|
Durante la sistemazione dei terreni per la costruzione dell'aeroporto di Fiumicino sono tornati alla luce i resti dei moli del porto di Claudio, la cui costruzione iniziò nel 42 in seguito all'idea di Augusto per la costruzione di un nuovo porto Ostiense, non bastando più il fiume a contenere le navi del commercio romano.
L'opera consistette nella cre-azione di un bacino artificiale, ricavato nella terraferma con un enorme lavoro di scavi, e prolungato sul mare con la costruzione di lunghi moli, completata da un canale collegante il braccio destro del Tevere con il porto, per permettere alle navi di raggiungere Roma dal fiume.
Malgrado il parere contrario degli architetti e contrariamente a quanto dettato da Vitruvio (non costruire mai porti sulla riva dei fiumi, poiché sono soggetti ad interramento) Claudio portò avanti il suo progetto, ma non riuscì ad inaugurarlo: fu infatti inaugurato da Nerone nel 54, che volle sulle sue prime monete l'immagine del nuovo Portus Augusti.
Malgrado la maestosità dell'opera (lo spazio d'acqua aveva una superficie di circa 900.000 mq e le banchine sviluppavano 2.500 metri, permettendo l'ormeggio di oltre 300 navi su una sola fila) il molo sinistro e il molo destro erano divisi da un'apertura di 206 metri, che costituiva l'ingresso del porto; al centro sorgeva il faro, che poggiava su di un'isola artificiale realizzata con l'affondamento della nave di Caligola che era servita per trasportare a Roma l'obelisco, poi detto vaticano, dall'Egitto.
Un cenno a parte merita questa nave: Plinio racconta che era stata costruita con un abete speciale, che aveva un carico di zavorra di 800 tonnellate e che il suo albero poteva essere abbracciato da quattro uomini. La zona dove la nave fu affondata è stata individuata (via E. De Pinedo, via dell'aeroporto di Fiumicino) e dalle rilevazioni effettuate si sono potute riconoscere le caratteristiche della nave: aveva una lunghezza di m.104, una larghezza di m.20,30 e sei ponti: un dislocamento di circa 7.400 tonnellate ed un equipaggio di circa 700 uomini.
Dopo averla smantellata, riducendola alla sola carena, fu riempita di materiali vari ed affondata accanto al molo di sinistra, dove la profondità era di circa 7 metri.
Successivamente le maestranze realizzarono su di questa una massa muraria.
Oggi, dopo 19 secoli, dalle rilevazione effettuate, è emerso che la parte inferiore di questa gettata ha conservato la forma di una carena di nave.
Giovenale scrisse: "Non sono così mirabili i porti scavati dalla natura".
L'apertura dei canali con il Tevere accelerò l'arrivo delle merci a Roma e alleggerì il traffico sulla via Ostiense, liberando Roma dal pericolo delle continue inondazioni, poiché favorì il deflusso delle acque.
Tuttavia, entro pochi anni, tutti i dubbi espressi dai detrattori dell'opera divennero realtà. Le strutture risultarono insufficienti a reggere la violenza del mare, e il porto si andava insabbiando per i sedimenti portati dal Tevere.
Tutto questo creò i presupposti per la costruzione di un nuovo porto, destinato prima ad integrare, e poi a sostituire, il porto di Claudio: il porto di Traiano.
Del Porto di Claudio resta ben poco: il resto più significativo è un grande colonnato di travertino che si scorge, sul viadotto in direzione dell'aeroporto, in basso a sinistra, nel tipico stile rustico caratteristico delle costruzione claudiane, come Porta Maggiore a Roma. I resti delle banchine e dei moli sono invece quasi completamente distrutti. Resta la considerazione che, laddove sorgeva il più grande porto del mondo antico, oggi, con l'aeroporto di Fiumicino, esiste il maggiore centro di comunicazioni del Mediterraneo.
Per la visita occorre rivolgersi al Museo delle Navi, v. Guidoni 35, tel. 06/65010089; orario 9-13,30, martedì e giovedì anche 14,30 - 16,30; chiuso il lunedì.
|
|