Oebalus
Associazione Culturale Onlus



Scavi archeologici a Gasto
 
 NON SOLO IMPERATORI
 
Contro lo stereotipo della Capri "principesca", gli scavi di Gasto sembrano riportare alla dimensione reale e quotidiana dell'isola in età romana

         Da un paio di secoli l'archeologia caprese è stata oggetto di interesse da parte di eruditi, storici, antiquari, archeologi dilettanti o meno appassionati del settore tanto che, come affermava il Prof. Alfonso de Franciscis, molto è stato scritto sull'argomento ma, in realtà, ben poco si conosce, dal momento che, al di là delle dispute sull'ubicazione delle fatidiche dodici ville fatte costruire da Tiberio durante il lungo soggiorno caprese, non si è mai approfondito il reale assetto dell'isola nel periodo precedente ed in quello successivo all'arrivo di Augusto a Capri.
        D'altra parte, la cronica e lamentevole mancanza di fondi del Ministero per i Beni Culturali non ha consentito che interventi di manutenzione e diserbo delle aree archeologiche fortunatamente salvatesi dalla frenesia dei primi scavatori e dal progressivo avanzare dell'edilizia privata e, pertanto, bisogna accontentarsi delle descrizioni di "avanzi di fabbriche", che con estrema precisione riporta il Mingazzini nel 1931, per avere un quadro complessivo ma, purtroppo, non esauriente della realtà archeologica di Capri.

Tra polemiche più o meno latenti...
        Il progetto per la costruzione di un impianto di depurazione in località Gasto ha permesso, nonostante le polemiche più o meno latenti, di effettuare uno scavo stratigrafico, utile, quindi, per conoscere le diverse fasi di frequentazione del sito, scavo nel quale sono state riposte grandi speranze che non sono andate completamente deluse.
        Va premesso che sia il Mingazzini sia il Friedländer citavano quest'area per la presenza di due cisterne e di un muro antico; nel 1985, in seguito ad una denuncia, la Soprintendenza di Napoli interveniva per impedire - ma era già troppo tardi - la costruzione di una piattaforma in cemento armato proprio in prossimità di una di queste due cisterne che, parzialmente esplorata, rivelò essere di notevole capacità, misurando ben m. 23,00 di lunghezza. Un secondo intervento fu eseguito nel 1992 in occasione dell'inizio dei lavori per la costruzione del depuratore; si trattò di un intervento breve, in quanto di emergenza, ma che evidenziò, senza ombra di dubbio, il notevole interesse archeologico dell'area che fu posta sotto vincolo.

Un'area di indiscutibile valore archeologico 
        Finalmente, grazie anche ad una provvidenziale disponibilità di fondi, si è dato inizio ad una più ampia campagna di scavi, tuttora in corso, che ha messo in luce una struttura di notevoli dimensioni, della quale restano purtroppo ancora ignote le esatte funzioni: infatti lo spoglio sistematico, fin dai tempi antichi, degli apparati decorativi e dei materiali edilizi riutilizzabili, nonché, in tempi recenti, le distruzioni praticate dalle ruspe hanno risparmiato solo le fondazioni che disegnano ambienti più o meno ampi sul cui utilizzo si possono, al momento, fare solo ipotesi. Un dato certo è che sull'area si sono succeduti, a distanza di pochi anni, due edifici con orientamento diverso, databili uno ad età augustea e l'altro ad età tiberiana: sarebbe a questo punto, scontato interpretare le strutture come pertinenti ad una delle famose ville "augusto-tiberiane" ma, mettendo da parte facili suggestioni, vi si può riconoscere un complesso non meno interessante di una residenza imperiale.

L'edificio d'età augustea
        Dell'edificio più antico restano la pars rustica con strutture adibite alla lavorazione di prodotti agricoli quali olio e vino ed un ambiente che si presenta alquanto isolato perché pertinente ad un quartiere residenziale e, pertanto, volutamente staccato dalla zona rustica: d'altra parte, non doveva mancare un'area abitativa provvista anche di un certo decoro come dimostrerebbero le tessere di mosaico e qualche lastrina di marmo rinvenute in fosse di scarico.
        Queste ultime rappresentano elementi preziosi per la datazione della prima fase: scavate per estrarre la pozzolana che forma lo strato naturale, furono colmate, al momento della costruzione del secondo edificio, con materiali edilizi provenienti dalla distruzione del precedente impianto e frammenti ceramici databili tra la metà del I secolo a.C. e la metà del I d.C.

L'edificio d'età tiberiana
        Fenomeni naturali, come il distacco di massi dalla prospiciente parete rocciosa, o la necessità di ampliamento e ristrutturazione determinarono la costruzione di un secondo edificio che si andò a sovrapporre al primo, cambiandone, come già detto, anche l'orientamento.
        Questo secondo impianto è di notevole ampiezza: l'area esplorata è di 210 mq. ma le strutture proseguono oltre i limiti dello scavo, verso ovest e verso sud, mentre ad est dovrebbero andare a ricongiungersi alla grande cisterna. Sul lato nord, dove pure lo scavo è stato parziale, sono state messe in luce delle strutture relative alla pars rustica con un pozzetto di decantazione, un silos ed una piccola cella vinaria formata da un certo numero di anfore interrate. Separati da quest'area forse a giardino, sono degli ambienti che potrebbero essere relativi al quartiere residenziale: purtroppo la mancanza dei piani di calpestio, dei vani di passaggio e le zone sventrate dalle ruspe rendono realmente arduo qualsiasi tentativo di interpretazione; anche quello che sembrava un elemento certo, il portico messo in luce ma non completamente scavato nel 1992, deve essere letto in maniera diversa: la presenza di un secondo "portico" pressoché simmetrico ma separato dal primo da un muro di spina che sorreggeva il tetto spiovente sui pilastri; la posizione stessa non particolarmente panoramica, infine, la presenza del muro di un ambiente che certamente chiudeva la visuale fanno escludere l'ipotesi che si tratti di un'area destinata ai momenti di relax. 
        Elemento costante, che in qualche modo rappresenta anche una guida nello scavo, è una canaletta con copertura di tegole che corre lungo tutto il margine nord dell'edificio e che, ad est, dovrebbe andare a ricongiungersi alla grande cisterna dalla quale attingeva acqua per l'irrigazione di un'area coltivata, situata però oltre i limiti di scavo.
        Resta ora da chiarire la funzione di questo complesso. Una prima ipotesi che si può avanzare è che si tratti di una villa rustica, sul tipo di quelle così diffuse in territorio vesuviano, con un'area destinata alla coltivazione ed alla conservazione dei prodotti agricoli; un'area più o meno vasta ma di un certo lusso per il dominus che generalmente vi veniva in periodi di vacanza; un quartiere servile frequentato tutto l'anno dai servi addetti alle lavorazioni e dal liberto al quale era affidata la conduzione e la sorveglianza della proprietà.

Dimora dei liberti procuratores?
        Su questa ipotesi, lavorando di fantasia, ma forse non tanto, il pensiero corre ai liberti procuratores che in nome dell'imperatore, quando Capri sotto Augusto divenne dominio imperiale, curavano la proprietà dell'imperatore, coltivando quei piccolo appezzamenti di terreno che la natura rocciosa dell'isola rendeva disponibili.
        Ed allora, svelato un altro aspetto di Capri: non quello sensazionale delle dimore principesche, ma quello vero della vita quotidiana che non fa Storia, ma ha il valore dell'immediatezza e del senso reale della vita.  

Roberta Belli
 
(Consulente scientifico presso lo scavo di Gasto a cura della Sovrintendenza Archeologica delle Province di Napoli e Caserta. Ringraziamo la direttrice dello scavo, dott. Maria Rosaria Pulinas Stazio, per la disponibilità grazie alla quale ci è stato possibile informare su un'interessante operazione archeologica tuttora in atto.)



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