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C'è un bambino che guarda nel vuoto e c'è il suo alter ego nel mondo dei grandi, Bruce Willis, che cerca di stargli vicino, di difenderlo dai demoni veri e presunti.
La storia in fondo è tutta qua, ma come diceva Alfred Hitchcock: "per dare tensione al cinema basta pochissimo" e Sesto senso di questa tensione, chiusa in un ottimo cinema, ne propone a iosa.
Dietro il volto dì quello che uno volta era il marito di Demi Superfantastica Moore, ritroviamo lo scetticismo che anima gli scienziati quando sono di fronte ai maghi, quando l'irragionevole diventa realtà, quotidiano.
Lo sguardo innocente che vede cose che non vorrebbe e che dà motivo alle indagini, ai sospiri e ai lambiccamenti degli uni e degli altri è da Oscar, da premio della critica.
Il finale è forse un po' troppo statunitense, ma passa senza problemi e ha quasi l'effetto di una fetta di marmellata dopo molte bruschette all'aglio e pomodoro.
Fuori da ogni menù, anche se con efficacia.
Segnatevi il nome del regista, perché lo si rivedrà spesso in giro e perché nel confezionare questo prodotto ha fatto alcuni "movimenti-macchina" di ottimo livello.
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