Giacomo Puccini
(Lucca, 1858 - Bruxelles, 1924)
Discendente di una famiglia di musicisti che per più generazioni si era dedicata all'insegnamento e al genere sacro, ebbe la prima educazione musicale da C. Angeleri, quindi all'istituto Pacini della sua città ed infine, con una borsa di studio della regina Margherita e l'aiuto di uno zio, al conservatorio di Milano nella classe di Bazzini e Ponchielli, dove completò gli studi, distinguendosi al saggio finale con una sinfonia-capriccio. Nato per il teatro, al teatro dedicò la sua attività ed ebbe la prima affermazione con l'opera in un atto Le Villi (1884) poi ampliata in due atti. Seguì l'Edgar che ebbe accoglienza fredda, e dopo pochi anni il grande successo di Manon Lescaut. A breve distanza apparvero: Bohème, la soave e popolarissima opera che affascinò tutti i cuori, Tosca, narrata con potente forza drammatica, Madama Butterfly, il grande poema d'amore e di dolore in una piccola anima, La fanciulla del West, dramma di due cuori in un ambiente semiselvaggio, pur soffuso da soave nostalgia, La Rondine, il trittico (Tabarro, opera passionale, Suor Angelica, lirico-mistica, Gianni Schicchi, comica). L'ultimo lavoro, Turandot, iniziato nel 1921 rimase troncato a metà del terzo atto per la partenza del maestro per Bruxelles, dove sperava trovar guarigione dal terribile morbo che lo aveva colpito alla gola. Turandot fu completata nell'ultimo duetto e nel finale sugli schizzi esistenti, con rispettosa cura da Franco Alfano, e rappresentata alla Scala nel 1926 con splendido esito fra l'intensa commozione del pubblico. Giacomo Puccini fu il principale operista fra lo scorcio del secolo scorso e il principio del presente; come già Verdi, dominò la sua epoca, e il suo genio non conobbe confini. La sua musica, ricca di sana melodia tutta personale, strumentata con raffinata cognizione di tutti i segreti della coloristica sinfonica, tanto nel genere sentimentale quanto nel drammatico e nel comico, sa sviscerare la psiche e interpretare con profonda sincerità i moti dell'anima. Tutto ciò non tolse che il maestro lucchese trovasse, com'è comune e naturale per gli ingegni superiori, acerbi critici e acri denigratori, tanto in Italia quanto all'estero. Ma le critiche più velenose vennero sopraffatte dall'entusiasmo sollevato dal pubblico.