Zeus e dintorni

L'Episcopio di Ostia
 
di Daniele Pietrini

L'episcopio di Ostia sorge dentro il borgo di Ostia antica, alle spalle e a fianco della chiesa di S. Aurea. All'apparenza di scarso interesse, rivela invece al suo interno importanti tesori d'arte rinascimentale, al punto da meritare ammirate citazioni già nel '500.
Dice infatti il celebre biografo Giorgio Vasari, nelle sue Vite del 1568, che nel borgo di Ostia sono presenti pitture murali raffiguranti 'storie bellissime', opera delle più celebri maestranze dell'epoca.
Baldassare Peruzzi e Domenico Beccafumi hanno certamente partecipato alla decorazione delle sale interne, in particolare del grande salone la cui ristrutturazione fu dovuta alla volontà del cardinale Raffaele Riario, nel 1512.
Qualche secolo fa, una mano poco accorta e mossa da oscure motivazioni, ricoprì tutte queste pitture d'una scialbatura uniforme, sì che la loro riscoperta risale ad anni recenti.

Fino ad allora si era pensato che le 'storie bellissime' di vasariana memoria fossero quelle affrescate nello scalone del castello; oggi invece si sa che l'illustre biografo si riferiva piuttosto all'adiacente Episcopio.
Tutte le sale del nuovo appartamento voluto dal cardinale Riario sono decorate da un fregio, che i critici concordano nel definire 'di raffinatissima fattura', e senz'altro ascrivibile alla mano diretta del grande artista senese Baldassare Peruzzi.
Il salone centrale è quello che più di ogni altro ci riporta ai fasti della Roma rinascimentale, quando ancora le orde dei Lanzichenecchi non dovevano porre fine, nel 1527, a una stagione d'irripetibile creatività.
La decorazione di questo ambiente consiste in una serie di rilievi monocromi, repliche esatte di scene della Colonna Traiana.
Il soggetto quindi, come ben sa chi conosca il monumento antico, è la guerra di Traiano contro i Daci.
Un pannello a parte, la cui origine non può farsi risalire al fregio traianeo, ci mostra i funerali del suddetto imperatore: si tratta di una scena ex-novo, inserita per dare una logica chiusura al di-scorso figurativo del salone Riario.
Dietro la scelta di questo particolare c'è un motivo ben preciso, che va ricercato nel particolare momento storico in cui questi affreschi videro luce: in quegli anni, infatti, papa Giulio II (quello del castello di Ostia, oltre che della Cappella Sistina) aveva condotto una 'guerra santa' contro il re francese Luigi XII, al fine di impedire l'allargarsi della sua ingerenza nei territori dell'Italia centro settentrionale.
Le storie di Traiano contro i Daci, sormontate dall'egida papale, hanno quindi un significato chiaro: la cacciata dei nuovi barbari dall'Italia, a opera del sommo pontefice che rinnova con la sua politica le glorie dell'antica Roma.
Non è un caso, forse, che a guerra finita il papa si sia recato per qualche giorno a Ostia, a riposarsi delle fatiche belliche: è probabile che in questa occasione egli abbia visto, appena terminato, il ciclo di affreschi che celebra la sua vittoriosa volontà politica.
Non tutti gli affreschi sono opera del Peruzzi: una lettura ravvicinata rivela l'esecuzione di più mani, sicuramente collaboratori del grande senese.
Tra questi, almeno due sono stati riconosciuti per il tratto inconfondibile: Cesare da Sesto e Domenico Beccafumi.
L'impianto generale della decorazione, un telaio architettonico in trompe l'oeil che racchiude i rilievi monocromi, è probabilmente frutto del genio creativo del Peruzzi.
Da non perdere inoltre gli affreschi eseguiti all'interno del castello, anch'essi opera del pittore senese, ma che sicuramente non sono le 'storie bellissime' del Vasari, per il fatto che vennero descritte minuziosamente nelle 'Vite'.
Purtroppo attualmente è visitabile solo il castello; gli affreschi dell'Episcopio sono in restauro, ma si prevedere la riapertura per Natale.

ZEUS E DINTORNI
SOMMARIO NOV. '99 - N° 35
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