IL DIPENDENTE CHE ABBIA SUBITO UNA DEQUALIFICAZIONE PUÒ OTTENERE LA CONDANNA DEL DATORE DI LAVORO A REINTEGRARLO NELLE MANSIONI CHE GLI SPETTANO - Oltre al risarcimento del danno (Cassazione Sezione Lavoro n. 4221 del 27 aprile 1999, Pres. Sommella, Rel. Prestipino).


D.P., dipendente della S.r.l. Mobilificio Pescarolo, assunta con la qualifica di impiegata con mansioni di centralinista- traduttrice è stata successivamente destinata a mansioni proprie della qualifica di operaia.
Ella ha chiesto al Pretore di Pordenone di accertare la dequalificazione inflittale e di condannare la datrice di lavoro a reintegrarla nelle mansioni impiegatizie in precedenza svolte.


Il Pretore ha rigettato la domanda in quanto ha ritenuto che l’ordine di reintegrazione possa essere emesso dal giudice, in base all’art. 18 St. Lav., soltanto in caso di licenziamento illegittimo.
Questa decisione è stata riformata dal Tribunale di Pordenone, che ha accolto l’appello proposto dalla lavoratrice. Il Tribunale ha osservato che dalla prova testimoniale era emerso che la lavoratrice, in precedenza impiegata come centralinista e traduttrice, era stata adibita successivamente al confezionamento di sacchetti contenenti viti e a servire da bere, due volte al giorno, agli altri dipendenti.
Pertanto il Tribunale, rilevata un’evidente violazione dell’art. 2103 cod. civ., che vieta l’assegnazione al lavoratore a mansioni inferiori a quelle in precedenza svolte, ha condannato l’azienda "alla reintegra della dipendente D.P. nelle originarie mansioni di impiegata di 3° livello".


La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 4221 del 27 aprile 1999, Pres. Sommella, Rel. Prestipino), ha rigettato il ricorso dell’azienda, affermando che il Tribunale ha correttamente applicato l’art. 2103 cod. civ. La Corte, dopo avere ricordato le perplessità della dottrina circa la possibilità di un ordine di reintegrazione nelle mansioni, ha confermato il suo più recente orientamento secondo cui la violazione dell’art. 2103 cod. civ. è sanzionabile, oltre che con la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno, anche con l’ordine di reintegrazione del lavoratore nel precedente incarico o in altro avente identico contenuto. Se si riconosce che la violazione della norma imperativa contenuta nell’art. 2103 cod. civ. implica la nullità del provvedimento di variazione delle mansioni - ha affermato la Corte - si deve parimenti ammettere la possibilità che al lavoratore sia accordata una tutela piena, mediante l’automatico ripristino della precedente posizione.

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