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Gli appassionati di calcio dilettantistico lo riconoscono a prima vista.
Sbaglia tutti i palloni che gioca, è un tale disastro per la sua squadra che tutti si chiedono che cosa ci stia ancora a fare in mezzo al campo e perché non appenda gli scarpini al chiodo o, al limite, cambi sport.
Ogni squadra ne ha avuto uno: sto parlando del “raccomandato”.
Figura leggendaria, rappresenta un continuo problema per lo spogliatoio perché toglie il posto a gente più capace e irrita gli altri componenti della squadra, che vedono vanificati i loro sforzi dai suoi ripetuti errori.
Continuamente fischiato dagli spettatori, se ne frega altamente perché a lui importa scendere in campo, costi quel che costi.
Proprio perché incapace tende a strafare, inconsapevole dei propri limiti pretende di fare numeri impossibili. E li sbaglia tutti, puntualmente.
Abbonda ovviamente a livello dilettantistico, una squadra seria non si sognerebbe mai neppure di convocarlo e dà il meglio di sé nei campi di periferia.
Anche il “raccomandato” d’altronde ha i propri sostenitori: i suoi familiari lo elogiano sperticatamente tra il disgusto generale, qualche incompetente ne magnifica il talento tanto per andare controcorrente, l’osservatore distratto reputa che, per giocare sempre, qualche merito dovrà pur averlo.
Ma il più grande sostenitore del “raccomandato” è l’allenatore, che lo protegge contro tutto e contro tutti, disposto a negare perfino l’evidenza.
Per prestarsi a questo sporco gioco, l’allenatore deve avere ovviamente il proprio tornaconto.
Spesso il “raccomandato” è un parente dello sponsor della squadra e nel do ut des ha un discreto potere contrattuale. Ma, in una squadra, dura poco.
Il capitano si fa portavoce del malcontento generale e ne propone la sostituzione, l’allenatore tentenna, finché si arriva a una situazione in cui i risultati sono talmente disastrosi da far “saltare” raccomandato e allenatore, figure presenti non solo sui campi di calcio ma anche nei nostri consigli circoscrizionali.
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