Intervista a Don Javier Giraldo
 
Il gesuita Javier Giraldo, direttore dell’organizzazione Justicia y Paz , è un po' come il fumo negli occhi dei militari, dei paramilitari e in genere di tutti coloro che vogliono che la Colombia continui a essere, insieme, il paese più ingiusto e violento del mondo. Deve probabilmente la sua sopravvivenza alla fama raggiunta, dentro e fuori il paese. E’ stato lui a fondare la locale sezione della Lega per la Difesa dei Diritti e la Liberazione dei Popoli e il Tribunale colombiano contro i Crimini di Lesa Umanità. Ed è ancora lui il riferimento fisso per il tema dei diritti umani delle organizzazioni internazionali, dall’ONU alla Unione Europea, da ogni ambasciata presente a Bogotà ad Amnesty International o America’Watch e qualunque Ong. Nonostante che in questi anni  siano stati ammazzati decine di attivisti che gli lavoravano accanto, Javier Giraldo continua a denunciare il terrorismo e dell’impunità che regnano in Colombia con grande disciplina, senza alcuna presunzione o atteggiamento protagonistico.
D- Che valutazione dà del quadriennio della presidenza di Ernesto Samper?
R-. La sua presidenza è stata segnata dalla corruzione. Quando è stato denunciato il finanziamento mafioso della sua campagna elettorale, Samper non si era ancora insediato a Palacio Nariño. Comunque, lui non ha fatto altro che copiare i suoi predecessori. E’ triste, ma bisogna ammettere che in Colombia la presidenza della Repubblica non è altro che una qualunque merce, che viene comprata da chi ha più soldi. Cioè, dalla fine degli anni Settanta, dai narcos, sicuramente gli uomini più ricchi del paese. Anche in questa squallida vicenda  si può trovare un lato positivo: per la prima volta nella storia colombiana sono finiti sotto processo o in galera degli uomini considerati fino ad ora degli “intoccabili”, come ad esempio, il ministro della difesa Fernando Botero (figlio del noto pittore, Ndr), agli arresti da quasi due anni. Va sottolineato che della perdita di credibilità di Samper hanno approfittato soltanto gli Stati Uniti e l’estrema destra politica e militare. Il governo Washington, che ha costretto il governo Samper a realizzare una politica anti-droga repressiva,  con la fumigazione massiccia delle zone di coltivazione, e la reintroduzione della misura dell’estradizione, che era stata vietata nella Costituzione del 1991. I settori reazionari, invece, arrivando a progettare nell’estate del 1995 un colpo di stato (bloccato dall’ambasciatore statunitense) e soprattutto rafforzando scandalosamente il fenomeno paramilitare.
D- Perchè il paramilitarismo è aumentato tanto in Colombia?
R- Perchè è una scelta strategica del governo. Nel suo discorso d’insediamento Samper promise di combattere le violazioni dei diritti umani nel paese, ad esempio, tipificando finalmente nel codice penale il delitto di sparizione forzata, riformando la giustizia militare e proteggendo l’attività degli organismi umanitari. Nulla di tutto ciò è stato mantenuto. Anzi, il suo quadriennio passerà alla storia come il più violento e repressivo degli ultimi 40 anni e quello che ha avallato scandalosamente il paramilitarismo. Negli anni ottanta, i paramilitari obbedivano prima di tutto ai narcotrafficanti. Adesso, continuano a essere finanziati dai mafiosi, ma agiscono per conto dello Stato. Le autonominate Autodefensas Campesinas de Cordoba e Urabà si sono autonominate, con ragione, in Autodefensas Unidas de Colombia, perchè hanno ormai una presenza su quasi tutto il territorio nazionale, grazie alla complicità sfacciata dell’esercito, ai finanziamenti di buona parte delle classi dominanti e all’appoggio di molti politici come Alvaro Uribe Velez, il governatore di Antiochia (la regione di Medellin, ndr). Fino a poco tempo fa era impensabile, ad esempio,  che il loro capo indiscusso, Carlos Castaño, fosse intervistato quotidianamente dai giornali e dalla TV o ricevesse nella sua principale fattoria, dove si addestrano militarmente i mercenari, personalità importanti del paese, come il candidato presidenziale ed ex ministro della difesa, Horacio Serpa -un uomo considerato progressista. O perfino alcuni vescovi, andati per tentare di salvare alcuni prigionieri o di evitare la realizzazione di massacri annunciati contro alcuni villaggi o comunità considerate di sinistra.
D- Qual’è la funzione specifica del paramilitarismo?
R- Quella di realizzare il lavoro più sporco della lotta anti-sovversiva, cioé lo sterminio degli oppositori non-combattenti. Negli anni Ottanta questo compito era svolto utilizzando talvolta la maschera dei narcos, attribuendo loro la gran parte dei massacri e degli omicidi di matrice politica, o direttamente dall’esercito e dalla polizia. Da quando è aumentata la preoccupazione e il controllo internazionale sulle violazioni dei diritti umani nel paese, da parte delle Nazioni Unite, dell’Organizzazione degli Stati Americani, dei paesi europei e perfino degli Stati Uniti (che da 6 anni hanno, nella loro ambasciata a Bogotà, un funzionario che si occupa di diritti umani, ndr), lo Stato ha avuto la necessità di appaltare la cosidetta “guerra sucia” ai privati, appunto ai paramilitari. Come contropartita politica, lo Stato sta loro concedendo la stessa legittimità concessa alla gueriglia,  che porterà probabilmente a invitare le AUC a partecipare al tavolo dei negoziati di pace, come entità autonoma.  E’ una grande mistificazione perchè i paramilitari sono soprattutto uno strumento clandestino dello Stato.
D-  Qual’è la sua opinione delle elezioni amministrative del 26 ottobre scorso che hanno  iniziato l’epoca elettorale che si concluderà con le elezioni presidenziali della prossima primavera?
R- Come é spesso accaduto in Colombia, queste elezioni hanno prodotto ancora più violenza nel paese. Le minacce sono cominciate, nell’Aprile scorso, quando le AUC hanno fatto sapere di vietare la partecipazione dei candidati di sinistra nelle regioni da loro controllate. Era quasi una ridondanza, visto lo sterminio quasi completato di ogni leader politico progressista. Subito dopo le FARC e l’ELN hanno fatto sapere che non avrebbero permesso la candidatura dei politici, legati al paramilitarismo.  Poi sono passati alla parola d’ordine del boicottaggio. Le modalità di pressione tra i due schieramenti sono stati differenti. I paramilitari uccidevano senza pietà, con la copertura dell’esercito, mentre i guerriglieri, nella stragrande maggioranza dei casi, peferivano sequestrare per qualche giorno i candidati per impaurirli e costringerli a ritirare la loro candidatura. Per mesi, in molte regioni del paese, i candidati giravano con una “24” ore, con biancheria e spazzolino da denti, nel caso fossero costretti a partecipare ai cosidetti “ritiri spirituali” in montagna, nei quali erano costretti a sorbirsi le prediche dei capi-guerriglieri e a promettere di ritirarsi per avere salva la vita. La novità delle elezioni del 26 ottobre è stata “la scheda per la pace”, una specie di appello ai gruppi armati per il rispetto dei diritti umani e per una soluzione pacifica al conflitto. Si deve a questa scheda il notevole aumento dei votanti, soprattutto nelle città. Questa iniziativa, che esprimeva una indubbia volontà di pace del popolo colombiano, è stata strumentalizzata dal governo per contrastare l’invito al boicottaggio della guerriglia. Da parte governativa poi si è sostenuto che l’appello per la pace fosse indirizzato esclusivamente alla guerriglia e ai paramilitari. Alcuni giorni prima del voto, il comandante della Polzia, il generale Rosso Josè Serrano, ha ad esempio invitato tutti i poliziotti a votare simbolicamente per la pace. Come se la polizia non fosse tra i responsabili della violenza nel paese. Tutti i candidati presidenziali stanno usando spregiudicatamente la volontà di pace del popolo. Il liberale Juan Manuel Santos ha, ad esempio, iniziato per proprio conto delle conversazioni  con guerriglia e paramilitari (giudicate una cospirazione da Samper), ottenendo in pochi giorni un aumento delle simpatie elettorali nei sondaggi dall’ 1% al 26%. E’ rivoltante la strumentalità di questi personaggi. Basti ricordare che Juan Manuel, così come Francisco (il promotore della scheda per la pace) appartengono alla famiglia Santos, una delle più potenti del paese, proprietaria de “El Tiempo”, il giornale colombiano più venduto, che ha sempre constratato i dialoghi con la guerriglia e ha sempre appoggiato subdolamente il paramilitarismo.
D- Che possibilità ci sono perchè si arrivi presto alla conclusione del conflitto in atto?
R- Anche come effetto del massiccio voto della pace, c’è un grande ottimismo sull’inizio di trattative di pace con la guerriglia. Io credo che siamo ancora purtroppo lontani dalla fine della guerra, sia di quella armata che di quella “sporca”. Il Comando della Coordinadora Guerrillera ha chiesto recentemente l’elezione  di una nuova Assemblea Costituente, proponendo la discussione di un programma in dieci punti che il potere politico ed economico considera più o meno manifestazioni di follia. Tra le richieste della guerriglia ci sono, ad esempio, una radicale riforma agraria, una gestione nazionalista delle risorse del paese, a cominciare dal petrolio, ed una politica economica, che preveda una spesa sociale pari alla metà dell’intera spesa statale. Credo che in Colombia basti legare la pace alla giustizia sociale, per ridimensionare le speranze di far finire la guerra in atto. Il potere, di una miopia e di un’avarizia che non hanno pari al mondo, è disinteressato a qualunque miglioramento delle condizioni di vita della popolazione.
D- Chi fa da portavoce delle rivendicazioni di trasformazione sociale nel paese?
R- Nessun’altro se non la guerriglia. Per una ragione semplice: ogni organismo di opposizione nel paese - politico, sindacale, umanitario, di base, etnico-  viene scientificamente sterminato. La storia di ogni organizzazione è una storia di sangue e di martiri. Da tempo farsi eleggere nei direttivi di certi sindacati significa prenotarsi funerale e tomba. Prendiamo l’esempio del sindacato delle costruzioni o di quello contadino dell’ANUC. Interi comitati direttivi sono stati falcidiati, senza misericordia, dai killer di stato. I pochi sopravvissuti sono passati alla clandestinità o fuggiti all’estero. Lo stesso accade ai gruppi indigeni, per non parlare degli organismi di difesa dei diritti umani, che continuano a essere massacrati senza misericordia nonostante le promesse di Samper. L’esempio più orribile è però dell’Uniòn Patriotica, un movimento nato nel 1985, come risultato dei dialoghi tra la guerriglia e il governo. Allora vi aderirono molti esponenti comunisti, ma anche parecchi liberali progressisti. Ebbene, adesso la UP non esiste praticamente più. Qualcuno ha il coraggio di attribuire la sua scomparsa agli errori politici. In realtà è stata sterminata. Nei primi 4 anni della sua esistenza, è stato ammazzato un suo esponente ogni 36 ore e, nei periodi elettorali (i più sanguinosi) ogni 26 ore. Dalla sua formazione fino ad oggi, il ritmo del massacro è un po' calato, un morto ogni 53 ore, semplicemente perchè non si sa più chi ammazzare. Chi può continuare a fare politica in queste condizioni?
Lo sterminio è stato giustificato, più o meno esplicitamente, da generali, vari politici e giornali come “El Tiempo” con la tesi che i suoi militanti erano dei guerriglieri camuffati.
Questa realtà agghiacciante della Colombia spiega perchè la guerriglia sia l’unica opposizione organizzata nel paese e chiarisce quanto siano ipocrite, in queste condizioni, le richieste della sua smobilitazione. Dovrebbero abbandonare le armi per farsi massacrare uno dopo l’altro?
Molti osservatori sostengono che la sovversione colombiana abbia  perduto i suoi ideali, e che sia diventata un’organizzazione criminale che cresce soltanto con i guadagni della droga. E’ una tanto lettura falsa e di comodo, da essere rigettata perfino dagli Stati Uniti, in varie dichiarazioni rilasciate dall’ambasciatore Myles Frechette e da alti funzionari del Dipartimento di Stato. La crescita della guerriglia in numero di fronti e di uomini deriva dalla chiusura di qualunque spazio di opposizione legale. E’ così che si spiega anche l’anomalia colombiana rispetto agli altri paesi latinoamericani, dove la guerriglia o è  un fenomeno circoscritto come in Chiapas o ha abbandonato le armi, come nei paesi centroamericani, o è in gravi difficoltà, come in Perù..
D-Secondo la sua analisi non ci sono quindi speranze di miglioramento della situazione?
R- Capisco che il quadro è sconfortante, ma perchè dovremmo far finta che sia diverso? Il problema d’immagine lo lasciamo al governo e ai suoi ambasciatori, che vanno in giro per il mondo a raccontare frottole, scaricando ancora le responsabilità del bagno di sangue sui narcos e assicurando che in Colombia non vengono violati  i diritti umani. Nonostante tutto, all’interno del paese migliaia di persone continuano un lavoro coraggioso di organizzazione sociale e di denuncia, appoggiandosi alla Chiesa e a varie Ong. Justicia y Paz, ad esempio, prosegue un’attività di difesa della vita e di testimonianza della barbarie in atto, ma ha ad esempio chiuso la sua sezione giuridica. Che senso ha lottare nei tribunali contro un sistema giuridico finalizzato a garantire prima di tutto  l’impunità al terrorismo di Stato?  Preferiamo in questo momento aiutare le centinaia di migliaia di persone che fuggono la violenza dei paramilitari, tentando di mantenerli uniti e di farli ritornare nelle terre abbandonate.
L’unica possibilità di miglioramento della situazione sta nell’intervento esterno. Degli organismi come le Nazioni Unite o l’Organizzazione degli Stati Americani, dei governi dei paesi del nord del mondo, come quelli europei o perfino gli USA, che ultimamente si sono dimostrati irritati per le esagerazioni dei militari, da loro istruiti negli anni passati nella lotta anti-sovversiva. Importantissimo è poi il ruolo di organizzazioni come Amnesty International, America’ Watch, Croce Rossa e tutte le Ong. La loro presenza ci fa sentire meno soli e crea ostacoli al terrorismo statale, dei militari e dei paramilitari. Occorre poi che si realizzi un’informazione corretta sulla nostra realtà, che elimini le falsificazioni usate finora, e bisogna che si generalizzi la condanna del genocidio in atto nel paese.  Una forte pressione da parte della comunità internazionale può spingere ad una umanizzazione del conflitto e a negoziati seri, che leghino la pace alla giustizia sociale. In assenza di questi aiuti, non potranno che rafforzarsi le ipotesi militari e aumentare le vittime innocenti della guerra.
 


 
 
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