LA LOGICA QUANTISTICA

 

L’atto di nascita ufficiale della logica quantistica viene fatto coincidere con la pubblicazione del famoso articolo scritto nel 1936 da Garrett Birkhoff e John von Neumann intitolato "The logic of quantum mechanics" (Annals of Mathematics).

L’articolo inizia con la seguente osservazione :

"Uno degli aspetti della teoria quantistica che ha suscitato maggiore attenzione è la novità delle nozioni logiche che essa presuppone [...] Oggetto del presente lavoro è scoprire quali strutture logiche si possono individuare in quelle teorie fisiche che, come la meccanica quantistica, non sono conformi alla logica classica".

Ma perché la teoria quantistica "non è conforme" alla logica classica ?

Per giustificare la loro tesi Birkhoff e von Neumann fanno un’analisi approfondita dei concetti di sistema fisico, stato, osservabile, proprietà e proposizione fisica.

Ogni teoria fisica (e così anche la meccanica classica, l’elettromagnetismo e la meccanica quantistica) si occupa di sistemi fisici, che possono assumere stati diversi e su cui è possibile fare delle osservazioni. In generale, una osservazione si realizza come una misura di una o più grandezze fisiche (osservabili) ...

Secondo chi vi parla comunque, il vero atto di nascita della logica quantistica coincide con la pubblicazione del libro "The Mathematical Foundation of Quantum Machanics", scritto nel 1932 da von Neumann. In questo volume il grande matematico ungherese, oltre dimostrare l’impossibilità di un completamento deterministico della meccanica quantistica (vale a dire che nessuna teoria predittivamente equivalente alla meccanica quantistica può assegnare a tutte le osservabili valori precisi, determinati, anche se non conosciuti), si occupa di un ri-esame del linguaggio con il quale occorre esprimere i concetti legati ai fenomeni quantistici. E’ nell’esame del linguaggio infatti, che è possibile trovare il germe di quella che diventerà a tutti gli effetti la logica quantistica.

Nel focalizzarsi sul problema del linguaggio, von Neumann indica perché è così difficile rispondere alla domanda, "Che cos’è la meccanica quantistica ? ".

Se la meccanica è lo studio del moto, allora la meccanica quantistica è lo studio del moto dei quanti. Ma cosa è realmente un quanto ? E’ "un pezzo di azione", è ...

Il vero problema è che un quanto può essere contemporaneamente un’onda e un corpuscolo (due rappresentazioni opposte di una stessa realtà). Inoltre, anche quando un quanto è simile a un dato microoggetto, non lo è nel senso normale dell’espressione. Una particella subatomica (un quanto) infatti, non è una "cosa specifica"; non ha contemporaneamente velocità, posizione, energia, ...

"Se volete visualizzare un quanto come un puntino allora siete in trappola. Lo state plasmando con la logica classica. Il punto è che non esiste alcuna rappresentazione classica di esso ..."

David Finkelstein

(già direttore della School of Physics del Georgia Institute of Technology).

Una particella subatomica è un insieme di relazioni, uno stato intermedio. Può essere disintegrata, ma dalla disintegrazione possono nascere nuove particelle altrettanto elementari quanto quella originaria.

"Quelli che non sono rimasti scioccati quando si sono imbattuti per la prima volta nella teoria quantistica", disse una volta Niels Bohr (W. Heisenberg, "Physics and Beyond", Harper e Row, 1971), "non possono averla capita".

La teoria quantistica non è particolarmente difficile da spiegare in quanto complicata, ma perché le parole che si hanno a disposizione per comunicare i suoi concetti non sono adatte. Ciò era ben noto ed è stato parecchio discusso dai fondatori della meccanica quantistica.

Max Born, per esempio, scrive (M. Born, "Atomic Physics", Hafner, 1957) :

"L’origine ultima delle difficoltà risiede nel fatto (o nel principio filosofico) che siamo costretti a usare parole del linguaggio comune quando vogliamo descrivere un fenomeno [...] Il linguaggio comune è cresciuto con l’esperienza quotidiana e non potrà mai oltrepassare certi limiti. La fisica classica si è adattata all’uso di concetti di questo tipo. Analizzando i movimenti visibili ha sviluppato due modi di rappresentarli attraverso processi elementari : particelle in movimento e onde. Non esiste altro modo di fornire una descrizione per immagini del movimento, e noi dobbiamo applicarla anche alla sfera dei processi subatomici, dove la fisica classica ci viene meno".

Questo è il punto di vista corrente di gran parte dei fisici : "noi incontriamo i veri problemi nello spiegare i fenomeni subatomici quando cerchiamo di "descriverli", "raffigurarli" ...

Il problema allora è il linguaggio ; il linguaggio da usarsi per descrivere i fenomeni microfisici ...

Il linguaggio che usiamo per comunicare le nostre esperienze quotidiane segue un certo gruppo di regole (la logica classica) e quando cerchiamo di descrivere le "situazioni quantistiche" tramite la logica classica è come se mettessimo dei paraocchi che non solo restringono il nostro campo visuale, ma per giunta lo distorcono ...

Per quanto concerne il problema del linguaggio per la rappresentazione delle "situazioni quantistiche", così si esprime Alberta Rebaglia dell’Università di Milano nell’articolo "Modelli filosofici e interpretazione quantistica" (Epistemologia, XIX 1996) :

"La realtà microfisica diventa così un mistero difficile da esplorare, e comunque non sondabile attraverso modelli fisicamente concreti.

Di fronte a questo carattere costitutivo dei principi quantici, non immediato e tanto sorprendentemente lontano da situazioni fisicamente concepibili, appare inadeguato persino lo strumento linguistico, che pure si conferma l’unico (...) mezzo a nostra disposizione per organizzare in modo coerente uno scenario gnoseologico. E’ questa una preoccupazione già ben presente a Niels Bohr, che così la esprime :

Cos’è ciò da cui noi esseri umani dipendiamo ? Dipendiamo dalle nostre parole. Siamo sospesi al linguaggio. Nostro obiettivo è comunicare esperienze e idee agli altri. Dobbiamo continuamente lottare per estendere lo scopo della nostra descrizione, ma in modo tale che i nostri messaggi non debbano perciò perdere la loro oggettività o il loro carattere non ambiguo.

La sconfortante duplice impossibilità per le nostre strutture di pensiero di comprendere il comportamento microfisico e per i nostri mezzi espressivi di darne un’adeguata descrizione, può trovare una risoluzione (almeno parziale) soltanto nell’uso accorto di SUGGESTIONI ANALOGICHE. E l’aprirsi di un inedito scenario di modelli tratti dai più svariati ambiti estranei alla fisica caratterizza di fatto, accanto al concomitante esaurirsi delle possibilità di modellizzazione scientifica, già le prime fasi di elaborazione teorica quantistica. Proprio Niels Bohr, in particolare, esprime molteplici similitudini e analogie, la maggior parte delle quali rappresenta a tutt’oggi un riferimento e un ausilio specifico nel tentare un’interpretazione fisicamente coerente del formalismo quantistico.

L’assoluta atipicità del comportamento quantistico richiede che l’esercizio dello sforzo analogico venga rivolto sia nella direzione ontologica, consentendo di avanzare ipotesi plausibili e non contraddittorie sulla natura della realtà microfisica, sia in quella metodologica, permettendo di valutare quali strumenti conoscitivi si possano ritenere adeguati per acquisire informazioni corrette su una realtà tanto sfuggente.

Tra i tentativi analogici avanzati da Bohr, uno ha valenza specificamente ontologica. Si tratta del suo riferimento ai due principi basilari dell’antico pensiero cinese : yin e yang, le polarità opposte che, con la loro interazione dinamica, danno origine all’intero diveniente mondo naturale [...] A proposito di questa duplice categoria, durante una visita di Bohr in Cina, nel 1937, quando la sua interpretazione della meccanica quantistica era già stata completamente elaborata, egli fu profondamente colpito dall’antica idea cinese di opposti polari, e da allora conservò un profondo interesse per la cultura orientale. Dieci anni più tardi Bohr fu fatto nobile in riconoscimento dei suoi meriti scientifici ; e quando gli fu chiesto di scegliere un soggetto adatto al sua stemma, la sua scelta cadde sul simbolo cinese del T’ai chi che rappresenta la relazione di complementarità tra gli archetipi opposti yin e yang. Con questa similitudine di influenza orientale Bohr tenta, in effetti, di chiarire, attraverso un’immagine che è possibile visualizzare, i caratteri fondamentali che il formalismo quantistico impone alla realtà microfisica.

Il fenomeno quantistico è dunque la manifestazione di alcune qualità fisiche ben determinate le quali (analogamente ai caratteri yin e yang del cosmo nella tradizione cinese), pur risultando opposte e alternative ad altre qualità non concretamente presenti nell’evento esperito, hanno con esse un legame profondo poiché condividono la natura essenziale, matematicamente descritta nella miscela degli stati sovrapposti.

Altrettanto significative sono le analogie utilizzate da Bohr nell’esplicitare quali processi conoscitivi possono venire esercitati con successo per cogliere questa inedita realtà fenomenica. Effettivamente essenziale è, secondo Bohr, considerare tutti i caratteri che il fenomeno può assumere, senza dimenticare che sua vera essenza è la molteplicità degli aspetti fisicamente opposti, eppure correlati nell’espressione formale della funzione d’onda (come yin e yang sono dinamicamente connessi nel T’ai chi). A questo proposito, un’analogia, in particolare, ha svolto un ruolo assai rilevante nell’organizzare la riflessione concettuale di Bohr, consentendogli di rendere evidente la correlazione esistente tra la necessità di descrivere correttamente il peculiare "fenomeno quantico" e l’altrettanto inderogabile esigenza di utilizzare al meglio le potenzialità di quel linguaggio comune, al quale noi esseri razionali (egli sottolinea) siamo irrimediabilmente sospesi.

Rifacendosi alla testimonianza di Abraham Pais :

Un importante impulso al pensiero giovanile di Bohr -da lui spesso ricordato- fu la teoria delle cosiddette superfici di Riemann di cui venne a conoscenza in un corso universitario di matematica. Brevemente, questa teoria tratta funzioni multivalenti, cioè funzioni che possono assumere uno fra molti valori in uno stesso punto del piano complesso. Le ambiguità risultanti possono essere evitate introducendo "fogli di Riemann", un insieme di piani complessi sovrapposti disposti in modo tale che le funzioni assumano valori unici specificando non solo un punto, ma piuttosto un punto in un dato foglio. Colpì Bohr che questo modo di affrontare le ambiguità poteva essere applicato all’uso di "piani di oggettività" impiegati nella lingua comune in cui spesso una parola può avere molteplici significati ; l’ultima figura che egli schizzò su una lavagna prima di morire rappresentava una curva su una superficie di Riemann.

Come la suggestiva riflessione analogica contribuisce a chiarire, i significati linguistici -i mezzi ai quali è necessario affidarsi per fornire una corretta descrizione della natura- hanno un’essenza non univoca, bensì ambiguamente multivalente. E’ perciò indispensabile considerare ogni significato, attraverso il quale esprimere uno specifico evento fisico, collocando in un ben preciso contesto linguistico, senza imporre unificazioni e omologazioni tra accezioni distinte, che risulterebbero arbitrarie e distruttive di un corretto approccio gnoseologico ...

L’analogia con le strutture di Riemann acquista un valore e un ruolo ancor più evidente qualora la si colleghi all’analogia tra l’essenza dell’oggetto quantistico e il simbolismo cinese dello yin e dello yang"

Il simbolismo dello yin e dello yang è assimilabile a immagini che hanno una radice nel pensiero occidentale e che sembrano a esso sostanzialmente equivalenti, ossia le figure duplicemente ambigue presentate nel secolo scorso dal movimento tedesco di psicologia della GESTALT. Nel contorno che costituisce la figura gestaltica sono infatti contemporaneamente presenti i due significati da essa assunti. La figura di seguito riportata è concretamente, nello stesso momento, la rappresentazione di un vaso e di un profilo umano ...

 

 

 

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