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Il regista palocchino intervistato sul set de "L'ultima lezione", un film sulla figura di Federico Caffè.
La notizia farà piacere ai tanti ex studenti che lo hanno avuto come professore universitario o che hanno studiato sui suoi testi di Politica Economica.
Uscirà, infatti, a primavera L’ultima lezione, film incentrato sulla figura di un uomo, un professore, uno studioso al di fuori degli schemi: Federico Caffè.
Chi non ha frequentato le aule universitarie della facoltà di Economia e Commercio de La Sapienza, lo ricorderà per il clamore suscitato sui mass media dalla sua improvvisa scomparsa, la notte del 14 aprile del 1987.
Una scomparsa misteriosa, alla quale ha fatto seguito, un anno fa, la dichiarazione di morte presunta del Tribunale di Roma. Da allora di Federico Caffè non si è saputo più nulla: si pensò che si fosse ritirato in un convento o, addirittura, che fosse diventato un barbone.
Potrebbe essere ancora vivo (oggi avrebbe 85 anni) ed è quello che si augura il regista Fabio Rosi, 35enne palocchino doc, che, volendo girare un film sulla “trasmissione generazionale del sapere, su come avviene il passaggio di conoscenza da vecchi a giovani” è rimasto folgorato dalla lettura del romanzo di Ermanno Rea, L’ultima lezione, al quale è liberamente ispirato il film.
Abbiamo incontrato Fabio Rosi al 6° piano della facoltà in cui Federico Caffè trascorreva gran parte della sua vita, tra studenti ai quali ha saputo trasmettere la sua concezione dell’economia come scienza che va oltre il puro profitto, il libero mercato selvaggio e lo sfruttamento dei lavoratori.
“Federico Caffè è stato aiutato a scomparire da qualcuno che sapeva di aiutarlo a nascondersi. - esordisce Fabio Rosi - Era vecchio, stanco, debilitato. Non guidava le auto e, soprattutto, era depresso dalla concezione economistica allora predominante, dal rampantismo degli anni ‘80 nel quale non si riconosceva. La mia speranza è che sia ancora vivo e che, di nascosto, da qualche parte, possa assistere a un film che è dedicato alla sua figura carismatica, al suo saper prodigarsi nei confronti degli altri, al suo saper dare senza chiedere nulla in cambio.”
C’è grossa commozione qui al dipartimento di Economia. I professori che conobbero Federico Caffè rimangono stupefatti da come il protagonista, Roberto Herlitzka, riesce a restituire intatto il carisma e l’umanità di colui che fu un loro collega “non allineato”, a volte scomodo e scontroso. Alcuni di loro e alcuni suoi ex allievi hanno partecipato come comparse alla pellicola, prodotta dalla Riverfilm di Dario Formisano e Roberto Gambacorta e da RAI Cinema Fiction, che punta a essere presentata al Festival di Cannes nel prossimo maggio.
Non è affatto un sogno per l’opera prima del regista palocchino, che si è avvalso della scenografia di Giada Calabria, dei costumi di Nicoletta Taranta, delle musiche di Luca Rosi e Francesco Canturi: il soggetto, il momento storico (il messaggio di Caffè, dieci anni fa, costituiva la classica voce nel deserto, ora il Welfare ha trovato la sua “via italiana”), il taglio che si è voluto dare al film (“Non ho voluto raccontare la vita di Federico Caffè - ci dice Fabio Rosi - ma un momento particolare di essa, la sua uscita di scena.”) lasciano ben sperare in tal senso.
“Uscirà presto un’edizione in francese del romanzo di Rea, un eventuale successo del romanzo oltralpe potrebbe aiutarci...” dichiara Rosi.
Ma il vero colpo sarebbe il contributo del Fondo di Garanzia per la distribuzione cinematografica, che garantirebbe al film la diffusione capillare nelle sale italiane.
Una delle quali, siamo sicuri, garantirà a L’ultima lezione lo spazio che merita e permetterà a tutti noi di fare direttamente al regista quelle domande che la visione del film sicuramente susciterà. D’altronde lui, Fabio Rosi, nel Nuovo Cineclub Palocco ci è cresciuto, come spettatore, come tifoso partecipe la notte in cui premiarono Roberto Benigni con 3 Oscar.
Un giorno chissà, forse, potrebbe toccare a lui...
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