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Gina era l'amica di mia madre.
Si erano conosciute da giovani e con i loro mariti ferrovieri abitavano in un casello ferroviario a Sant'Eufemia, un borgo che forse contava quattro o cinque case, a metà strada fra Marradi e Faenza.
Io non ero ancora nata. C'erano mio fratello Pietro e Franca, la figlia di Gina.
Mia madre mi raccontò poi del grande freddo del '29, quando la neve bloccò ferrovia e strada. In seguito, Gina e la mamma si ritrovarono a Firenze con i loro mariti che erano stati trasferiti in quella città. La loro amicizia divenne ancora più grande e importante.
La domenica veniva spesso a trovarci. Arrivava nel primo pomeriggio vestita con le gonne e con le scarpe smesse dalle figlie.
Portava i tacchi alti che spesso erano storti e pareva faticare non poco per reggersi in equilibrio. Anche le borse erano sempre alla moda.
Le figlie facevano le sarte, erano belle ragazze e amavano i bei vestiti e gli accessori di buona marca.
Fu in un pomeriggio di tanti anni fa che, parlando della vita passata, Gina raccontò di quando, durante e dopo la guerra, faceva la borsa nera. Partiva da Firenze alle cinque di mattina con un camion dalle panche di legno (le ferrovie erano tutte saltate) e raggiungeva i paesi di Romagna dove trovare farina, fagioli patate e uova.
Una valigia di fibra che veniva riempita, poi, di nuovo a Firenze per vendere la merce a persone affamate che compravano a qualsiasi prezzo.
Una vita difficile, ma per sopravvivere non c'era null'altro da fare se non …
Un giorno, durante una delle sue visite, portò un fiasco d'olio a mia madre.
Era un prodotto delle colline intorno a Firenze di ottima qualità.
Mia madre voleva pagarlo, ma lei insistette dicendo di averlo ricevuto in regalo e che quindi nulla le era dovuto. Sorrideva, mentre raccontava la storia dell'olio. La osservavo: i capelli rossicci tinti e un po' bruciati per le troppe permanenti, il volto simpatico appena segnato dal tempo e quell'accento tosco - romagnolo, a me così caro, che tanto colorava il suo parlare.
Ci accorgemmo, mia madre ed io, che la storia dell'olio non era andata così.
L'aveva ricevuto in cambio di qualche prestazione personale al tizietto del frantoio.
"Ho fatto qualcosa" - disse - "ma non più di tanto, due fiaschi d'olio, uno per me e l'altro per voi".
E sorrise con fare ammiccante. L'amicizia per Gina era anche questo.
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