CASISTICA DEI COMPORTAMENTI CHE POSSONO GIUSTIFICARE IL LICENZIAMENTO: cassiera di supermercato che offende clienti e superiori; chef che causa sprechi di alimenti, trascura la presentazione dei piatti e rifiuta di preparare i pasti per i dipendenti (Cassazione Sezione Lavoro n. 3542 del 10 aprile 1999, Pres. Sommella, Rel. Stile e n. 4219 del 27 aprile 1999, Pres. Delli Priscoli, Rel. Stile).


Alla casistica giurisprudenziale in materia di licenziamenti per giusta causa si sono recentemente aggiunte due decisioni della Suprema Corte concernenti comportamenti strettamente connessi all’esercizio delle mansioni proprie della qualifica del lavoratore.


Il primo caso è quello della cassiera di un supermercato licenziata per avere rivolto parole ingiuriose ad una cliente ed ai suoi superiori. Secondo l’accertamento svolto dal Tribunale di Varese ella ebbe dapprima a profferire nei confronti di una cliente - che al passaggio sull’apposito banco trasportatore si era lamentata perché la cassiera aveva fatto cadere un fustino di detersivo su una confezione di frutta - l’espressione "se lei è esaurita non deve uscire a fare la spesa"; e poi nei confronti della figlia della stessa cliente - che l’aveva invitata a continuare a "battere i prezzi" anziché stare a polemizzare - la frase: "a battere ci devi andare tu, che rendi sicuramente di più, barbona"; e quindi nei confronti del direttore e del vice direttore del supermercato, intervenuti per metter fine all’episodio, le parole: "siete tutti figli di puttana, bastardi andate a fare in ......".


<Il Tribunale ha ritenuto sussistente la giusta causa di licenziamento per violazione degli obblighi di civismo e cortesia con il pubblico imposti dal contratto collettivo di categoria e per insubordinazione verso i superiori accompagnata da comportamento oltraggioso. La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 3542 del 10 aprile 1999, Pres. Sommella, Rel. Stile), ha rigettato il ricorso della lavoratrice, in quanto ha ritenuto che il Tribunale abbia adeguatamente motivato la valutazione di gravità dell’infrazione.
L’altro caso è quello di uno chef di ristorante licenziato con l’addebito di non aver provveduto all’espletamento di importanti mansioni quali il prelievo delle materie prime di cucina, la presentazione dei piatti e del buffet, di aver causato le lamentele della clientela e uno spreco di alimenti, di aver rifiutato la preparazione del pasto serale per il personale di servizio, di aver omesso gli ordinari controlli di chiusura della cucina e di aver tenuto un comportamento ostile con i collaboratori.


Il Tribunale di Roma ha ritenuto provati gli addebiti ed ha ravvisato in essi infrazioni immediatamente riferibili alle funzioni proprie della posizione lavorativa del dipendente, tali, per natura, numero e modalità da essere obiettivamente e soggettivamente idonee, anche in relazione all’elemento psicologico dell’agente a ledere la fiducia del datore di lavoro. La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 4219 del 27 aprile 1999, Pres. Delli Priscoli, Rel. Stile), ha rigettato il ricorso del lavoratore in quanto ha ritenuto che il Tribunale abbia motivato in modo convincente sia in ordine alla sussistenza della giusta causa sia in merito all’adeguatezza della sanzione.

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