Falcesoft (1997-1998) presenta: I Grandi Musicisti


Ludvig van Beethoven

Musicista. (Bonn 1770, Vienna 1827)

Nato da famiglia dalle ininterrotte tradizioni musicali, fu avviato dal padre, tenore della Cappella principesca, allo studio del cembalo e del violino. Successivamente ebbe come maestri l'oboista Federico Pfeiffer, Francesco Rovantini, violinista, e Christian Gottlob Neefe, organista di corte, che lo avviò alla tecnica dell'armonia e del contrappunto. Ad appena otto anni riportò un grande successo a Colonia come pianista prodigio, iniziando una lunga carriera di concertista applaudito. Cembalista, e quindi organista alla Cappella di Corte di Bonn, divenne maestro di pianoforte nelle più nobili famiglie della città. Grazie al conte Ferdinando di Waldstein, che lo aveva preso in simpatia in seguito forse alle lodi tributate al giovane musicista da Haydn, che aveva esaminato una sua Cantata, nel 1792 Beethoven si trasferì a Vienna, dove già era stato nel 1787 per eseguirvi un concerto e dove Mozart gli aveva profetizzato un grande avvenire. Qui Beethoven debuttò come compositore, eseguendo in pubblico il suo Concerto in do maggiore. Studiò con Haydn, Albrectsberger, e Salieri, ma la sua personalità era così potente da poter ben presto fare a meno dei maestri. Solo i lavori di Mozart costituirono in seguito il suo studio prediletto. Come organista e maestro di cappella, compositore ed insegnante privato (contava numerosi allievi nella più alta aristocrazia, ai quali verrà ad aggiungersi l'arciduca Rodolfo), aveva avuto una brillante sistemazione economica. Il principe Lichnowski gli passava seicento fiorini l'anno e lo ospitò dal 1794 al 1796 nel proprio palazzo. Quattro mila fiorini l'anno ebbe dal 1809 al 1811 dall'arciduca Rodolfo insieme al principe Lobkowitz ed a Kinsky. Ma l'appoggio e la protezione dei potenti non lo resero mai servo: nonostante la fama e gli onori, fu sempre ribelle ad ogni cortigianeria, e fiero democratico e repubblicano, tanto che quando Napoleone accettò la corona di imperatore egli, che in origine gli aveva dedicato l'Eroica, cancellò rabbiosamente la dedica. Amò Teresa di Brunswick, sorella del conte Francesco alla quale dedicò la canzone Ich denke dein (Io penso a te); amò la contessina Giulietta Guicciardi, che con il suo rifiuto gli ispirò il primo tempo della blanda Sonata quasi una fantasia op. 27, che il poeta Rellstab chiamò del Chiaro di luna. Con il 1815 cominciò il triste periodo che doveva allontanarlo dalla vita mondana ed accentuargli la brusca ritrosia del carattere. Mortogli un fratello, ne prese un figlio con funzioni di tutore, ricevendone solo ingratitudine. Terminato per sempre il periodo del successo e della fortuna, seguì un periodo di ristrettezze economiche. Ai dispiaceri familiari ed economici doveva aggiungersi quello provocato da un male, forse il più terribile per un musicista: la sordità. Ma la sua facoltà creativa non doveva esaurirsi che con la morte. L'elenco delle sue opere comprende ogni genere di composizioni: per teatro, orchestra, camera, singoli strumenti (piano, organo ed arpa), lieder. Pianista sommo, le sue trentadue grandi sonate per pianoforte riproducono i più intensi momenti della sua vita, parlano di gioia e dolore con gli accenti più suggestivi e profondamente toccanti. Anche le sue composizioni pianistiche di genere diverso, i rondò, i minuetti, le fughe, raggiungono un sublime livello artistico. Fra i compositori di musica da camera è senz'alcun dubbio il maggiore. I suoi cinque quartetti (op. 127, 130, 131, 132, 135) sono un modello di purissima espressione musicale. E nelle Sinfonie per grande orchestra mai la musica raggiunse potenza maggiore; le sinfonie sono nove: Prima in do op. 21 del 1799, Seconda in re op. 36 del 1802, Terza in bemolle op. 55 (Eroica), del 1804, Quarta in si bemolle op. 60 del 1806, Quinta in do minore op. 67 del 1808, Sesta in fa (Pastorale) op. 68 del 1808, Settima in la op. 92 del 1812, Ottava in fa op. 93 del 1812, Nona in re min. op. 125, del 1823. Per questa sua anima capace di trattare formidabili problemi, Beethoven non eccelse nei Lieder, che sono invece rappresentazioni leggere di avvenimenti quotidiani. Né riuscì ad elevarsi alle somme altezze delle sinfonie con la musica teatrale. Il balletto Prometeo, le Rovine d'Atene per una commedia di Kotzebue, non sono all'altezza delle altre sue opere, mentre il Fidelio vive solo per la stupenda ouverture. Di meravigliosa bellezza invece le due sue Messe: la Messa in do e la Messa in re, quest'ultima è la più imponente dopo quella di Bach.


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