Mercoledì 13 dicembre 2000, aula 4, 15.30 – 16.20

L’attenzione per la narrazione e le sue forme è documentabile fin dalla Poetica di Aristotele e si può risalire questa tradizione teorica attraverso il dibattito delle poetiche cinque-secentesche e la riflessione classico-romantica nell’800. Ma è soprattutto a partire dagli ’50 del ‘900 che l’analisi della narrazione si costituisce in vera e propria scienza: la narratologia.

Il nostro punto di vista al riguardo sarà molto generale e avrà di mira più l’applicabilità del modello di analisi che non la sua riconoscibilità nella proposta di un autore o di una scuola specifica. I riferimenti saranno: F. Casetti, F. di Chio, L’analisi del film, Bompiani, Milano 1990, pp. 164-213; C. Segre, Avviamento all’analisi del testo letterario, Einaudi, Torino 1985, p. 265 ss.; il nostro L’analisi della narrazione: aspetti teorici e di metodo, in R. Giannatelli, P.C. Rivoltella, a cura di, Teleduchiamo. Linee per un uso didattico della televisione, Elledici, Torino-Leumann 1994, pp. 227-248.

Il primo passaggio da fare è di fornire una definizione della narrazione. Si sceglie di lavorare sulle due definizioni fornite rispettivamente da Segre e Casetti e di Chio:

  1. "una realizzazione linguistica mediata, avente lo scopo di comunicare a uno o più interlocutori una serie di avvenimenti, così da far partecipare gli interlocutori a tale conoscenza, estendendo il loro contesto pragmatico";
  2. un concatenarsi di situazioni, in cui si realizzano eventi, e in cui operano personaggi calati in specifici ambienti".

Le due definizioni consentono almeno quattro rilievi utili ai fini di proseguire il nostro discorso:

 

Partendo dalla definizione di Casetti e di Chio precedentemente fornita è facile individuare in essa tre elementi che qualificano da un punto di vista strutturale la narrazione:

1) qualcuno (o a qualcuno)

2) fa capitare (o capita) qualcosa

3) che produce dei cambiamenti.

A questo qualcuno (e all'ambiente entro cui si trova ad agire) viene dato nome di esistente, il fatto che faccia capitare ( o gli capiti) qualcosa viene indicato con la categoria dell'evento, il prodursi dei cambiamenti, infine, è categorizzato nel concetto di trasformazione. In sostanza ogni narrazione si costruisce su degli esistenti, implica che vi si realizzino eventi, prevede il verificarsi di trasformazioni. E questo è quanto, tutto sommato, lo stesso Aristotele rileva analizzando la struttura della tragedia, quando osserva che: Tragedia è opera imitativa di un'azione seria, completa, con una certa estensione, eseguita con linguaggio adorno, distintamente nelle sue parti per ciascuna delle forme che impiega, condotta da personaggi in azione, e non esposta in maniera narrativa, adatta a suscitare pietà e paura, producendo di tali sentimenti la purificazione che i patimenti rappresentati comportano (ARISTOTELE, Dell'arte poetica, a cura di Carlo Gallavotti, Mondadori, Milano 1974).

Nel momento in cui, poi, queste indicazioni devono tradursi in schema di analisi è possibile individuare un doppio itinerario:

Questo doppio percorso è utilmente visualizzabile in una tabella che consenta di coglierne, anche graficamente, le diverse direzioni.

elemento

personaggio

evento

trasformazione

livello di analisi

Fenomenologico

persona

comportamento

cambiamento

Formale

ruolo

funzione

processo

Astratto

attante

atto

variazione strutturale

Alla luce di tutto questo proviamo ora a vedere più da vicino in cosa consistano le diverse tappe dell'analisi, quali operazioni prevedano, prima di applicare l'intero modello, in conclusione, ad un testo narrativo per verificarne il funzionamento all'opera. Nel fare questo, lasciandoci guidare dal percorso descritto dai nostri due Autori, cercheremo di integrarlo con spunti provenienti da altre proposte analitiche e di mediarlo opportunamente in chiave didattica.

 

L'analisi del personaggio

L'approccio metodologicamente più immediato e storicamente più consolidato al personaggio è quello che ci fa rapportare ad esso nei termini della dramatis persona, dell'individuo psicologicamente e socialmente qualificato. Tale approccio, come fa ben osservare Elam, consiste nella "visione "psicologica" e post-romantica del personaggio ancora vigente nella critica letteraria, che vede la dramatis persona come un insieme unificato, più o meno complesso, di tratti psicologici e sociali, cioè come una "personalità" piuttosto che una funzione della struttura drammatica". Concretamente esso consisterà, anzitutto nell'individuare all'interno dell'intreccio un congruo numero di personaggi ritenuti rilevanti per il posto che vi occupano, in secondo luogo nel rilievo, in margine ad essi, di alcuni elementi qualificanti. Si tratterà così di annotarne il nome, lo statuto sociale all'interno del mondo del racconto (figlio, gangster, amante, sposa tradita, ecc.) e le caratteristiche psico-fisiche (corporatura, comportamento vocale e gestuale, tratti di personalità, ecc.).

Quando dall'attenzione per ciò che contraddistingue il personaggio nella sua identità (il profilo psicologico di Norman in Psyco di Hitchcock è unico ed irriducibile, come lo è quello del Carmagnola nell'omonima tragedia manzoniana) si passa a quella verso il ruolo che esso gioca all'interno della vicenda, scatta in questo cambio di prospettiva un processo generalizzante attraverso il quale quel personaggio perde i contorni che lo rendevano riconoscibile fra mille altri, per assumere un ruolo che è possibile riscontrare identico in pressoché tutte le strutture narrative (in questo senso, in quanto entrambi protagonisti della propria vicenda, Norman ed il Carmagnola rivestono lo stesso identico ruolo). Anche in questo caso all'indicazione di forma facciamo seguire delle prescrizioni concrete. Ci sembra di poterle sintetizzare nelle seguenti tre: anzitutto il ruolo d'azione globale del personaggio, che corrisponde alla classica coppia protagonista-antagonista ed indica la capacità del personaggio di orientare l'azione in un determinato senso; in secondo luogo, il suo ruolo come agente o paziente, che configura il personaggio o come colui che è responsabile dell'azione, o come colui che passivamente la subisce; infine, la sua possibile classificazione in uno stereotipo (è il caso dei racconti di genere, soprattutto) secondo coppie ormai codificate quali quelle di buono-cattivo, vittima-carnefice, ecc.

E siamo al terzo livello di analisi, quello in cui il procedimento astrattivo (dal personaggio come persona al personaggio come ruolo) viene sostituito dal procedimento di formalizzazione (dal personaggio come ruolo al personaggio come funzione). A questo ulteriore livello il personaggio diventa un attante, cioè una struttura narrativa del racconto che, all'interno di esso, gioca una determinata funzione: tale funzione prende corpo in un certo tipo di relazione che esso intrattiene con gli altri attanti. Scegliendo, tra i tanti modelli attanziali disponibili, quello di Greimas è possibile individuare tre coppie attanziali, precisamente quelle di soggetto-oggetto, opponente-adiuvante, destinante-destinatario.

Il modello che il linguista lituano propone individua la potenziale presenza in ogni racconto di tre assi attanziali: soggetto-oggetto, adiuvante-opponente, destinante-destinatario.

1. L'asse Soggetto-Oggetto costituisce la direttrice diegetica principale di qualsiasi narrazione e si esprime sinteticamente col dire che c'è qualcuno che vuole realizzare/conseguire/raggiungere qualcuno (o qualcosa). In schema, semplicemente:

 

 

Il Soggetto (o Eroe) è colui che vuole raggiungere l'Oggetto, cioè è legato ad esso da una relazione di desiderio e che, proprio per questo, mette in atto determinati comportamenti (performance) al fine di conseguirlo. Questi comportamenti richiedono delle condizioni perché possano essere attuati: una condizione oggettiva, e cioè il fatto che qualcuno o qualcosa dia mandato al Soggetto di porli in atto, ed una condizione soggettiva, e cioè che il Soggetto sia in grado di tener fede a questo mandato (competence). L'efficacia del comportamento attuato, infine, è sanzionata o dal premio (il conseguimento dell'Oggetto) o dalla punizione. L'Oggetto (o Bene cercato), per parte sua, è contemporaneamente la meta ideale del desiderio del Soggetto e l'obiettivo reale dei suoi comportamenti. Sinteticamente, dunque: il Soggetto, sulla base di un mandato e della sua competenza, desidera e ricerca un Oggetto, che potrà riuscire o meno a conseguire.

Questo asse diegetico principale, che costituisce la struttura più scarna ed essenziale della fabula, si arricchisce di due assi di supporto che lo intersecano perpendicolarmente specificando ulteriormente le funzioni narrative che lo caratterizzano.

2. Il primo di questi assi è quello che si organizza attorno alla coppia attanziale di Adiuvante ed Opponente e che si esprime sinteticamente col dire che c'è qualcuno che vuole realizzare/conseguire/raggiungere qualcuno (o qualcosa) e qualcuno lo aiuta, mentre altri lo ostacolano. In schema, semplicemente:

 

Facile intuire il ruolo che queste due nuove figure attanziali occupano. L'Adiuvante ha il compito di collaborare attivamente con il Soggetto perché riesca a realizzare il proprio mandato; l'Opponente, al contrario, che spesse volte nel corpo della narrazione viene a rivestire il ruolo di un vero e proprio Antieroe (il "cattivo" di tante fiabe o plot cinematografici) agisce in direzione simmetricamente opposta, ostacolando il Soggetto nelle proprie intenzioni. Ancora una volta, in sintesi, potremmo dire che l'Adiuvante collabora con il Soggetto nella ricerca dell'Oggetto, l'Opponente lo ostacola.

3. E siamo al secondo asse, per così dire, ausiliario. Su di esso si dispongono i due ruoli attanziali del Destinante e del Destinatario. Il primo è il "punto d'origine dell'Oggetto", l'istanza che, da una parte può essere depositaria della competenza del Soggetto, dall'altra si pone a dispensatrice nei suoi confronti di premi o punizioni. Il Destinatario, invece, è colui cui il Destinante si rivolge, sia in quanto mandante, che in quanto dispensatore della sanzione (in questo senso nulla esclude che esso possa essere lo stesso Soggetto). Alla luce di questo terzo ed ultimo asse diviene allora possibile completare il quadro delle funzioni attanziali. In schema:

 

Con quest’ultimo rilievo viene completata l’analisi delle operazioni da condurre sul personaggio

L’analisi degli eventi

Il primo e più immediato livello al quale l'azione si organizza è il comportamento. Anche questo termine, come quello precedentemente focalizzato di persona, è mutuato dalla psicologia, in particolare dalla psicologia sociale. L'analogia di fondo che rende possibile il recupero è l'affinità profonda, ben evidenziata tra gli altri da Goffman, tra la società e l'universo del racconto in quanto entrambi sistemi di relazioni. Come in un sistema sociale l'individuo è chiamato a mettere in atto opportune strategie al fine di raggiungere la soddisfazione dei propri bisogni (condizionamento biologico), integrarsi al sistema (conformismo sociale) realizzare valori (motivazione valoriale), così, nel microuniverso sociale del racconto, il personaggio, che è depositario di un vissuto proprio, come abbiamo visto, si rende protagonista di una serie di atti, a breve o lungo termine, che gli consentano di attuare una dinamica analoga: "Gli uomini sviluppano dei sistemi di azione a lunga scadenza: essi vincono la resistenza delle cose osservandone le caratteristiche, modificandole ed inventando degli utensili. La loro azione crea delle condizioni nuove che danno vita a nuovi bisogni ed a nuovi fini che servono come sprone ad altro lavoro e ad altre invenzioni. Nel corso di tali attività gli uomini modificano l'ambiente circostante e, nello stesso tempo, modificano se stessi". Alla luce di questi rilievi, dunque, la descrizione del comportamento del personaggio nel testo dovrà consistere nella registrazione delle concrete modalità del suo agire all'interno del racconto. Si tratterà, allora, di fissare: il tipo di azione realizzata, specificando i caratteri di essa distintivi (volontaria, cosciente, singola, individuale,...) e il suo rilievo sociale, e cioè il peso da essa esercitato in funzione dell'adattamento sociale del personaggio (secondo il modello di Merton può rispondere a conformismo, innovazione, ritualismo, ritiro e ribellione).

Quando dalla descrizione del valore psicologico e sociale delle azioni del personaggio, necessariamente particolare, ci spostiamo a considerare la possibilità di una sua generalizzazione, non parliamo più del comportamento del personaggio, ma della funzione che esso svolge all'interno della narrazione. Il termine è tecnico ed è entrato nell'uso grazie al linguista russo V.Propp, che è stato il primo teorico a fornirne una definizione - l'azione del personaggio in quanto descritta a partire dal punto di vista del significato che essa riveste in rapporto allo svolgersi della vicenda narrata - ed a stilare un elenco completo dei diversi tipi di funzione analizzando la raccolta di favole russe di magia curata da Afanàs'ev. Il lavoro di Propp, che gli ha consentito di rintracciare in tutti i testi riconducibili al genere "fiaba di magia" il ricorrere di trentuno di queste funzioni, ciascuna suscettibile di descrizione, denotazione ed indicazione formalizzata mediante un apposito segno convenzionale, non è evidentemente applicabile con sufficiente semplicità al nostro tipo di analisi. Più facile - ed efficace - sembra invece seguire Bremond, il cui modello appare sicuramente più lineare. Lo si può ridurre, semplificando, a tre funzioni fondamentali che potremmo chiamare stato iniziale, modificazione dello stato iniziale, stato finale. La funzione intermedia, poi, a sua volta può essere intesa nel senso di un miglioramento o di un peggioramento. A questo schema, estremamente semplice possono essere ricondotte le grandi metafore che hanno caratterizzato i grandi racconti di tutte le epoche: così, l'occasione alla mutazione della situazione iniziale può essere offerta da una privazione, che assume la forma sia della mancanza iniziale che si tratta di colmare (I predatori dell'arca perduta di Spielberg), sia della sottrazione di qualcosa che si dovrà riconquistare (Qualcuno volò sul nido del cuculo di Forman); in seguito a questa privazione, poi, la vicenda può assumere la forma dell'allontanamento, cioè della separazione che dice anche di una ricerca del nuovo (Barry Lindon di Kubrick) e prender corpo nel viaggio, inteso come dislocazione fisico-geografica, ma anche come tragitto psicologico-conoscitivo (Paris Texas di Wenders). In questo viaggio-itinerario il protagonista potrà poi confrontarsi con divieti, obblighi, prove, passando attraverso i quali potrà rimuovere la mancanza iniziale, raggiungere il proprio oggetto, celebrare il proprio ritorno (Ulisse).

Sul piano astratto non abbiamo più a che fare con comportamenti o con funzioni ma, in termini ancora più astratti, con atti, cioè, come dice Greimas, con "ciò che fa essere". Con questo sono già indicate le due forme fondamentali (enunciati elementari, li chiama Greimas) che gli enunciati narrativi possono assumere: si parlerà così di enunciati di fare e di enunciati di essere. I primi mettono capo ad una relazione di giunzione, che "è la relazione che determina lo "stato" del soggetto in rapporto ad un oggetto di valore qualunque", i secondi, invece, presiedono all'istituzione di relazioni di trasformazione, cioè rendono conto "di ciò che avviene nel passaggio da uno stato all'altro". Cerchiamo di vedere concretamente gli effetti che queste due forme di relazione comportano sull'analisi del racconto.

La giunzione, anzitutto, va articolata nelle due forme ulteriori della congiunzione e della disgiunzione, a loro volta affermabili o negabili. Se, cioè, indichiamo con la congiunzione, con la disgiunzione e con la negazione, posto che S è il soggetto ed O l'oggetto, avremo le seguenti quattro possibilità:

S ^ O che esprime il possesso di O da parte di S

¬ (S ^ O) che esprime la perdita di O da parte di S

S v O che esprime il fatto che S non ha mai posseduto O

¬ (S v O) che esprime il fatto che S entra in possesso di O.

Se torniamo a considerare le grandi metafore della narrativa di tutti i tempi cui sopra abbiamo accennato - la mancanza, la perdita, ecc. - sarà facile osservare come esse siano trascrivibili, sul piano formale, proprio nei termini proposti dai diversi tipi di giunzione.

Anche la trasformazione, come la giunzione, può essere formalizzata mediante la notazione mutuata dalla logica. Sempre seguendo Greimas, posto che S ed O indicano sempre il soggetto e l'oggetto, che indica la trasformazione e date D1 e D2 come variabili proposizionali che indicano rispettivamente il Destinante ed il Destinatario, avremo due tipi di enunciati di fare:

S  > O

D1 > O > D2

Un fatto risulta subito evidente: la trasformazione ingaggiata dal Soggetto implica un fare, ma questo fare, a sua volta, non può essere definito in maniera elementare. In particolare, come osserva Greimas, esso presuppone un essere (la competenza) e modalizza un essere (performanza). In altre parole, il fatto che S O esige come condizione che S abbia la competenza per farlo, presuppone in S un essere capace di fare quello che sta facendo, ma anche comporta come effetto dell'atto che viene posto lo stabilirsi di una nuova situazione, formalizzabile con: S O (ogni trasformazione, cioè, presuppone uno stato e ne produce un altro). A queste due modalizzazioni (la competenza è un essere che modalizza un fare, nel senso del saper fare, del voler fare, del poter fare; la performanza è un fare che modalizza un essere) ne vanno aggiunte, a completare il quadro, altre due: quella in cui l'essere modalizza l'essere (tipica della sanzione) e quella in cui il fare modalizza l'essere (mandato).

L’analisi delle trasformazioni

Dopo aver preso in considerazione l'azione ed i suoi protagonisti, restano da considerare, per completare la nostra analisi, le trasformazioni che nell'universo narrativo questi personaggi in azione comportano. Seguendo ancora una volta lo schema di Casetti e di Chio, muoveremo da un esame fenomenologico delle trasformazioni per passare, poi, gradualmente a livelli di indagine sempre più astratti ed universali.

Fenomenologicamente considerate, le trasformazioni ci si presentano nella forma dei cambiamenti subiti od agiti dal personaggio. Uno degli assiomi, infatti, già dei vecchi approcci strutturalisti al mondo della narrazione era di prendere in considerazione, nell'analisi del personaggio, il suo quadro psicologico all'inzio ed alla fine del racconto proprio per valutare le trasformazioni cui fosse andato eventualmente soggetto. Tali trasformazioni potranno interessare il carattere del personaggio od i suoi atteggiamenti e consentiranno all'analista di valutare se nel corso della vicenda esso sia andato descrivendo un percorso di maturazione, di crisi, di autochiarificazione interiore, ecc.

Quando dal piano fenomenologico si passa a quello formale, anche il punto di vista da cui si considerano le trasformazioni cambia: non si parlerà più, così, di semplici cambiamenti, ma di processi, in quanto tali non riconducibili alle occorrenze particolari delle singole narrazioni, ma tipici dell'universo narrativo in senso proprio, qualsiasi forma esso possa assumere. Mutuando dai diversi modelli narratologici proposti è possibile pensare ogni storia come un itinerario in tre tappe che prima stabilisce un problema, in seconda istanza lo elabora ed infine lo risolve; l'insorgere del problema, solitamente coincide con la rottura di un equilibrio iniziale che di conseguenza deve essere ripristinato. Se lo stato di equilibrio viene nuovamente raggiunto si potrà leggere la storia in questione alla luce della categoria todoroviana del miglioramento; se non viene più raggiunto, anzi, se la storia è occasione del suo definitivo smarrimento, la categoria da utilizzare sarà invece quella del peggioramento. A questo proposito potranno tornare utili all'analisi alcune domande-chiave, come suggerisce David Lusted: Cosa è cambiato nel mondo della storia? Cosa è stato trasformato? Cosa è stato guadagnato o perso nel processo? Come hanno modificato i personaggi le loro posizioni reciproche di status e di potere? Tutto questo potrà consentire di formalizzare i cambiamenti realizzati nella storia, venendo a capo delle trasformazioni generali cui esssa è andata soggetta.

L'ultimo passaggio da compiere sarà di operare astrattivamente sui processi così individuati catalogandoli nelle variazioni strutturali corrispondenti. Seguendo Casetti e di Chio tali variazioni possono essere individuate nel numero di cinque, ciascuna rappresentabile mediante formalismo logico. Ci si potrà, così, trovare di fronte ad una storia che presenti la classica situazione narrativa di saturazione: in tale situazione, dato uno stato iniziale A, al termine della narrazione si perviene a questo stesso stato iniziale (A > A). E' questo il caso di tutti i plot (si pensi ai fouilleton o a tutte le storie a lieto fine) in cui già dalle premesse è possibile intuire a quali conclusioni si potrà arrivare, cosicché l'intreccio altro non diventa che l'occasione perché si possano esplicitare. Abbastanza simile a questa situazione è quella della stasi narrativa, in cui il passaggio da A ad A (A > A) va inteso non come esplicitazione di un implicito, ma come vero e proprio blocco dell'azione, rifiuto del mutamento (ne sono esplicito esempio i drammi di Beckett). Diverso è il caso dell'inversione, in cui l'intreccio è occasione non di conferma, ma di simmetrico rovesciamento di quanto annunciato nelle premesse della storia (A > ¬A). A questo tipo di variazione strutturale si può ricondurre tutta la tragedia classica, che proprio sul parà tèn dòxan, sul paradosso inteso come sovvertimento della logica abituale delle cose, è costruita. Quando, invece, da uno stato iniziale A non si perviene né a questo stesso stato né al suo contrario, ma la situazione rimane aperta vuoi nel senso di un finale tronco (A > 0), vuoi nel senso di un finale aperto a tutte le possibili soluzioni (A ?), si parla di sospensione. Infine, si parla di sostituzione quando la conclusione B dell'azione non sembra avere legami con la situazione iniziale A a partire dalla quale viene raggiunta (A > B).

Tutti i rilievi fatti nelle ultime lezioni possono essere sintetizzati in una tabella da utilizzare in funzione dell’analisi.

livello / elemento

personaggio

evento

trasformazione

fenomenologico

persona

nome

statuto sociale

caratteristiche psico-fisiche

comportamento

tipo d'azione

rilievo sociale

cambiamento

quadro psicologico

carattere

atteggiamento

formale

ruolo

ruolo d'azione globale

agente/paziente

stereotipo

funzione

stato iniziale

modificazione

stato finale

privazione, viaggio, ecc.

processo

equilibrio

rottura dell'equilibrio

astratto

attante

soggetto/oggetto

adiuvante/opponente

Destinante/destinatario

atto

giunzione

trasformazione

variazione strutturale

saturazione

stasi narrativa

inversione

sostituzione

sospensione

 

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