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voga all'epoca, che in questa occasione si distaccò dal suo stile razionalista in favore di un altro più vernacolare, evidentemente sentito come più consono al luogo.
Si trattava di una stazione sui generis, destinata ad accogliere un gran numero di persone per lo più senza valigie: per questo il servizio bagagli, contrariamente all'uso consueto, venne posto lontano dall'atrio.
Nonostante questi accorgimenti, già nel 1933 la stazione si era rivelata inadeguata e troppo piccola, e il nuovo piano regolatore di Ostia la spostava pressappoco nell'ubicazione attuale; non se ne fece nulla, e bisognò attendere che gli americani la bombardassero per costruire quella nuova.
Oggi, della vecchia stazione non resta altro che la targa inaugurale, murata nell'atrio della stazione di Lido Centro.
In piazza della Stazione Vecchia è rimasto un brutto vuoto architettonico, mai colmato, proprio al centro della città.
Quello stesso 10 agosto del 1924 venne anche posta la prima pietra del Governatorato, per opera del vescovo di Ostia, cardinale Vannuttelli, mentre Mussolini, in una significativa alleanza, stese il primo strato di calce.
L'edificio, oggi sede della XIII Circoscrizione, è opera dell'arch. Vincenzo Fasolo e non potrebbe essere meglio descritto che con le parole dello stesso Piacentini: "Una sensibilità ancora romantica, giocata sugli equilibri e le disimmetrie, con gustosi particolari di temperamento pittoresco: un comignolo, il pozzo, un tettarello, l'ombra pastosa di un portico, un fronzuto capitello." Un'opera, quindi, pienamente inserita nel clima eclettico, del tutto fuori dalle correnti europee, della cultura architettonica italiana di quegli anni.
La basilica, infine, fu realizzata su progetto dell'arch. Luigi Magni, un altro grande nome del panorama romano: la prima pietra fu posta nel lontano 1919, l'inaugurazione, per mancanza di fondi, slittò al 1926. Si tratta di un'architettura ispirata ai modelli tardo-romani, in particolare al tipo della basilica antica.
Su di essa ha scritto lo storico Irene de Guttry:
"La tradizione pesa più che mai sull'architettura. Si costruisce "in stile", ricalcando per lo più modelli antichi, nel timore di profanare e dissacrare."
Queste erano Ostia e l'Italia negli anni '20.
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