BENVENUTI NELLA PAGINA DI LADYCAT

Qui dimorano i miei pensieri, i miei sogni, le mie poesie...

LadyCat

"Shoot for the moon; even if you miss it, you'll end up among the stars."

"Non si desidera ciò che è facile ottenere." (Ovidio)
"There are two means of refuge from the miseries of life: music and cats." (Albert Schweitzer)
        IN VOLO                                        DI UN SOGNO

	E' tuo il sogno abbagliante di                 Ed è magia.    
	queste foglie tra le nuvole,                   E' un'arpa fiorita
	questo mare di luce sospesa,                   ogni tuo gesto scritto
	queste onde scolpite nel cuore:                che reca al mio giardino
	è tuo e a te ritorna, anima fragile,           il tuo sospiro immaginato
	nel sussurro musicale del vento,               ed il mio sorriso proibito.
	con voli misteriosi di gabbiani                
	che cercano la terra dove il mondo             E' un fiume questa pietra
	muore e nasce in silenzio, ogni giorno,        che ci separa e ci unisce
	senza conoscerne il folle incantesimo.         in una distesa di luce,
	Con quelle ali possediamo la vita              colma di note parlate
	e ne tocchiamo la crudele bellezza,            e di pensieri inascoltati.
	seguendo l'unico sogno della notte:            
	uno sguardo in fuga verso le stelle,           E di questo sogno
	un pensiero che volge al tramonto              io amo ogni tua tela
	per ritrovarci amanti, in quei colori,         e canto all'acqua delle foglie
	con emozioni senza inizio, senza fine.         la mia fiaba segreta.

        TU, ANIMA                                      OCCHI SCURI

        Mio amore,                                     Occhi scuri ancora ignoti
        mio sospiro,                                   in questo giovane giardino:
        mia veglia,                                    occhi mai visti e mille volte
        mio desiderio!                                 sognati, desiderati, amati.
                                                       Occhi, arcobaleno di un uomo
        Regalami ogni tuo sguardo                      che vedo ormai in ogni cosa,
        come fossi argento e luna,                     che a ogni cosa dà colore
        accarezza ogni mia parola                      e fa di ogni minuto memoria,
        come fossi amante e melodia!                   gioia estrema, dolce dolore,
                                                       follia e libertà, amore e vita.
        Nell'eternità di un istante                    Trascorro le mie ore cercando
        tutto diverrà nostro                           occhi scuri, amando i loro sogni,
        e il mondo vivrà in noi                        desiderandoli vivi e veri,
        le sue notti di fuoco.                         volendoli, dolci, nel mio cuore.
                                                       E presto il tempo ruberà
        UN GABBIANO                                    questi occhi scuri ai sogni
                                                       rendendoli reali, grandi, forti:
        Un gabbiano                                    osserveranno il mio giardino,
        vola in cielo.                                 coltiveranno ogni emozione,
        Presto le nuvole                               spezzeranno le ali della paura
        lo copriranno,                                 e con sensuali fiori di ghiaccio
        e rimarrà solo                                 mi culleranno e nel loro sguardo
        il rumore delle onde.                          incontrerò me stessa, nuda nel sole.
        
        PRIMAVERA                                      LXXXI SONETTO D'AMORE PER MATILDE URRUTIA (Pablo Neruda)
        
        Fiori sconvolti                                Ormai sei mia. Riposa col tuo sonno nel mio sonno.
        dal vento azzurro.                             Amore, dolori, affanni, ora devono dormire.
        Petali insonni                                 Gira la notte sulle sue ruote invisibili
        su steli incandescenti.                        e presso me sei pura come l'ambra addormentata.
        Foreste impazzite                              Nessuna più, amore, dormirà coi miei sogni.
        su rami intrecciati.                           Andrai, andremo insieme per le acque del tempo.
        Cascate di fuoco                               Nessuna viaggerà per l'ombra con me,
        nei fiumi ribollenti.                          solo tu, sempre viva, sempre sole, sempre luna.
        Dolce, folle primavera!                        Già le tue mani aprirono i pugni delicati
        Affonda le radici                              e lasciarono cadere dolci segni senza rotta,
        nel nostro oceano selvaggio                    i tuoi occhi si chiusero come due ali grige,
        e sarai unica, foriera                         mentr'io seguo l'acqua che porti e che mi porta:
        di un'estate senza fine.                       la notte, il mondo, il vento dipanano il loro destino,
                                                       e senza te ormai non sono che il tuo sogno.

REALE COME UN SOGNO - per Henry
Ancora non si accorge che sogna. Non lo sa, perche' sono cosi' freddi e duri questi gradini di marmo, ed e' cosi' accecante il loro tono di grigio, e cosi' intensi quei solchi che li scavano, cosi' profonde quelle ombre nella gia' fioca luce della sera estiva, che tutto e' reale ed ella lo vive ora, inconsapevole dei suoi occhi chiusi e dei pensieri che dipingono a tinte luminose, nella sua fantasia, panorami inevitabili di un futuro bizzarro. Ancora non sa che quella brezza sulla pelle, quei brividi colmi di un'incomprensibile malinconia, quel preludio della notte che avanza non sono reali, perche' e' tutto cosi' immediato, cosi' avvolgente e grandioso che lo stupore allontana sempre piu' la consapevolezza del sonno. Non ha inizio questo sogno, perche' tutto gia' avvenne in quei dialoghi intrecciati durante quel mese fugace; attimi rubati alla paura, gioia che pervase ogni frase, speranza gettata in un abisso di vorticose luci pensando ad uno sguardo sconosciuto ma cosi' simile - in ogni parola, in ogni sospiro inespresso - ad un re senza patria, senza scettro, ma con fiori ed alberi e prati che solo lei avrebbe potuto ammirare nel suo terreno incolto. Cosi' simile alla promessa di ruscelli e musica e steli d'erba che avrebbero ripreso i colori dell'alba per tuffarli nel cuore di questo re senza sudditi, colmandolo di doni inaspettati. Il sogno trascina lei ed i suoi passi sui gradini; una mano invisibile la solleva verso il ponte ampio e misterioso e la posa sul terreno, che e' freddo e antico come il suo dolore, mentre nasce, all'improvviso, una gioia che non vuole ancora librarsi dalla sua anima per timore che tutto svanisca per sempre. Alberi ed acqua intorno a lei, non piu' sola su un ponte antico in questa sera d'estate; acqua e fronde che stordiscono i suoi pensieri e la cullano in un tramonto dove solo la dolcezza ha dimora, dove la felicita' diviene cristallina, pura, palpitante. Non piu' sola mentre il re senza destriero ne' mantello ne' ori le sfiora i capelli, per fermare il tempo - un istante infinito - in quel gesto, in quella carezza che inizio' molto prima, che si rinnovo' ogni giorno, per un mese, lasciandogli nelle mani stelle che ammorbidivano, ogni giorno, per un mese, il cuore stanco ed inviolato. Ancora non sa che sogna, la fanciulla dal sorriso di stelle, non sa che tutto questo e' forse un'illusione dettata dai suoi desideri, non sa che il sogno e la vita stanno per fondersi ad un passo dai suoi occhi, non sa che questo sogno comincio' silente e senza turbarla, per diventare poi ruscello, fiume, corrente impetuosa cui nessuno puo' opporsi e resistere. Ancora non crede, la fanciulla che voleva fuggire, che questo non e' piu' il suo sogno: non lo e' mai stato, perche' solo ora le appartiene, attraverso le mani che cercano le stelle fra i suoi capelli e sul suo viso, attraverso le dita che disegnano incerte i contorni del suo profilo e del suo collo per coglierne l'essenza cosi' nuova ma gia' nota. Le sfugge questo sogno, si allontana e ritorna piu' volte mentre i pensieri la spingono ad abbracciare la realta': ma non c'e' realta' piu' fisica ed eterea, piu' intensa e delicata, piu' fragile e piu' forte di questo sogno, non c'e' via di scampo per chi non puo' nascondere le ali. Dorme la fanciulla che ebbe la morte nel cuore, dorme e sogna e non sa di sognare perche' sa che il reale e' diventato sogno, sa che le ali sono dispiegate per il volo, il grande volo oltre i confini dell'anima per conoscere terre meravigliose incurante dei pericoli. Dorme con il cuore che vuole trattenere i battiti, dorme e non sa che sono un sogno quelle braccia dolci e prudenti, quegli occhi che le tolgono ogni petalo di vita, quelle labbra che non appaiono piu' cosi' lontane, cosi' improbabili. Ha i colori della gioia questo abbraccio che ebbe inizio un mese prima, ma non ha ancora nome questo palpito d'ali, e' ancora un sogno e teme il mondo, non puo' che vivere con la notte e illuminarla di speranza. E non esistono questi baci, sono figli della luna e si perdono in fiori infiniti che appartengono solo ai due amanti: hanno il sapore della mestizia naufragata nella corrente impetuosa di un uomo e di una donna che stanno incontrando le propaggini del sogno per immergersi nella vita e nel sole. Solo lui, solo lei, solo l'attesa, null'altro esiste in questo sogno. "Tu sai chi sono", dicono i loro occhi. Dorme la fanciulla, non e' piu' sola sul ponte antico e stringe un re, il suo re, e mentre la magia, in quel dolce abbraccio, la rende principessa, chiude gli occhi per sognare e li apre alla luce del giorno nascente dove, finalmente, la realta' ha trovato un nome: Amore.
Il Sogno di Matisse per Henry
BAROLO E BRICIOLE - per Mr King
E' il suo modo di amarla. Da quando si sono conosciuti, i loro momenti insieme - pur radi - sono scanditi da risate e sorrisi. Lei e' sorpresa. Nessuno l'ha mai amata in questo modo. Con quale linguaggio mi ami? In quale modo cerchi di arrivare a me, di toccarmi? A ben pensarci, lui l'ha sempre corteggiata cosi', fin dal primo istante. "Non dirmi che anche oggi sei stanca!". Lei aveva sorriso e, dopo uno scambio di battute, ecco arrivare un "Mi sei troppo simpatica!". Non era affatto sorpresa... si divertiva con lui e sentiva che lui, a sua volta, stava bene con lei, provava una sorta di completezza ogni volta che innescava quello scambio di battute senza apparente fine. Ma tutto questo era l'inizio. Quante risate ho vissuto con te in questi mesi? Vorrei contarle, vorrei stringerle tutte a me per capire come e' evoluto questo rapporto cosi' insolito e profondo, un po' folle, contro ogni regola. Ma era l'inizio, appunto, ed ora siedono nel ristorante di un albergo in montagna: e' sera, hanno camminato tutto il giorno, lei e' distrutta ma felice. Che fame! Mangerei anche il tavolo! Dev'essere quest'atmosfera cosi' calda, stranamente sensuale, che si crea sapendo che fuori e' freddo, piove, la notte avanza e invece qui, con lui, tutto e' cosi' pieno di luce, di gioia e di amore. Quanto e' lontano il mondo adesso? O forse il mio mondo e' qui, ora? Ti prego, aiutami a fermare questo momento: e' troppo bello nella sua intensa semplicita'! Ecco, la scelta del vino. Lui non ne capisce quasi nulla, pero' apprezza la buona tavola e ama imparare, e' nato curioso, e' la sua natura. Lei si diverte molto a scorrere la carta dei vini cercando quelli che ama di piu'. Si diverte a descrivere le caratteristiche dei vini a lui, che ascolta e fa battute, ed ecco che ricomincia il gioco (ma c'e' mai una fine? no, esistono solo piccoli intervalli!). "Si, ma il vino e' buono anche bevuto in modo rustico...", dice lui con aria di finta sufficienza, lui che adora i "piatti ignoranti"; ma il suo sopracciglio si inarca in un accenno di sorriso, come aspettando il sorriso di lei, perche' sa che lei, tra poco, ridera' di certo alle sue parole. E, infatti, ride. Sei un selvaggio, non capisci che il cibo e il vino sono migliori se li degusti e li centellini? Ride di nuovo, la faccia di lui e' troppo buffa; in questo momento lo bacerebbe solo per il gusto di interrompere l'atmosfera di serena euforia con la piccola, dolce emozione di un istante. Per il gusto di vedere gli occhi di lui che si socchiudono, per sentire le sue mani calde che le accarezzano le dita e il viso. Il calore di lui, dei suoi scherzi e delle sue mani, mentre fuori e' cosi' freddo! Che bello questo momento, quante ore durera' questa serata? Ora ti bacio. Lo bacia e mentre lo bacia sorride, perche' stare con lui significa gioia, quella gioia cosi' pura che si prova raramente nella vita. Gioia e liberta' di essere se stessa, nuda nelle sue risate, nelle sue parole, nei suoi gesti. Lui pensa la stessa cosa, la sente nel suo cuore e infatti... "Mi piaci", dice lui. Sapevo che l'avresti detto! Lo vedevo nel tuo sguardo... e ora reclini un po' la testa, gli occhi si spalancano dolcemente e annuisci, parlando ai tuoi pensieri, piu' che a me, con quel "Mmh!" che ho imparato a comprendere ed amare in questi mesi, in tutte le sfumature che riesci ad inventare per me. E' cosi' che mi ami? E' questo il tuo modo di abbracciarmi? Sono tua in questi momenti, lo sai anche tu, piu' tua che in una stanza, sotto le lenzuola, mentre fuori piove. Non potrei essere piu' tua di cosi', questa intimità di sorrisi e' qualcosa che solo tu, solo io, conosciamo. Perche' solo con te posso ridere cosi'... con nessun altro sarebbe mai possibile questo gioco. E' il nostro gioco? E' il nostro amore? Ci siamo noi in queste battute, lo sai e lo so. Quante parole non dette! E quante parole immaginate! E quante ripetute a me, mentre mi guardi, ma senza pronunciarle! E' il tuo modo di amare, lo so. Arriva il vino. E' lei, naturalmente, a degustare. Lui la guarda e un po' sorride, alla ricerca della battuta con cui rallegrarla. Che buono questo Barolo! Lui le versa subito il vino. Ma no! Mai riempire il bicchiere cosi'! Come posso degustarlo ora? E farti notare l'unghia, gli archetti, il bouquet? Lui sorride e si versa del vino. La guarda mentre lei lo prepara, facendolo roteare lievemente nel calice. Che bouquet fantastico! All'assaggio e' ancor meglio... Provalo! Lui prende il calice e prova a imitare i giochini di lei, ma si sente cosi' buffo... lo beve, a sorsi, senza centellinare. Non imparerai mai... Perche' non vuoi provare? E lui ride. E lei ride. Lui le prende la mano, gliela stringe dolcemente. "Ti voglio bene", dice la mano di lui. Ed e' cosi' calda, perche' le mie sono fredde? Tienila un po' nelle tue, scaldami con questo gesto dolcissimo, voglio ridere e sorridere con te tutta la sera. Lui le racconta tante cose, le storie del suo passato, i momenti divertenti della sua vita. Lei sente, nelle parole allegre di lui, un miscuglio di euforia e mestizia, perche' questa e' forse la prima volta che racconta queste cose in questo modo, con questo grande bisogno, questa voglia di riderne e di riviverle con lei. Lei ride, ride molto questa sera. Tu sei proprio un poco matto, lo sai? Come avrei voluto essere con te mentre vivevi questi momenti buffi... ma sai che mi sembra di vederti? Posso vederti e sentirti. Lui racconta queste storie buffe e ride prima di descrivere un momento particolarmente divertente. Lei e' felice perche' lui e' cosi' bello mentre ride, e' cosi' bello mentre e' sereno e allegro. In quale modo mi ami ora? Attraverso questa serena gioia? Attraverso sensazioni quasi sconosciute nel tuo passato? Mi ami attraverso il sorriso che riesci a suscitare in me? Ora tocca a lei parlare. Lui la guarda e osserva il suo sorriso, la vede radiosa, forse vorrebbe stringerla e riempirla di baci lievi, per non turbarne la bellezza. Ecco, la sta baciando davvero. Com'e' che lo sentivo? Hai quegli occhi particolari quando stai per baciarmi... dolci, socchiusi, protettivi, sognanti. Le tue labbra sanno di Barolo... ma sai che vorrei ridere anche ora, mentre mi baci? Si' che lo sai, vuoi ridere anche tu! Lui la guarda, appoggia il suo naso a quello di lei perche' sa che lei ridera'. Che c'e' di tanto buffo in quel gesto? Nulla, forse, ma c'e' lui in quel gesto, e lui e' gioia pura per lei. E quella gioia e' cosi' meravigliosa, cosi' intensa, cosi' unica, che lei cerca di fermarla in un sorriso, ogni volta. Com'e' che senti ogni mio pensiero? Com'e' che io leggo ogni tua emozione nelle tue variegate assenze di parole? Com'e' che ci amiamo ridendo e dicendo cose buffe e raccontandoci aneddoti per regalarci reciprocamente l'ennesimo sorriso? Com'e' che ora, mentre ci raccontiamo queste storie del nostro passato, le riviviamo e sappiamo che ogni cosa, stando insieme, rinasce con colori nuovi? E come sappiamo che il buio del passato non puo' tornare? Lui racconta, ride ancora, e gioca con l'etichetta del Barolo. Non farlo, sei proprio un po' selvaggio! Lei gli prende la mano e gliela posa sul tavolo. Lui riprende il suo racconto ed il gioco prosegue con le sue mani che ammucchiano le briciole, mentre lei segue quel gesto con sguardo scherzosamente severo e cercando la mano di lui, piena di briciole. Ti amo anche attraverso questi gesti che sono solo tuoi e mi dicono molto piu' di quel che immagini su di te... come sei nudo, in questo momento, ai miei occhi! La tua trascorsa solitudine si manifesta anche in questi gesti... Eri solo quando giocavi con le briciole nei tuoi anni passati: non hai mai giocato con un'altra mano, coinvolgendola nel tuo rituale, come fai ora con la mia. Non potresti essere piu' mio di cosi', nemmeno in una stanza, sotto le lenzuola, mentre fuori piove. Ti sorprende un po' la mia mano mentre interrompe i tuoi gesti, mentre disturba il tuo gioco, ti sorprende e ti fa sorridere. E si aggiunge una nuova fase al gioco: ora per dispetto prendi il bicchiere e lo percorri tutto con le dita; sai che fra breve tornero' a spostare la tua mano, lo sai e ridi mentre il tuo sguardo in tralice mi spia e cerca di stuzzicare il mio sorriso. E' delizioso questo Barolo! Lui le versa il vino, lei sorride. Dimmi che mi vuoi bene! "Una cosa moderata", dice lui, e lei ride nuovamente. Lui berrebbe ogni goccia del sorriso di questa ragazza che gli ha scompigliato il cuore, che ha portato una primavera di sogni nella sua anima. Continuano a sorseggiare il vino e ormai sono giunti alla seconda portata. Bistecca del pastore con patatine fritte, pietanza "rustica" e allegra come questa serata. Lui le serve le patatine nel piatto. La ama anche con questi gesti, forse vorrebbe nutrire il cuore di lei con tutte quelle patatine... Basta, quante me ne stai dando? Prendine un po' anche tu! Ride lei, ride lui, questa serata non finira' mai. Lei sussurra nel suo orecchio, invitandolo a ricomporsi per un momento, perche' gli altri clienti del ristorante li stanno osservando. Ti rendi conto che stiamo ridendo ad alta voce? E che tutti ci guardano quando mi baci? Ma non mi importa... lo senti il sapore della felicita'? Io lo sento in questo piatto di patatine, in questo calice di Barolo che accompagna ogni mio sorriso, in quelle briciole che hai ricominciato a raccogliere fra le tue dita. Non riusciro' mai a mangiare tutte queste patatine... La cena e' quasi terminata, ma solo perche' i piatti sono vuoti e la bottiglia di Barolo puo' regalare un unico, ultimo sorso, in attesa del caffe'. Pero' lui non prende il caffe' dopo cena, non lo prende mai. Lei invece lo ordina, adora l'aroma del caffe' dopo una cena cosi' ricca di emozioni e sorrisi. "E se prendessimo un bicchierino di liquore?", suggerisce lui. Eccoli quindi intenti a sorseggiare il liquore al mirtillo. In questo momento sguardi intensi e colmi di affetto hanno sostituito le risate di poco fa, mentre la serata si arricchisce di nuove emozioni ed i loro pensieri si sono fatti più dolci, più suadenti, nella consapevolezza che domani, nel primo mattino, si sveglieranno sorridendo e si uniranno in un abbraccio, sotto le lenzuola, mentre fuori piove. E non potranno mai appartenersi piu' di cosi'.
VanGogh Chagall
BACI - per E.G. NTUPLO
... E baci ti raggiungono ogni volta che il mio sguardo incontra i tuoi occhi, baci ti raggiungono ogni volta che le tue carezze riscaldano il mio cuore, baci ti raggiungono ogni volta che respiri al mio fianco nella notte d'argento, baci ti raggiungono ogni volta che io sono tua, nel silenzio assordante della mia mente, baci ti raggiungono ogni volta che la tua voce diviene musica nei miei pensieri, baci ti raggiungono ogni volta che mi avvolge il tuo amore ed io lo fermo, rapita, perché sempre, con lievi baci sul cuore, mi hai cercata e cullata. Baci, i tuoi baci: la mia pelle è intessuta nei tuoi baci e tua è ora la mia anima.
Hayez - Il Bacio
MAGIA DI UN'ALBA - per Mr Muon
Amerò il mio corpo attraverso le tue mani ed i tuoi baci. Sarò tua, tua come non sono mai appartenuta a nessun altro nella mia vita. Tua perché è attraverso te che voglio amare i miei occhi, le mie labbra, le mie mani, la mia pelle, ogni parte di me. Sarò tua perché è solo così che potrò amarmi fino alle stelle, amarmi come non mi sono mai amata nella mia vita. Sarò tua e vivrò ogni sensazione che fino ad ora non ho mai conosciuto, sarò tua nell'abbandonarmi ad ogni sospiro, ti apparterrò e apparterrò a me stessa, totalmente, fino ad incontrare tutte le mie emozioni e tutti i miei sogni segreti. E sarò finalmente libera di volare: non solo più pensieri e cuore, non solo più amore, non solo più sogni, ma libera nelle carezze che scioglieranno l'incantesimo malvagio e antico della paura. Raggiungimi, tu che sei così simile alla mia anima, raggiungimi nei miei sogni e colora il mio desiderio con la tua dolcezza, la tua passione celata, la tua gioia che non sarà più prigioniera delle lacrime mai piante e silenziose. Dipingi le mie notti di folle musica, vola nel mio cuore e sulla mia pelle: in questa magica e incomprensibile alchimia saremo, inesorabilmente, lontani da questo universo, persi nelle galassie che in ogni nuovo giorno, in ogni nuovo sogno, sapremo creare. Vivrò in te, attraverso te, e tu avrai la luce dei miei occhi nel tuo cuore e sulle tue labbra: ci ameremo nella notte e vivremo nel sole.
bacio...
LA LEGGENDA DEL RE TUFFATORE - per Mr Tale
Scese la sera. E, come ogni sera, il Re senza patria ne' scettro ne' sudditi si sedette sulla pietra levigata dal vento, cullato dalla musica del mare, che cantava i suoi incomprensi- bili segreti attraverso le onde frangentisi sulla roccia, sotto la rupe dell'Acropoli. Ulivi, steli d'erba e canne d'oro infuocate dal tramonto circondavano il Re pensatore, il Re che ogni sera, quando il giorno moriva, si sedeva su quella roccia nuda per viaggiare, conoscere mondi nuovi ed inesplorati, carpire la celata bellezza della vita, spiccando voli magici e senza apparente meta ne' ritorno con le ali della sua fantasia. Ed ogni sera senti- va sorgere in lui una struggente malinconia guardando quei colori abbaglianti, quelle ombre lunghe e bizzarre degli ulivi che sembravano rincorrersi sui prati sotto il pettine dispettoso del vento, ascoltando le voci assordanti delle cicale e i richiami dei gabbiani che atterravano fra i ribollenti flutti sotto la rupe. Egli sentiva quel mondo meraviglioso dentro di se', desiderava esserne parte gioiosa e voleva comprenderlo per fondersi completamente, inesorabilmente e felicemente con la luce della vita. Quella luce che era in lui, nascosta ma cosi' viva da torturarne il cuore con i potenti raggi, quella luce che nessuno scorgeva perche' solo gli occhi di un'anima gentile e sensibile come la sua avrebbero potuto sentirne il calore. E nel suo cuore il Re tesseva fiabe fantastiche, cercava lo Strumento che l'avrebbe avvicinato all'Amore, vera ed unica divinita' di quel mondo incantato. L'Amore era nelle fronde degli ulivi, nel cielo tinto di rosso e di oro, nelle canzoni degli insetti notturni, nel mare che ruggiva sotto la rupe, nelle nubi che correvano veloci sopra l'Acropoli creando paesaggi e figure incessantemente - quasi un mondo parallelo che volesse spingere la terra ed il mare ad imitarne la potenza creatrice. L'Amore era negli occhi del Re silenzioso e triste, di quel Re che desiderava un regno in cui l'Amore e la Conoscenza avrebbero dimorato per sempre. La Conoscenza del mondo, la possibilita' di comprendere l'essenza della vita, di cospargere le proprie giornate dei suoi incredibili profumi, delle sue estatiche immagini, dei suoi colori emozionanti, delle sue note avvolgenti e traboccanti d'Amore. L'Amore e la Conoscenza per arrivare a Dio, per trovare Dio in se', per trovare se' stesso in ogni foglia, in ogni roccia, in ogni rivo d'acqua, in quella rupe sotto cui muggiva il mare, ogni sera sempre piu' invitante, ogni sera sempre piu' forte e spumeggiante, ogni sera sempre piu' vicino e desiderabile. Il Re viaggiava ogni sera, al tramonto, attraverso lidi sconosciuti e sentieri perigliosi senza alcun timore, viaggiava verso l'Amore e la Conoscenza e attraverso la sua immaginazione cercava di possedere i segreti della vita. Ed ogni sera sentiva il fragore delle onde sotto la rupe, ogni sera sognava e volava mentre i suoi occhi, limpidi e chiusi agli esseri umani senza sogni, tradivano l'invidia per il sole che si tuffava all'orizzonte in quella distesa d'acqua magnifica e immensa, rovesciando la sua tela di colori cangianti nello specchio piu' lucente del Creato. In fondo a quel rosso orizzonte erano l'Amore e la Conoscenza, oltre i confini di questo piccolo mondo, in un universo dove il cuore del Re avrebbe trovato la pace e dove il suo spirito avrebbe volato per sempre, nella gioia. In quell'uni- verso il Re silenzioso e incompreso dai suoi simili avrebbe trovato il suo Strumento, avrebbe potuto cantare e scrivere fiabe e correre su mille rupi invitando altri cuori a sognare all'inizio di ogni nuovo giorno, salutando il sole dall'Acropoli della vita. E fu quella sera che le onde, il mare, i gabbiani, il sale portato dal vento, chiamarono a gran voce il Re sognatore. Era una sera di luce, una sera di canti di uccelli infiniti, una sera di nubi affrescate di grigio e rosa sopra il sole morente. Il giovane Re silenzioso e triste si alzo' dal suo giaciglio di pietra, cammino' fra le cicale e gli steli d'erba verso la sommita' della rupe. E guardo'. E lancio' i suoi occhi assetati verso quella distesa che mai, nella sua immaginazione, era stata cosi' bella e selvaggia. E fu allora che vide. L'Amore e la Conoscenza, nell'ombra che l'ulivo in cima alla rupe rifletteva sulla superficie del mare. E l'ombra parve allungarsi, fuggire verso l'orizzonte, verso il sole che si tuffava nello spettacolo piu' bello dell'universo. L'ombra dell'ulivo improvviso' una danza sotto gli occhi stupefatti del Re, e mentre danzava si allontanava sempre piu' verso i confini di questo mondo senza sogni. E all'orizzonte si eresse al di sopra del sole, al di sopra del mare, al di sopra di tutti i gabbiani per diventare Donna, mentre le fronde dell'ulivo si scioglievano in lunghi capelli mossi dalla brezza marina. "L'Amore e la Conoscenza sono sempre stati nel tuo cuore, mio Re", disse la Donna dalla pelle candida, le cui braccia erano ricoperte di foglie d'ulivo. "Tu sai vedere le meraviglie del Creato e ne hai rinchiusi i dolci sapori nella tua anima, serbandoli dai predatori di sogni e di ali. Ma queste meraviglie non possono vivere nel profondo del tuo cuore, mio Re. Il tuo regno e' l'Amore, il tuo scettro e' la Conoscenza, ma non hai sudditi cui raccontare tutte le tue fiabe fantastiche e cui indicare la via verso la vita. Perche' non c'e' vita senza la condivisione dei sogni con un'anima bella e pura come la tua. I tuoi sogni non sono nulla senza che qualcuno possa ascoltarli volando con te. Il tuo Strumento e' il tuo cuore. Donalo e abbandona la malinconia che hai in te, donalo e le tue stagioni si riempiranno di canzoni, donalo e avrai tutte le piu' dolci essenze della vita. Perche' senza il tuo cuore non sei nulla, i tuoi sogni non vivrebbero senza di te. L'Amore e' dono, e' desiderio di esplorare un'altra anima e di cullarla baciandone il cuore. Quell'anima ti permettera' di conoscere il vero Amore, un amore che irradia il mondo con la sua luce e ti fa vivere ogni giorno senza piu' bruciare i tuoi sogni in solitudine. Avvicinati, anima pura e raminga, anima malinconica e solitaria, avvicinati e dona la tua poesia. E il tuo universo sara' fatto di luce, per sempre.". Il Re scorse gli ulivi e le canzoni negli occhi della Donna. Senti' la dolcezza del mare pervaderlo e attrarlo verso il bordo della rupe. La Donna liberò due lacrime piene di stelle e disse: "Io so chi sei, mio Re poeta. E amo tutti i tuoi fiori, che nessun altro puo' vedere. E ti regalo il sole che ho in me, il sole che hai invidiato ogni sera, che hai visto nelle foglie dei miei rami ad ogni tramonto. Questo sole e' il mio cuore. Ti ho atteso per anni e tu mi hai amata per anni, osservando i miei tramonti, ma senza vedermi realmente, perche' il tuo cuore era cieco e sofferente. Ho ascoltato i tuoi sogni e ti ho amato in ogni fiaba che inventavi per me di fronte alla notte che avanzava. E non posso piu' vivere senza i tuoi sogni.". Cadde la spada del Re sul terreno. Scivolarono le sue vesti fra gli steli d'erba. Il Re sognatore, nudo e scalzo, senti' la terra soffice sotto di se', sul bordo della rupe. Poi vide il sole rosso all'orizzonte. Un ultimo, piccolo spicchio e sarebbe scomparso nel mare. Vide la Donna riempirsi di luce e allontanarsi seguendo il sole oltre i confini del vecchio mondo. Uno sguardo verso la citta' che si assopiva sotto l'Acropoli. Uno sguardo verso le onde. Ed il suo tuffo si dipinse nella luce di quel magico tramonto, mentre i gabbiani volteggiavano cantando alla vita.
Affresco Greco - Tomba del Tuffatore
METAMORFOSI
Non posso raccontare ciò che sei stato. Non posso dedicarti una poesia, non posso scrivere un racconto che parli di te. Non posso pensarti sotto forma di parole su un foglio bianco, perché non ci sono più parole per noi. E non ho più lacrime per piangerti, per piangere questo amore che muore e continua a morire e a rubarmi petali di anima ogni volta che ti manifesti nei miei pensieri. Ma ho ancora le mie emozioni per viverti, ho ancora gli occhi della memoria per celebrare i nostri anni insieme. E le nostre emozioni chiedono di rivivere ancora - ma non sarà l'ultima volta, non ci sarà fine a questo scherzo del cuore. Tu sei, tu sarai, per sempre, dentro di me. E' lì che potrò soffrire, è lì che potrò continuare ad amarti in modo diverso, senza amarti più, è lì che potrò farti morire ogni volta che diventerai insopportabile nella memoria, è lì che potrò ritrovarti ogni volta che non potrò evitare di cercarti, è lì che ti seppellirò insieme a tutta la gioia, a tutti i dolori, a tutte le angosce di questi anni. E' lì che ti riesumerò perché non potrai fare a meno di vivere in me, non potrai fare a meno di urlare in me, non potrò evitare i tuoi rimproveri, è lì che cercherò di nuovo il tuo abbraccio protettivo, il tuo sguardo d'amore senza confini. E' lì che tu continuerai a conoscermi come nessun altro ha mai fatto, è lì che vedrai sempre, nitidamente, ogni mio difetto, ogni mio sogno, ogni mia ingenuità. E' lì che continuerai a sorriderne con tenerezza, come facevi in passato. E' lì che continuerai a tendermi la tua mano, è lì che vorrai ancora aiutarmi, è lì che io, testarda, rifiuterò il tuo aiuto per sbagliare, ancora, come in passato. E' lì che io sentirò, viva, la tua voce che tenterà di indicarmi la strada: io, sempre ragazza dolce e sognante e delicata, sempre giovane compagna da proteggere da ogni pericolo e ogni lacrima della vita, sempre pura e allegra e fragile, sempre meravigliosa e sempre unica, sempre così preziosa ai tuoi occhi. Tu solo mi hai conosciuta così, mi hai vista crescere e cambiare: ragazza che sogna, diviene donna e poi piange i suoi sogni. Hai avuto i miei giovani anni. Hai avuto le mie illusioni, le mie promesse, le mie speranze, la mia passione, i miei primi rimpianti, i miei stupori, i miei primi momenti di rabbia, le mie paure, le mie prime liti. Hai avuto i miei progetti. Hai avuto la mia anima. Hai avuto la mia fatica. Hai avuto le mie canzoni. Ma sarò nuovamente amata. Apparterrò ad un altro cuore. Mi accarezzeranno altre mani. Amerò di nuovo. Riderò di nuovo. Piangerò di nuovo. Sfumeranno le trascorse lacrime. Sfumeranno molti ricordi. Si accentueranno quei dettagli impressi così indelebil- mente nella memoria delle emozioni. E non sarò mai più la tua compagna. Non voglio, non posso più essere l'altra metà del tuo cielo, l'altra parte della tua anima: l'Amore ha già bussato alla mia porta ed ho risposto, e il sole e la luna sono tornati nel mio cielo, forse più splendenti che mai, forse più dolorosi che mai, forse più vivi che mai, forse ora è Amore come non è mai stato prima. Ma è negli angoli più profondi del mio cuore che io sono, io sarò, per sempre - in quell'unico modo che conosciamo e solo a questi nostri anni appartiene - tua. E lì continuerò a respingerti ogni volta che avrò timore di appoggiarmi a te nei ricordi, io, da te viziata attraverso queste mille àncore d'amore, finché mi accorgerò che ormai esisti solo nelle lacrime del dolore immenso che ti ho dato, io, il tuo "dono più bello". Dono generoso e crudele, dono che ti ha dato vita e morte del cuore, dono che forse non sarà mai così "dono più bello" per nessun altro. Io, tua in tutti gli anni trascorsi, che replicheranno i loro moniti ed i loro sogni negli anni a venire. E, dunque, per sempre, attraverso gli insegnamenti del passato, tua nel mio rinnovarmi ogni giorno. Addio a ciò che eri, benvenuto a ciò che sarai da ora in poi. Benvenuto, amore che non sei più amore, benvenuto a te che vivrai sotto un'altra forma, nei miei anni futuri, per proteggermi e seguirmi, nel profondo del mio cuore, con nuove parole che solo io potrò udire e comprendere.
Addio (Klimt)
QUESTA E' INVECE UNA BELLISSIMA FIABA... SCRITTA DA UN POETA CHE SA FAR SORRIDERE IL MIO CUORE
LA SIRENA E IL LADRO DI NARCISI
Nell'inverno di un anno imprecisato, ma molto tempo fa, nella colonia greca di Poseidonia, nella Magna Grecia, si verificarono alcuni avvenimenti davvero ragguardevoli. La vita scorreva tranquilla, tra commerci, agricoltura, alleva- mento. La popolazione partecipava alle cerimonie religiose in onore di Cerere e di Nettuno e si riuniva, di tanto in tanto, per deliberare riguardo alle questioni politiche e militari del momento; qualcuno moriva, qualcuno affrescava tombe, altri nascevano. Durante quell'inverno, era il secondo anno dall'Olimpiade di Atlantide, due forestie- ri si presentarono alle porte della citta'. Lui veniva da Roma. Lei ... La sua mascella bombata, i suoi capelli lunghi denotavano una chiara origine barbara (le donne barbare avevano tutte i capelli lunghi, perche’ gli uomini potessero trascinarle piu' facil- mente); la sua prosperosita' poteva far pensare a possibili origini israelite. Veniva dall'Enotria settentrionale, incolta e incivilizzata, da dove era fuggita ad un energumeno etrusco dal vol volto berbero, che viveva nella zona di ***Aquileia, e che la perseguitava senza sosta. Il romano e la barbara si erano conosciuti in uno strano modo, scambiandosi segnali luminosi, che viaggiavano da una torre di avvi- stamento ad un'altra, e conversando cosi' per intere giornate. Lei all'inizio ne rideva un po', e cosi' pure l'energumeno etrusco dal volto berbero, fino a quando, quest'ul- timo, non ricevette una tavoletta di terracotta, da lei inviata, che rappresentava in forma stilizzata due punte di alabarda (nel dialetto barbaro venivano comunemente chiamate "picche"). Tra il romano e la barbara sboccio' l'amore. Dapprima a distanza, in forma di pura luce. Poi sempre piu' reale, come attesta un'iscrizione ritrovata su una Via Consolare di Roma, che nei progetti del Senato avrebbe dovuto congiun- gere l'Urbe con Brundisium... I due giovani vivevano il loro sogno a Poseidonia, ove erano stati ben accolti dalla popolazione, e dove avevano conosciuto un altro barbaro, proveniente da regioni ancora piu' settentrionali, sulla cui attivita' non era lecito indagare, ma che in passato si era dedicato al commercio di materiale ittita e babilonese. E vissero felici e contenti. Fino a quando la barbara si ammalo'. Di un male sconosciuto, che nessuno stregone locale era in grado di comprendere. La giovane era sempre a letto, non riusciva a camminare, e a nulla valevano i vitelli bufalini sacrificati a Cerere. Il barbaro, che era il piu' profondo conoscitore della regione, dopo una delle sue solite levatacce al canto del gallo (il suo gallo risultava spesso afono), consiglio' il giovane di recarsi ad Elea, che distava una giornata di cammino, e di rivolgersi all'uomo piu' saggio di tutta la Magna Grecia, Parmenide (di Elea, per l'appunto). Il giovane lascio' la bar- bara dalla mascella bombata nel suo letto di sofferenza, e si incammino' di buon mat- tino (anche il loro gallo, di tanto in tanto, soffriva alla laringe) per Elea. Arrivo' alle porte della citta' che il sole stava gia' per tramontare, e gli alberi di agrumi erano carichi di frutti (e lui ne approfitto'), e le colline erano piene di ciclamini (e lui ne approfitto') e i pini si levavano maestosi verso il cielo terso (e lui ne sego' un ramo). Gli fu indicata una locanda ove rifocillarsi e trascorrere la notte, e li' gli fu servita una strana bevanda nera, calda, da allungarsi con il latte. Apprese cosi' un uso antichissimo che vigeva in quella citta', e che alcuni facevano addirittura risalire ad Ulisse (che da quelle parti era passato, e vi aveva perso il suo nocchiero, Palinuro): una buona meta' del latte doveva essere versato sulla tavola, come ringraziamento agli dei. Il giovane passo' una notte agitata, col pensiero rivolto alla sua bella barbara dalla mascella bombata, e prego' piu' volte gli dei perche' potessero guarirla. La mattina successiva pioveva, e il gallo della locanda, raffreddato, non canto', e il giovane si sveglio' tardi. Chiese subito del saggio Parmenide, e gli fu risposto di recarsi all'agora', che lo avrebbe sicuramente incontrato e riconosciuto. E cosi' fu. Il vecchio era seduto su un capitello (appositamente costruito per lui senza la sottostante colonna), incurante della pioggia, in un atteggiamento di profonda meditazione. Il giovane gli si avvicino': -Don Parmenide, I presume- gli disse, usando inspiegabilmente un idioma celtico con una forte pronuncia latina. -L'Essere e', figliolo- rispose il saggio, improvvisamente riscosso dalle sue medita- zioni. Il giovane gli spiego' nel modo piu' chiaro e conciso possibile il suo problema, e supplico' il filosofo di aiutarlo. -Figliolo- rispose quello - belle parole hai usato, ma il senso lor m'e' duro. Ti chiedo perdono, ma oggi e' una giornata di pioggia, e quando piove, io non riesco proprio a ragionare. Ma non devi angustiarti: ti presentero' a Zenone di Elea, che e' il mio miglior discepolo, e che sapra' senz'altro aiutarti....- E concluse, a mo' di commiato, con un sibillino (non s'era lontani da Cuma, dopo tutto): -L'Essere e', e ricordati, figliolo, di non credere alle balle di chi vorrebbe convincerti che tutto scorre (a parte questa noiosa pioggia)-. Il giovane, un po' deluso, si reco' da Zenone. Costui viveva in una capanna un po' fuori del centro abitato, e si guadagnava da vivere allevando tartarughe e organizzando gare di corsa con il Pie' Veloce. Zenone allargo' le braccia: tutto quello che poteva fare, era sfornare un bel paradosso fresco fresco che dimo- strasse l'assurdita' della premessa iniziale, che cioe' la barbara dalla mascella bombata fosse malata. Forse questo poteva far si' che la giovane guarisse. Un po' scettico (ma non epicureo) il giovane saluto' Zenone e torno' alla locanda. Disperato, si addormento' (mentre la barbara dalla mascella bombata gli stava comunicando con il solito sistema dei segnali luminosi). E fece un sogno. Sogno' un banchetto: c'erano lui e la sua bella barbara, e altre due persone, un vecchio e una giovinetta. Dopo abbondanti libagioni, vino tracannato in anfore a stelo, e pozioni di uno strano e magico liquore alle noci, il vecchio si dichiaro' un seguace di Epicuro. O meglio, predisse che qualche secolo dopo sarebbe esistito un filosofo di nome Epicuro che avrebbe teorizzato lo scambio di coppia. Il giovane cerco' di opporre argomentazioni razionali, forte delle sue pratiche platoniche attestate dall'iscrizione lungo la strada per Brundisium. Gli venne in soccorso la giovinetta, che nel susseguente trambusto, ad un tratto esclamo': Non trovate che in queta casa manchino dei narcisi?-. Il giovane si sveglio' di soprassalto, madido di sudore. Il sudore era del tutto normale: sudare, nonostante fosse inverno, era stato precisamente il motivo per cui il barbaro settentrionale era venuto a vivere a Poseidonia... Ma il sogno poteva essere interpretato come un auspicio. La bella barbara dalla mascella bombata sarebbe guarita al solo profumo dei narcisi! Sissignore, anzi, si Zeus, il giovane si sarebbe rivolto l'indomani ad un augure, perche' esaminasse per lui le viscere di un uccello. Lui stesso avrebbe potuto farlo, ma nell'Urbe vigeva la moda di trattare piu' che altro viscere d'agnello, e poi di mangiar- sele, come ringraziamento agli dei. Al canto del gallo, e dopo che l'oste gli ebbe irro- rato ancora la tavola di latte, il giovane trovo' sulla finestra della sua stanza un pic- cione. Era un auspicio! Si accinse a compiere personalmente l'operazione della lettura delle viscere dell'animale, ma poi non ebbe il coraggio di ucciderlo, e si accontento' di esaminare cio' che quelle stesse viscere avevano prodotto, sul davanzale. Tale prodot- to era di forma oblunga, e la punta pareva rivolta in direzione della salita all'acropoli della citta'. Cagatos! Il responso era chiarissimo Quella strada era tutta bordeggiata di narcisi ... Sarebbe bastato estirparne un paio, aspettare che fiorissero, farli annusare alla bella barbara dalla mascella bombata, e la guarigione sarebbe stata pressocche' immediata! Di buon umore il giovane si avvio' verso l’acropoli. Lungo la strada, si fermo' allo spaccio della Casa delle Muse: li' vendevano utensili di seconda mano, spesso di pietra, a prezzi ragionevoli, tutti esposti in bacheche di vetro, che gli artigiani fenici avevano manufatto in cambio di latte di bufala. Compro' una paletta, pagandola con la terracotta di credito. Era una giornata splendida, di quelle che ringalluzzivano come non mai l'intelletto di Parmenide e mettevano le ali ai piedi alle tartarughe di Zenone. Il giovane si inerpico' lungo la strada dell'acropoli e scelse un paio di narcisi giovani, di quelli che pensava potessero offrire meno resistenza. Ma si sbagliava: per quanti sforzi facesse, per quante urla levasse alte nel cielo, per quante impre- cazioni agli dei inviasse, quelle due ridicole piantine resistevano solidamente ancorate al suolo. Ne' ebbe miglior fortuna con altri esemplari. Sembrava esserci un incan- tesimo e, di nuovo, una sola persona poteva aiutarlo: il saggio Parmenide. Il giovane lo trovo', assiso sullo stesso capitello, nell'agora', mentre consumava un frugale pasto. -L'Essere e', figliolo- saluto' quello, senza riconoscerlo. Il giovane gli illustro' rapi- damente il problema; dovette anche ripetergli tutto cio' che gli aveva detto il giorno precedente, perche' la pioggia aveva sciacquato via ogni ricordo dalla mente del vegliardo. Il quale, pero', sollevata la bocca dal fiero pasto, pronuncio' questo discorso, destinato a rimanere per millenni (e non per secoli, si badi) come pietra miliare (e non secolare, si badi) nella storia della filosofia. -L'Essere e', figliolo. Diffida di chi vorrebbe farti credere che tutto scorre, che tutto muta, che tutto evolve. Diffida del fuoco come origine del tutto. C'e' una sola Verita', puoi chiamarla Essere, Ente, Natura, Dio. Non puoi strappare il narciso alla terra, senza che questo alteri l'equilibrio dell'Essere. L'Essere e', e deve continuare ad essere. L'Essere e' tutto, e tutto e' dentro l'Essere. Se uccidi una zanzara, ucciderai anche la rana che stava per mangiarla, e la biscia che stava per mangiare la rana, e il falco che stava per mangiare la biscia. Questo significa uccidere l'Essere. Se non piovesse mai, io ragionerei di piu' (ma mi ci vedi a ragionare sotto la pioggia? Siamo o non siamo nella Magna Grecia?), ma la terra inaridirebbe, e tutti i narcisi secchereb- bero. E se tutti i narcisi seccassero.... beh, figliolo, adesso mi sfugge quale animale si ciba di narcisi, ma qualcuno ci sara' pure (maledetta pioggia ...!) e scomparirebbe.... Non puoi alterare gli equilibri naturali all'interno dell'Essere. E' per questo che il tuo narciso si rifiuta di venir via dalla terra che lo nutre. Questo non significa che tutto e' immobile. Forse l'ho anche detto, qualche volta, ma tu non puoi prendere per oro colato tutto quello che dico! L'importante e' la conservazione dell'equilibrio dell'Essere (pensa se l'Essere fosse inclinato, come sarebbe scomodo passeggiare fino all’acropoli!). Se tu estirpi un narciso, deve esserci un altro narciso che nasce spon- taneamente da qualche altra parte, oppure un animale che si nutre di narcisi (e che proprio non mi ricordo, maledetta pioggia) deve morire, ma deve essere uno, solo uno, e non di piu'! Per estirpare il tuo narciso, devi chiedere il permesso all'Essere, cioe' alla Natura, che pensera' da se' a ristabilire l’equilibrio (equi... equi... non sara' mica il cavallo che mangia narcisi?). Entra nel bosco, entra nella Natura, e chiedile il permesso di cogliere un narciso. Se ti sara' concesso, vedrai che potrai estirparlo senza nessuna difficolta', e la tua barbara dal cranio bombato ...- -Dalla mascella bombata, o saggio Parmenide- -... dalla mascella bombata, certo! ... la tua barbara dalla mascella bombata guarira'- -OK- rispose il giovane precorrendo la storia di duemila anni. Parmenide si addormento' sul capitello un attimo dopo essere entrato nella storia della filosofia. Se a pranzo avesse bevuto un bicchiere di vino in meno, Aristotele gli avrebbe fatto una sega, col suo Primo Motore Immobile ... Ma col senno di poi non si scrive la storia. Il giovane, pensando ai tratti somatici israeliti della sua barbara dalla mascella bombata, penso' di dedicarsi al seno di poi. Ma per far questo era assolutamente necessario che la giovane guarisse, si alzasse dal letto, e magari poi ci ritornasse, ma su altre basi ... Si addentro' percio' nel bosco, calpestando un soffice tappeto di foglie morte, evitando di calpestare i ciclamini. Doveva entrare in contatto con la Natura. Ma come farlo, se lui e la Natura non parlavano la stessa lingua? Provo' col greco antico, che a quei tempi era moderno, ma non ottenne risposta. La soluzione gli si materializzo' davanti: un cane. Era un cane che lui conosceva, sicuramente l'incarnazione di un dio che voleva manifestarglisi. Il suo nome era Gennaro, ma si voltava solo se gli si rivolgeva parola con l’accento di Partenope. Era li', sdraiato sul tappeto di foglie morte in attesa di qualcosa. Il giovane provo' a gettargli un po' di pane, e capi' che quel "qualcosa" era proprio il pane.... -E' sicuramente la manifestazione di Demetra, dea delle messi- concluse soddisfatto tra se'. Finse di non far caso al fatto che Gennaro era maschio, e lo giustifico' genericamente con l'affermazione "L'Essere e'", ove non si specifica esplicitamente se l'Essere sia di sesso maschile o femminile. -Se non conosco il sesso dell'Essere, non posso certo preoccuparmi del sesso di un cane ...!- argomentava sempre piu' convinto. Gennaro parti' al galoppo, pur non essendo un cavallo, e condusse il giovane per intricati sentieri all'interno del bosco. Ad un tratto, dopo ore di cammino, giunsero ad uno specchio d'acqua, una palude. Li' tutti gli animali del bosco si erano dati riunione: zanzare, rane, serpenti, lontre, aironi, anitre, alzavole, mestoloni, galli- nelle, galli afoni e galli dall'ugola d'oro, cani, gatti, lupi, cinghiali, volpi, faine... Gli si fece incontro l'aquila reale, che, essendo reale, era la regina del posto. -Ho chiamato a raccolta tutti i miei sudditi- gli disse -per esaminare la tua richiesta. Qui vige il metodo democratico: voteremo tutti, e se la maggioranza acconsentira', potrai raccogliere il tuo narciso. Pero' ricorda che io sono la regina, e il mio voto conta di piu'. Anzi, e' l'unico voto che conta, piaccia o non piaccia ...- L'aquila reale non pote' proseguire questo nobile discorso, perche' tra i suoi sudditi si scateno' una baraonda. Una rana aveva mangiato con un sol boccone tutte le zanzare li' convenute, violando il reciproco patto di non aggressione sottoscritto prima dell'assemblea. La biscia, arrabbiata come una biscia, aveva mangiato la rana, ed era stata a sua volta divorata dal falco. Il falco non sembrava avere avversari particolarmente pericolosi, ma in un attimo di distrazione, fini' sbranato dal lupo. Il falco pellegrino, per solidarieta' di razza, attacco' il lupo, ma fu intercettato da uno stormo di storni, levatosi in volo da un uliveto li' vicino. Gli ulivi stessi, faticosamente convenuti all'assemblea, ciascuno con i suoi secoli sul tronco, furono fatti oggetto di un fitto bombardamento da parte di una formazione di cormorani, che voleva a tutti i costi che il contenuto delle proprie viscere fosse esaminato, tutto e subito! Impossibile descrivere in dettaglio la catena alimentare che scaturi' dalla baraonda. Il giovane si sforzo' di vederla come manifestazione dell'Essere. Se non altro, dovette render merito a Zenone, quando sulla scena irruppe Achille Pie' Veloce, bianco in volto di paura, inseguito da un esercito di tartarughe... Nel bel mezzo della mischia riapparve il fido Gennaro. Portava tra i denti un narciso appena colto. Si accoccolo' ai piedi del giovane. -O Gennaro- gli chiese il giovane -Sarebbe questo l'essere?- Gennaro annui', convinto. -Ricorda- gli disse, a denti stretti, per non perdere il narciso -L'Essere e', ma l'Amore puo'- e lascio' cadere il fiore ai piedi del giovane. Due giorni dopo, la bella barbara dalla mascella bombata pote' annusare il profumo del narciso. D'incanto si levo' dal letto, corse, dette un bacio al giovane, si tuffo' in mare, e fu trasformata in una sirena. Il giovane le dedico' un tempietto, edificato su un'isola nei pressi di Poseidonia. PS: l'inverno successivo, la sirena dalla mascella bombata provo' maldestramente a fingersi ammalata, cacciando la balla che questa volta aveva bisogno di una pelliccia di lontra per guarire.
La Sirenetta

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