Martedì 4 Maggio 1999
Libere professioniCon la legge sulla privacy l’archivio è trasparente per il cliente dello studio
di A.Che.
ROMA — Il professionista non può cavarsela con una generica indicazione dei dati personali custoditi nel proprio archivio, ma, di fronte alla richiesta di un cliente, deve essere dettagliato e di immediata comprensione. È di questo tenore l’invito che il Garante della privacy ha rivolto a un avvocato, che aveva risposto in maniera evasiva a un suo ex assistito.
Quest’ultimo, dopo aver revocato il mandato al professionista, aveva chiesto di conoscere quali dati fossero conservati nell’archivio, imponendone, al tempo stesso, il divieto di ogni ulteriore utilizzo. L’avvocato faceva presente di essere in possesso di dati fiscali e di altri atti relativi alla causa civile intentata dal cliente. Precisava, però, di non custodire cartelle cliniche o altri documenti sanitari, perché erano stati allegati agli atti della causa. Il professionista specificava, infine, di aver interrotto ogni utilizzo dei dati personali del proprio cliente, tranne quelli strettamente necessari a documentare l’attività professionale svolta.
La risposta non ha convinto il Garante. Intanto, perché l’avvocato ha evidenziato solo le tipologie dei dati personali conservati (dati fiscali e atti relativi alla causa civile), senza specificare, come invece l’articolo 13 della legge 675/96 sulla privacy impone, le informazioni oggetto di trattamento.
La risposta risulta, inoltre, carente anche per quanto riguarda i dati ancora utilizzati. È, infatti, generico parlare di informazioni necessarie a documentare l’attività svolta. Invece bisogna, ha spiegato il Garante, fornire precise indicazioni sui dati conservati per quello scopo, sulle concrete esigenze connesse al trattamento (esigenze fiscali, contabili ecc.) e sulla durata dell’utilizzo di quei dati (mesi, anni?). Una risposta dettagliata dà infatti al richiedente la possibilità di verificare se esistono i presupposti e la necessità perché i suoi dati personali continuino a essere utilizzati.
Alla luce di queste osservazioni, l’avvocato deve, pertanto, integrare la risposta, cercando di fornire le nuove informazioni in modo agevolmente comprensibile. Se questo non è possibile, può anche allegare copia dei documenti in cui sono contenuti i dati personali custoditi e quelli ancora utilizzati.