ITINERARIO ETNOANTROPOLOGICO
"I LUOGHI DEL LAVORO CONTADINO"
di Gaetano Belverde
 


 
 
L'itinerario etnoantropologico di Buscemi si articola per l'intero centro urbano, ed insinuandosi, tra le minute vie del quartiere medioevale, le numerose chiese e palazzi settecenteschi, guida ai locali domestici e di lavoro.
I distinti ambienti intrinsecamente originali, testimoniano le condizioni di vita e di lavoro in cui gravitavano le molteplici realtà sociali, rappresentando un singolare modello reale e tangibile della trascorsa "Civiltà contadina Iblea".
Nello stesso sito, con gli stessi oggetti, nella stessa sistemazione di sempre, si suggerisce la funzionale vivacità dell'insieme.
La diversa organizzazione e ampiezza dei due ambienti domestici denuncia la rilevante differenza tra la realtà relativamente agiata del "massaru" e la profonda precarietà del "iurnataru", costretto a vivere del lavoro giornaliero.
Luoghi di lavoro per eccellenza "Parmientu" e "Trappitu", impiegavano numerosi operai con competenze specifiche, costituendo un preciso polo di riferimento economico.
Singolare esempio di un frantoio (trappitu) del secolo scorso inserito in un antico luogo di culto bizantino.
Risultano perfettamente visibili delle nicchie votive uno splendido arco a sesto acuto interamente scavato nella viva roccia calcarea iblea cosi’ come un capitello e una struttura sedile deputata presumibilmente alla sistemazione dei fedeli.
Il frantoio strutturalmente completo, e’ rigorosamente originale e funzionante in ogni sua parte.
Uno dei due “dammusi “ antistanti la grotta ospita la macina, la prima delle due imponenti macchine che costituivano il frantoio.
Il mastru di pala gestiva il funzionamento di quest’ultima avvalendosi della collaborazione di alcuni garzoni, e da una bestia da soma per fare girare la macina.
Esso sincronizzava armonicamente la mescita delle olive sulla fonte da parte dei garzoni e conduceva personalmente il mulo.
Il torchio rappresenta la seconda grande infrastruttura del frantoio.
Le grandi viti di legno venivano strette manualmente da una serie di operai sotto il vigile controllo del “mastru di cuonzu”.
La grande pressione pressione esercitata sulla pasta di oliva permetteva di separarne l’olio e l’acqua.
Da buon artigiano, il "Firraru" forgiava gli attrezzi da lavoro dei contadini e fungeva anche da maniscalco ed esperto veterinario, la sua bottega rappresentava un importante centro di incontro per gli uomini.
Ricalcando discretamente quei luoghi che sono stati per secoli al centro dell'attività socio-economica del paese, il vociare delle "chiurme", l'operosità delle genti, le scene di vita del quotidiano passato, appaiono nella memoria, e persino il contatto fisico con i protagonisti risulta possibile.....

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