La molta vita di un uomo
di Simone Navarra

Un uomo vive molte vite.
Una è in relazione con chi gli vuole bene, un'altra con chi lo odia, un'altra ancora con chi incontra per caso, poi a tutto s'aggiunge quella che è ispirata da chi non c'è più, sia esso famoso o parente.
Fight Club è un film che racconta queste dimensioni, questi diversi luoghi di coscienza, che tutti attraversano in un modo o nell'altro.
Ispirato a un libro misconosciuto e diventato famoso dopo la produzione hollywoodiana, è la storia di un giovane perito assicurativo, il sempre più bravo Edward Norton, e della sua "ricerca di realtà".
Si fingerà alcoolizzato, malato terminale di cancro pur di avere un contatto vero con qualcuno, in un mondo sempre più annacquato dalle convenzioni, dalle amicizie, dal mondo come lo conosciamo.
Siamo con lui nei suoi viaggi aerei, nella scelta dell'arredamento. Poi succede una cosa. Scopre il sapore del sangue.
Il dolore indotto e provocato con la pura forza delle mani, con la cattiveria maschia dei gladiatori.
È il fight club. È l'associazione dei disperati, di chi serve ai tavoli ed è a guardia degli uffici di chi si considera suo padrone.
Tutto allora cambia e diventa qualcos'altro.
Se avete paura del pessimismo, delle battute che fanno ridere ma raccontano la verità, delle ragioni di chi sbaglia, delle donne sbagliate al momento sbagliato, rifuggite questo prodotto. Non andate al cinema. Non vi piacerà.
E questa volta siamo sicuri nello scriverlo. E se vi sforzate e poi alla fine avete la voglia di dire che è una "….ata" siete chiaramente liberi di farlo, ma fatelo con un po' di coraggio, con un sapore che avete riposto in luogo della carriera, dello stipendio, del godere come vuole il vostro partner.
David Fincher - facciamo una scommessa - è un regista che si incontrerà spesso in molti buoni film che verranno, per adesso ha firmato uno delle migliori produzioni di fine stagione. Ottimo. Come anche il suo attore feticcio quel Brad Pitt che fa impazzire le platee femminili con i suoi addominali (beato lui).
Qui l'amico è capace di fare l'attore molto meglio di quanto crede forse lui stesso.
Offre una interpretazione perfetta e alla quale non possono essere mossi accenti di sorta. Dispiace quasi ricordarlo anche in altri lungometraggi come Joe Black, non sembra proprio lui. Incredibile. Quasi come la riuscita di quest'ultima fatica.
A volte capita.

Le Recensioni
Somm. Gen. '00 - N° 37

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