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BRUNO ALLER
ALDO BERTOLINI
MARISA FACCHINETTI
"IN MOVIMENTO"
testi di
Mario Lunetta
Galleria "Arte e Pensieri" Roma 8 - 29 settembre 2005
Bruno Aller - 2005
"Poiesis Klee" matite e pigmenti su tela - 150X175
Controrappresentazioni per allegoria
Interviene a questo punto la disputa del pittore con la pittura.
Emilio Villa
Mi vado sempre più convincendo del fatto che il lavoro estetico più interessante dei nostri anni, forse il solo interessante, sia quello linguisticamente più radicale, capace di trasformare l'interrogazione in interrogatorio che chiede conto di tutto e non offre alibi. L'unico gioco che conosca è quello della responsabilità, nel quale è immediatamente coinvolto insieme all'artista anche il fruitore, in una complicità paritetica fondata su un'omologa, complementare volontà di giudizio. La responsabilità comporta necessariamente una lacerazione, dal momento che i linguaggi estetici sono intrisi di storia e non sono costumi di scena né abiti per sfilate di moda, ma corpi "in progress" in cui passano l'economia, la politica, la morale e tutte le alienazioni connesse alla mutilazione materiale e mentale prodotta dallo stato di cose presente, per dirla ancora una volta con il fastidioso zio di Treviri. La fatica perché questo avvenga implica per chiunque faccia lavoro di linguaggio creativo il rifiuto di ogni pittoresco e di ogni affidamento al mito. Il mito obnubila, non chiarisce: e non è un caso che l'odierna, graveolente e lugubre Industria Della Coscienza ne esalti "religiosamente" le prerogative eterne proprio per negare la storia come contraddizione implacata. E' una strategia di oscurantismo mercantile che vale per tutti i comparti espressivi, dalle arti visive alla letteratura alla musica al cinema etc. Già nel 1929 Walter Benjamin aveva individuato il virus, quando sul foglio letterario della "Frankfurter Zeitung" parlava con una smorfia di disgusto di "quella mescolanza d'impressionismo e di simbolica che è il segno distintivo del pennivendolo". E il suo amico Brecht, impegnato con spietata lucidità a costruire un'estetica dell'utile, scriveva nel 1930 che "un'arte nuova dovrà pur dire a che cosa serve e indicare gli scopi per cui vuoi essere impiegata. Ed è sperabile che non si permetterà a un pittore di dipingere quadri solo perché la gente li guardi commossa sgranando gli occhi". Entrambi toccano seccamente il punto: l'arte come risultato sociale, i linguaggi estetici come risultato di un rapporto col mondo che contiene in sé, lo voglia o no, il proprio ineliminabile tasso politico.
I tre membri del gruppo "I Diagonali" (Bruno Aller, Aldo Bertolini, Marisa Facchinetti) hanno di tutto ciò una pertinente coscienza e operano di conseguenza, in un rapporto con il linguaggio che potremmo chiamare di immersione critica, senza cautele, circospezio-ni o reticenze. Sono un trio di esploratori alla ricerca non di una terra promessa, ma di una terra possibile, un luogo da costruire magari servendosi di mappe obsolete dalla Cartografia Ufficiale, da rileggere e reinterpretare alla luce dell'oggi, mentre su tutto si stende il sudario profumato della Forma Unica, senza spigoli e senza spine. Questo, alla fine, è il collante che tiene in tiro la loro diversità stilistica e l'originalità dei loro profili.
Bruno Aller è un costruttore impegnato nella decostruzione di sistemi sintattici il cui ordine primigenio è stato manomesso. L'insieme compatto della visione viene ridotto in frammenti perlopiù ispidi, la cui taglienza non ha nulla di affabile. Tecniche miste e olii trovano nella tela un letto di Procuste in cui il riposo è impossibile, e le loro geometrie improbabili sembrano aver smarrito la chiave di un qualche plausibile incastro. Una pittura fortemente allegorica, quindi: che non riproduce le apparenze del mondo ma ne taglia la carne di cui ormai permangono esclusivamente lacerti rigidi malati di incongruenza, elementi erronei in un contesto erroneo. L'errore fondamentale che dilania la vita nella fase odierna del capitalismo lo dicono, nelle opere di questo giovane, vivacissimo artista, non solo le sue forme salde e insieme inafferrabili (in apparenza leggibilissime ma in realtà enigmatiche come alfabeti perenti) ma perfino i titoli di certi testi. Aller procede per moduli dai colori puri lucidamente profilati. Lo interessano la dialettica degli elementi di timbro accentuatamente geometrico-modulare, i loro spostamenti, la combinazione straniata delle loro posture in contraddizione. L'effetto che ne deriva è di spaesante energia cromatica e al tempo stesso di squilibrante movimento dell'inatteso che si fa perentoria necessità di essere qui essendo altrove. Si respira, in questi testi calibrati eppure violenti (olii, tempere, ossidi, grafite su supporti di varia natura) una sintonia con la grande lezione suprematista: e che un artista dei nostri giorni nel pieno del suo potenziale creativo torni a fare i conti per via di giusta fermezza e di giusto talento con una delle chiavi del moderno meno consumato dalle mode, è davvero un segno di fiera consapevolezza, un'audace indicazione anti-estetizzante.
Aldo Bertolini - 2005
"Che cos'è una città - grafite e acrilici su tela 150X120
La natura di Aldo Bertolini è quella di un indagatore fervido in attesa che lo spazio si apra davanti al crescere delle sue forme, in ascolto della loro lingua sommessa eppure straordinariamente intensa. C'è, specie nei suoi testi degli ultimi anni, una disponibilità inquieta, turbata epperò tenera, discreta, quasi affettuosa a non forzare la misura segreta dei suoi manufatti. Le geometrie ammorbidiscono i loro spigoli, l'incontro e le intersezioni si saldano e si staccano senza traumi nel calore di una luce tenue che avvolge di cromatismi pacati la scacchiera in cui abitano con movimenti sbilenchi i suoi moduli sfaldati. In questa affascinante strategia determinante è il ruolo del colore sentito come gamma, mai come soluzione determinata e univoca. Bertolini prova continuamente - con fiducia paziente - a deconnettere le sue planimetrie (zone cromatiche intense, negazione delle stesse, inserimenti o sovrapposizioni di elementi materiali altri, ex abrupto), in una gestualità fatta di mosse dolcemente catastrofiche. Direi che il suo ani-conismo emana una meta-iconicità a suo modo sacrale. L'ottica di Bertolini è laica in quanto si esaurisce entro la dialettica aperta dei suoi testi, e al tempo stesso contiene una compostezza da altare. I momenti di frattura interni, in queste geometrie apparentemente casual, sono prodotti da un gioco di spostamenti repentini di bande cromatiche rispetto all'assetto centrale dell'opera, o dall'avvento di una porzione di spazio investito dal nero o dalosso. Tra la memoria di Rothko e l'esplicito omaggio alla Croce di Malevic, il percorso d'avanguardia di Bertolini ha la forza di definire una sua dimensione di grande pregnanza materico-compositiva: gestualità, come ha esattamente osservato Luciano Marziano, "calata in una strutturazione che si organizza momento per momento in corso d'opera".
Marisa Facchinetti - 2005
"Quadrocromia" particolare 200X200 - acrilici su tela
Per Marisa Facchinetti si potrebbe parlare di sguardo tàttile, tanto nella sua pittura la mobilità dell'occhio è intrinseca alla sua gestualità ingorda, al punto che la tela non è più solo un supporto ma un luogo in cui l'artista si immerge, dislocandovi l'insieme delle sue mosse come su un tapis roulant di morbida consistenza, di materia molle. Questa pittura si dissemina ma non si disperde: non c'è niente, in essa, che presupponga fascinazioni atmosferiche o vaghezze fantasma-tiche. Direi piuttosto che realizza una fantasia molto corporale, in cui la festa del cromatismo materico si produce in accensioni ballerine, in dislocazioni continue, prossime all'imprendibilità. C'è molto slancio e molta sapienza, negli acrilici, negli smalti, negli ossidi, nelle sabbie di Marisa. C'è un rapporto vivo tra istinto dell'immediato e governo delle forme in moltiplicazione centrifuga. L'informale vi è ridotto a misura reticolare, in un gioco di tasselli, in un affollamento di macchie solide, o magari in una torsione microcosmica che esalta la vitalità dell'artista in qualcosa che rammemora talora un Van Gogh senza angoscia. Poi, in contemporanea. Facchinetti accentua la compostezza del suo rapporto con lo spazio, lo stringe entro zone crude di colore forte (si veda, ad es., Riflessioni in un campo di grano, Elba e Senza titolo, tutti datati 2000): e si avrà la controprova della sua consapevolezza e della sua capacità di manovra entro dimensioni che sembrano di volta in volta dilatarsi o venir meno sotto l'aggressione dell'impatto formale. La materia è davvero componente del sogno, dello sfrenamento mentale, dell'intelligenza sottile e concreta che vuoi vedere se stessa in moto perpetuo. E nel punto d'intersezione mobilissimo di pensiero-materia si produce nell'operare di Marisa -come ha colto con precisione Mario Bologna - "una rappresentazione del fermento interno al reale flagrante quanto il reale stesso".
Mario Lunetta
Accademia Platonica, luglio 05
Galleria "Arte e Pensieri
Via Ostilia, 3/a - 00184 Roma
Inaugurazione 8, settembre 2005 ore 18,00
orario apertura galleria dal mercoledì al Sabato ore 16,00/20,00
tel./fax 06/7002404 cel. 339/7092125 artepensieriroma@libero.it
uff. stampa: i Diagonali E-mail: loita@tiscali.it
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