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Sua, per fare un esempio, è l'ala giolittiana (in corso di riapertura) della Stazione Termini, il maggiore esempio romano di architettura 'nazista' degli anni '40.
L'edificio delle Poste a Ostia, invece, fu l'occasione per sperimentare uno stile più svincolato dai dettami classicisti.
In questo il Mazzoni fu certamente aiutato dall'urgenza con la quale l'opera si era resa necessaria, dato che Ostia si avviava ormai a diventare una città - o un quartiere - a tutti gli effetti, ma ancora carente di un ufficio postale.
I funzionari del Governatorato romano, notoriamente i cani di guardia dello stile 'imperiale', dovettero quindi approvare il progetto del Mazzoni senza porre troppi intralci.
Ne nacque un edificio che proponeva un'idea del moderno di tipo dinamico e razionalista, con riferimenti all'estetica futurista.
Ritmi veloci e moderni nella sala anulare aperta al pubblico, maglia ortogonale per gli uffici del retro.
L'edificio era impreziosito da particolari studiati dallo stesso architetto, per i quali si mobilitarono artigiani e scultori vetrai di Murano.
Il celebre colonnato anulare d'ingresso, per esempio, riproduce il noto 'effetto pineta' grazie all'impiego di un particolare mattone vetroso, prodotto a Murano.
La vasca interna era a sua volta rivestita di mattonelle di pasta vitrea, realizzate sempre a Murano; al suo centro spiccava la statua in rame delle Sirene, opere dello scultore - vetraio Napoleone Martinuzzi.
L'ufficio postale era dunque un piccolo gioiello, che però nel corso degli anni subì vari affronti, non ultimo il furto della statua del Martinuzzi negli anni '50.
Quando i restauri cominciarono, alla fine degli anni'80, i tecnici si trovarono di fronte a una situazione disastrosa; numerosi rifacimenti avevano stravolto il disegno originario.
Tutto il rivestimento interno della vasca era stato sostituito da dozzinali piastrelle da bagno; le lampade in vetro di Murano rimosse; il meccanismo della fontana distrutto; anche il rivestimento laterizio delle colonne aveva subito danni.
L'insieme "era stato aggredito dal tempo e da interventi a dir poco barbari" (AA.VV. Ostia Marittima - Una città interrotta).
I lavori, guidati dall'arch. Massimo Fazzino, hanno ricreato con scrupolo la situazione originaria, aiutati spesso dalla fortuna.
L'artigiano che aveva creato il particolare mattone vetroso del colonnato, per esempio, era ancora vivo, e all'età di 95 anni ha accettato di rimettersi al lavoro per fornire ai restauratori l'antica formula dell'impasto.
Nell'archivio dello scultore Martinuzzi è stato rinvenuto il calco in gesso della fontana delle sirene, per cui è stato possibile costruirne una copia esatta al centro della fontana.
Nello scalone monumentale, non aperto al pubblico, è stato riscoperta la colorazione originaria, mentre la finestra è stata ripristinata nelle dimensioni d'un tempo.
Sul retro, poi, sono stati costruiti nuovi ambienti su disegno dell'arch. Fazzino, in puro stile postmoderno, che ricordano molto lo stile del suo maestro Franco Purini, uno dei più noti architetti romani.
Non sono state invece ripristinate le scuri di rame che facevano dei tre pilastri di travertino, sulla destra, altrettanti fasci.
Anche la ragioni dell'arte si fermano davanti a quelle della politica.
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