La stella dei Magi
realtà o fantasia?


(tratto da un articolo di Corrado Lamberti; L'Astronomia, dicembre 1988).

 

Cosa videro in cielo i tre sapienti venuti da Babilonia? In realtà questo non si sa e, forse, non si saprà mai.
In realtà questo non autorizza a considerare la questione come chiusa. Infatti l'interesse degli astronomi per la stella di Betlemme non accenna a declinare e ancora dopo duemila anni continuano a comparire articoli su prestigiose riviste professionali.
Sembra che solo agli astronomi sia rimasta la speranza di poter conferire un senso preciso a questo astro misterioso che invece è quasi sicuramente un'invenzione letteraria, non oggetto celeste ma testimonianza simbolica di una presenza celestiale nel momento in cui nasce Cristo. Del resto, se così non fosse, se cioè davvero un astro non comune si rese visibile, perché Erode, i saggi della sua corte e le genti di Israele non se ne avvidero? E perché solo Matteo ne parla e non gli altri Evangelisti?
A questo punto abbandonamoci anche noi all'illusione che la stella ci fu davvero e chiediamoci che oggetto celeste avrebbe potuto essere; risponderemo accennando alle tante soluzioni fin qui proposte dagli astronomi di ieri e di oggi.

Pare che il primo ad interpretare la stella di Matteo come un oggetto astronomico fu Origene, il teologo alessandrino vissuto nel III secolo. Nel suo Contra Celsus egli sostiene a spada tratta la realtà astronomica dell'evento, che interpreta come la comparsa di una brillante cometa.
Poiché tra quelle periodiche la più vistosa e la più seguita è certamente la cometa di Halley, viene spontaneo chiedersi se in quegli anni ritornò nei pressi della Terra rendendosi visibile nel cielo della Palestina. In effetti duemila anni or sono la cometa dovette apparire sfolgorante in cielo, tant'è che gli astronomi cinesi la poterono agevolmente seguire per due mesi nel corso dell'anno 12 a.C., prima che si avvicinasse troppo al sole, così da essere obliterata dalla sua luce. A favore della tesi cometaria si potrebbero addurre diversi argomenti, come il fatto che la stella di Matteo compare ai Magi due volte: la prima quando li induce a partire verso la Palestina e poi quando li guida da Gerusalemme verso Betlemme. Questa circostanza potrebbe essere interpretata come la traduzione in termini simbolici della visibilità della cometa dapprima alla sera e poi, dopo il perielio, all'alba con nel mezzo la temporanea sparizione per la congiunzione con il Sole. Per strana coincidenza a Roma si tramandò qualcosa di analogo per una grande cometa che fu vista per parecchi giorni e che pareva "sospesa sopra la città" e questa era sicuramente la Halley perché l'osservazione è sicuramente databile all'anno 12 a.C. Il punto che decide in senso contrario è proprio questa data: se fosse la cometa di Halley quella osservata dai Magi si dovrebbe spostare la nascita di Cristo intorno al 12 a.C., troppo presto a parere unanime di storici e studiosi dei Vangeli; inoltre una cometa così vistosa non sarebbe passata inosservata ad Erode e ai suoi astrologi.
Nei Vangeli ci sono due riferimenti a fatti storici che ci aiutano, non senza qualche ambiguità, a fissare un limite superiore e uno inferiore alla nascita di Cristo. Il primo è il censimento che Luca (2,1) racconta come voluto da Cesare Augusto quando Quirino era governatore della Siria; c'è un'evidente imprecisione nello scritto dell'Evangelista perché Quirino assunse quell'incarico solo nell'anno 6 d.C.; tuttavia è probabile che un censimento ci fu anche sotto Erode il Grande. Questo censimento, che sarebbe all'origine del viaggio di Giuseppe e Maria da Nazareth a Betlemme, potrebbe avere avuto luogo tra l'8 e il 6 a.C. come già sostenne l'apologeta cristiano Tertulliano (II - III sec.) nel suo Adversus Marcionem. Ecco allora il primo limite.
L'altro fatto storico è la morte di Erode che, stando ai Vangeli, deve ritenersi posteriore alla nascita di Cristo. Lo storico Flavio Giuseppe (I sec.) riporta nelle sue Antichità Giudaiche che Erode morì poco dopo un'eclisse di Luna visibile da Gerico e poco prima della Pasqua. L'eclisse viene normalmente identificata in quella del 13 marzo del 4 a.C.
Riepilogando, la nascita di Cristo si deve situare tra l'8 a.C. e la promavera del 4 a.C., con una propensione a favorire le date più antiche (il 7 o il 6 a.C.) quando si ricordi che Erode

"mandò ad uccidere tutti i maschi che erano in Betlemme e in tutto il suo territorio dall'età di due anni in giù, secondo il tempo del quale si era esattamente informato dai Magi" (Matteo 2,16).

Il tempo è quello della prima apparizione della stella.


Scartata la cometa di Halley, poteva trattarsi di un'altra cometa? Oppure di una brillante nova o addirittura di una supernova come quella che nel 1054 meravigliò gli astronomi cinesi per la sua improvvisa comparsa nella costellazione del Toro?
Ci furono due eventi astronomici inusitati registrati in quel periodo, l'uno nel marzo del 5 a.C. e l'altro nell'aprile del 4 a.C. entrambi riportati in antichi trattati cinesi. Il termine usato per descriverli è però ambiguo e può essere interpretato sia nel senso di "cometa senza coda" così come di "nuova stella"; i più tendono a considerare l'oggetto del 5 a.C. (nel Capricorno) come una cometa con una piccola coda e quello del 4 a.C. (in Aquila) come una nova. In ogni caso resta la considerazione che gli astrologi della corte di Erode avrebbero dovuto osservare anch'essi l'uno e l'altro evento. C'è infine da tener conto che una nova o una cometa, non dovevano essere di per sé fenomeni astronomici di assoluta e straordinaria novità per chi, come gli astrologi d'Oriente, era avvezzo ad osservare il cielo e custodiva le osservazioni tramandate nei secoli precedenti; anche ammettendo che il fulgore di quell'astro fu inusitato, resta pur sempre da chiedersi perché i Magi si misero in cammino su una rotta ben definita che li portò a Gerusalemme.
C'è da pensare che per il portento celeste cui avevano assistito si offriva una ben precisa chiave di lettura in senso astrologico che in qualche modo lo legava a Gerusalemme o agli Ebrei.
Allora, nel tentativo di identificare la stella di Matteo si dovrà tener presente tutto quanto ricordato finora, e cioè:

a) che essa non apparì eccezionale alla gente comune (che, anzi, la ignorò) ma che si rivelò tale ai Magi, probabilmente per via del significato astrologico che poteva esserle attribuito;

b) che la sua osservazione fu particolarmente significativa all'epoca dell'opposizione al Sole, poiché si ha motivo di sospettare un vizio di traduzione nella frase

"Noi abbiamo visto la sua stella in Oriente" (Matteo 2,2):

pare invece che il riferimento "in Oriente" voglia significare il sorgere di prima sera quando il Sole si è appena coricato dall'altra parte della volta celeste;

c) che la stella si mostrò una prima volta, scomparve e poi ricomparve.


Tracciato l'identikit, veniamo finalmente a rivelare qual è il fenomeno astronomico che oggi si ritiene il più probabile candidato a risolvere l'enigma e cioè la tripla congiunzione Giove-Saturno che ebbe luogo nel corso dell'anno 7 a.C. La congiunzione di due pianeti è quella situazione in cui essi appaionoassai vicini in cielo.

 

Congiunzione Giove-Saturno del 7 a.C.
La congiunzione tra Giove e Saturno nei Pesci il 15 settembre del 7 a.C. (clicca sull'immagine per i dettagli).

 

In quell'anno in due pianeti, per effetto del loro moto e di quello della Terra, si trovarono a passare l'uno nei pressi dell'altro per ben tre volte, alla distanza di circa 1°. Un grado è un angolo molto piccolo, in generale, ma non in cielo: due puntini luminosi distanti il doppio del diametro della Luna piena non rappresentano di per sé niente di spettacolare. Ma allora cosa colpì i Magi?
La risposta l'ha già data più di tre secoli fa il grande Keplero, che si occupò con passione della stella dei Magi e che pubblicò le sue conclusioni del suo lavoro nel De anno natali Christi.
Keplero aveva potuto assistere nell'ottobre del 1604, alla comparsa in cielo di una nuova brillantissima stella: era una supernova, l'ultima osservata ad occhio nudo prima della recente SN 1987A. Fu un evento eccezionale, al quale il Nostro dedicò addirittura un trattatello; così eccezionale da fargli pensare che probabilmente fu proprio la comparsa di una nuova stella il fenomeno celeste tramandato da Matteo. Nei mesi precedenti Keplero aveva seguito con interesse l'avvicinamento stretto di Giove con Saturno che avveniva tra le stelle dei Pesci e in seguito cercò di sviluppare dei calcoli sulla ripetibilità del fenomeno, trovando che le congiunzioni Giove-Saturno avvengono all'incirca ogni 20 anni, ma nella costellazione dei Pesci avvengono solo una volta ogni 805 anni. Ora, andando indietro nel tempo per due volte questo periodo si giungeva all'anno 7 a.C., una ben curiosa coincidenza: forse che la comparsa di una nuova stella viene sempre annunciata da una congiunzione tra i due pianeti più lontani? Su questo ovviamente Keplero sbagliava, perché i fenomeni sono del tutto scorrelati e indipendenti. Ma era un'altra la questione che lo affascinava, ed è quella che anche a noi interessa. In un'opera del XIV secolo di commento ai testi biblici, Keplero aveva trovato un accenno al significato astrologico che i popoli medio-orientali attribuivano a Giove, a Saturno e alla cotellazione dei Pesci. In particolare, Giove veniva riguardato come simbolo di regalità e di giustizia e Saturno come "la stella dei giusti"; i Pesci, segno d'acqua, erano associati a Mosé, il liberatore "tratto dalle acque", il Mosè che davanti al Faraone muta l'acqua del fiume in sangue, che con una verga trasforma le acque amare in dolci e disseta il suo popolo, che divide la acque del Mar Rosso.
Evidentemente un evento così raro come una congiunzione di Giove e Saturno nei Pesci non poteva essere interpretata dagli astrologi d'Oriente come un segno che un nuovo re di giustizia, un grande profeta, forse il Messia, stava per nascere in Israele.

Questa vecchia tesi kepleriana è stata riesumata e rivitalizzata una decina di anni fa da un astronomo inglese, David Hughes. Egli non si accontenta di individuare l'evento (la congiunzione tripla), ma addirittura si sforza di determinare la vera data da nascita di Cristo. Nella sua ricostruzione, i Magi avrebbero previsto in anticipo le tre date del massimo avvicinamento di Giove e Saturno, cioè il 27 maggio, il 6 ottobre e il 1° dicembre del 7 a.C. Avrebbero anche previsto il tempo dell'opposizione al Sole e dunque del sorgere dei due pianeti subito dopo il tramonto, e l'avrebbero interpretato come la data di nascita del nuovo Messia. Cadendo questo tempo intorno alla metà di settembre, essi avrebbero intrapreso il viaggio nell'estate a avrebbero raggiunto Gerusalemme forse ai primi di novembre. Interrogati da Erode, potrebbero avere rivelato oltre alla possibile data di nascita anche il fatto che i due pianeti erano vicini già nella primavera precedente. Da qui la decisione di Erode di mettere a morte tutti i bimbi nel territorio di Betlemme.
I Magi avevano lasciato Gerusalemme già a metà novembre dopo aver osservato che Giove aveva raggiunto il giorno 11 il suo punto stazionario. Il che provoca in loro soddisfazione, come Matteo (2,10) riporta:


"Ed essi, veduta [di nuovo] la stella si rallegrarono di grandissima gioia".


L'adorazione del bimbo sarebbe allora dei primi di dicembre.
Come spesso succede, quando il caso sembra prossimo all'epilogo il detective si lascia prendere la mano e non si accorge delle forzature che introduce. Hughes, ad esempio, chiude il suo libro con l'annuncio che Cristo nacque la sera di martedì 15 settembre del 7 a.C. in perfetto accordo con la data del sorgere di Giove in contemporanea al tramonto del Sole. In realtà non ha alcun senso dire che questa coincidenza deve essere rispettata; per quale motivo?
In realtà però, la tesi di Hughes (e di Keplero) ha una certa credibilità, anche perché recentemente sono stati ritrovati due antichi ritrovamenti babilonesi in cui sono riportate effemeridi relative all'evento della congiunzione Giove-Saturno. Segno questo del fatto che l'evento era stato previsto e si accordava ad esso una notevole importanza.
In conclusione si può dire che all'indagine relativa alla stella dei Magi non si può ancora mettere la parola fine. In futiro potranno emergere altre prove archeologiche che potrebbero avvalorare le ipotesi già esistenti, oppure potranno smontarle del tutto.

 


NOTA.
Il nome Betlemme è ovviamente di origine ebraica. Esso è composto dalle lettere Beth e Lamèd. Beth ha come significato CASA e Lamèd prende il significato principale di MAESTRO. Betlemme significherebbe pertanto "LA CASA DEL MAESTRO". É interessante notare come la città di nascita di Cristo abbia un nome con un tale significato.


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