spiega e commenta a pagina 185. L'idea base di deficere è "venir meno"; da questo significato, che è in testa all'elenco del FLOCCHINI, derivano poi logicamente tutti gli altri.
Deficiunt artes // deficiunt doli
Vengono meno le arti, vengono men gl'inganni
d'amore, s'intende. Lo dice Tibullo, alla frase 10 dell'esercizio 1a, che è tratta dalla quarta elegia del I libro. Il poeta mette bene in rilievo il deficiunt per mezzo dell'anafora (ripetizione della stessa parola ad inizio di frase), e per di più allineando in un solo pentametro due frasi estremamente brevi separate - anzi spaccate - dalla cesura. Ho preferito tradurre deficere con "venir meno", invece che "mancare," perché questo verso di Tibullo è in chiusa all'elegia, e prima di questa conclusione elegiacamente sconsolata (tristezza, ma non tragedia, e tristezza da non prendersi comunque troppo sul serio) c'è un lungo ed elaborato discorso di Priapo - in realtà, un bel pezzo di legno messo probabilmente a guardia dei campi - zeppo di artes e di doli perfettamente inutili, perché Tibullo continua a struggersi per il giovanetto Marathus e può solo sperare di non diventar zimbello (turpis fabula di tutti.
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