Schiavi e rinnegati
fra Barberia e Levante
Dott. Giuliana Boccadamo
Ricercatrice - Università "Federico
II" di Napoli
La
relazione prenderà in considerazione il problema dei cittadini
capresi caduti come schiavi in mano dei musulmani.
Oltre alla presentazione delle principali
fonti che permettono una quantificazione dei Capresi schiavi (numerazione
dei fuochi; liste degli schiavi consegnate ai "Redentori"; registri contabili
della Santa Casa della Redenzione dei Cattivi, istituzione napoletana
deputata al riscatto degli schiavi; registri consolari; processi del Sant'Ufficio),
il discorso si concentrerà intorno a due particolari "storie di
vita" messe a confronto: la cattura ed il ritorno in patria di Luca d'Angelo
di Capri; la carriera di un rinnegato in cerca di fortuna: Amato "di Capra".
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Coralline Capresi
nel Maghreb
Dr. Carla Capece Minutolo
Orientalista
Con
l'editto di Re Roberto d'Angiò nel 1332-1333 la pesca del corallo
a Capri fu proibita senza il permesso del re.
Nel 1371 ai monaci certosini del Monastero
di San Giacomo fu concessa dalla Regina Giovanna I la riscossione della
decima sul pescato e i Capresi rivolsero la loro attenzione alle coste
del Nord-Africa, dove le citta più importanti per la pesca del
corallo erano Marsà al-Kharaz, Ceuta, Tènés e Bona.
Innumerevoli editti si susseguirono nei
secoli fino alla stesura nel 1790 del Codice Corallino borbonico.
Le fonti orientali e le fonti arabe evidenziano
i disparati usi del corallo e la sua importanza nella religione e nella
tradizione.
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