Il patrimonio del
Venzago, costituito da circa 4000 piò di terra divisi in 78
"colonnelli", con cascine, fienili e fabbricati vari
che venivano affittati ogni sette anni al pubblico incanto, fu
oggetto di profonde discordie fra i lonatesi e fonte di problemi
per il Comune.
Liti e discordie erano fondate sul fatto che le famiglie più
antiche di Lonato, quelle originarie, ritenevano di escludere
dalle rendite del Venzago le famiglie di nuova immigrazione,
essendo stati i loro antenati a sborsare i "ducati
d'oro" per l'acquisto del possedimento. Dal canto loro, i
nuovi cittadini fondavano le loro pretese affermando che col
passare dei secoli queste famiglie originarie si erano estinte e
perché i nuovi abitanti avevano contribuito per secoli alle
spese ordinarie e straordinarie di manutenzione del
possedimento. Tali diatribe finirono dopo la peste del 1630,
quando si rese necessario ammettere nuove famiglie da secoli
residenti in Lonato tra gli "originari" e poi, l'11
novembre 1798 quando tutto il possedimento venne venduto ai
privati.
I problemi per il
Comune derivarono invece dalla parte di Venzago acquistata dal
marchese Gonzaga prima di proprietà Boccacci. Alla Caduta di
Pandolfo Malatesta, Filippo Maria Visconti nel 1434 restituiva
ai Boccacci i beni del Venzago. Il Comune di Lonato si oppose,
forte anche della sua sottomissione, nel 1440, a Venezia. Nel
1539 i Boccacci ottennero dalla Curia Romana la scomunica con la
prescrizione della restituzione ai Boccacci del Venzago. Tale
scomunica venne rimossa il 9 luglio 1540 grazie all'Arciprete
don Virgilio Cigno.
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