GIANNI GAIARDELLI (1916-1993)
Il diletto dell'arte
Nel
vasto mondo dell'arte si può entrare per i più vari titoli.
Gianni
Gaiardelli, dal suo privato e privilegiato punto di osservazione di albergatore e di uomo
di relazioni, vi è entrato attraverso quello di attente frequentazioni, di solidali
amicizie e di una produzione frutto di grande diletto e, quindi, di intensa verità. I
suoi amici di una vita furono, tra i molti che ebbe, artisti di grande bravura e di
riconosciuta fama: Locatelli, Alebardi, Aloi, Maggioni, Capelli, Masseroni, Baggi, Quarti
Marchiò, Meli, Gaini, Guidotti, Manini, Carbonari, Armati, Grimaldi, Brignoli.
E
l'ultimo, Pietro Servalli, tra i maggiori del nostro secolo a Bergamo, prima che finisse
un po' ricordato e un po' compatito come vegliardo pittore dei mercati di Trescore, ospite
per anni in casa Gaiardelli.
Si
conoscessero ancora i suoi stupendi ritratti di donna degli anni '20 e '30 e tutta la sua
colta pittura di tradizione e di modernità simbolista! Forse a tutti costoro, Gaiardelli
invidiava, più che il talento certamente chiaro e riconoscibile, la possibilità di
dedicarsi a tempo pieno alla stupefacente avventura di trascrivere il mondo per immagini.
Per
sé, ricavava ritagli di tempo e scampoli di tecniche apprese con intuito e curiosità. A
capo di tutto, metteva il disegno. Un disegno indagatore, curioso, selettivo. Ancora oggi
crediamo che in questa sua lirica puntigliosità del segno risieda il suo principale
merito artistico. Dalle caricature di amici o di personaggi noti, alle vedute di scorci
paesaggistici, ai frammenti con dettagli di più ampie
analisi
corre un tratto sottile, sicuro, mai ridondante e mai superfluo. Le linee si intrecciano a
definire un soggetto con il rispetto interiore che a ogni soggetto è dovuto: la chiesa di
Trescore, la Torre, la campagna fiorita, le colline trasparenti di foschie, i cieli
vaganti sopra le case, i centri storici, le piazze e le fontane, gli orizzonti allineati
in un rigo.......Sembra sempre che la prima e più evidente preoccupazione di questo
"viaggiatore del tempo" sia quella di non farsi notare, in favore del risalto e
della pienezza conferiti a quella particolare atmosfera, che la sua anima aveva colto in
quel dato momento.
La
pratica dell'acquarello aggiungeva a questa intenzione artistica il massimo della
leggerezza e della lievità: nella rarefazione dei colori stemperati nell'acqua, si
intravedeva una bonomia e una simpatia, nei confronti del Creato, di intrinseca
religiosità, quale ogni cosa, francescamente, si porta dentro.
La
sensibilità pittorica di Gianni Gaiardelli muoveva, probabilmente, non solo da una
sveglia attenzione nei confronti dei dati visivi della natura ma anche da quelli acustici
e musicali, che si rivelano più nascosti ma altrettanto presenti nelle relazioni tra gli
elementi. I rumori e i silenzi delle stagioni, delle persone, degli oggetti.
Dal
suo pianoforte spesso avevano preso l'avvio amichevoli serate in compagnia di cantanti
lirici, grandi per festeggiare lusinghiere recite al teatro Donizetti, o semplicemente
dilettanti per dare sfogo a una comune passione per il bel canto. Ecco, pare proprio, e di
frequente, che il suo disegno si lasciasse guidare da un andamento melodico, che non
conosceva il procedere nervoso o a strappi, tipico di tanta presuntuosa modernità, ma
inseguiva l'evolvere delicato e persuasivo tipico delle romanze del melodramma italiano, e
con altrettanto rigoroso costrutto.
Quando,
nel ricordo di amici pittori, la sua arte diventava più complessa, nella pittura a olio o
nelle tempere, la solennità pastosa del colore si faceva guida per una ricerca di
immagini di brillante efficacia e di raro ordine mentale. Immagini molto mobili di acque e
di ponti, di fiori e di Venezie, di natura morta e di animali.
La
grandiosa rassegna d'arte, che Trescore promosse nel 1953, lo aveva veduto protagonista
nel comitato organizzatore, insieme al dottor Terzi, a Fermo Campana, Giovanni Somaschini,
Ferdinando Bruschi, Renzo Pavesi, Giulio Masseroni, Oliviero Verdoni, Carlo Cattaneo e
Alberto Meli. Erano stati selezionati centotrentasei pittori e scultori e a molti di
costoro Gaiardelli doveva qualcosa del suo amoroso apprendistato, che gli aveva e gli
avrebbe consentito di operare molto, sino agli ultimi giorni della sua esistenza.
La
dispersione, cui è andata soggetta la sua produzione, ha seguito con tutta evidenza i
medesimi flussi di un procedere per amicizie, per incontri, per regali a vario titolo. Si
potrà in futuro, crediamo, provare a raccogliere segnalazioni, fotografie, memorie e
testimonianze, perché è grazie a questo materiale che un artista consegna alla
posterità una traccia ancora leggibile del proprio lavoro, della propria ricerca.
L'attività
espositiva di Gianni Gaiardelli si è avvalsa, negli anni, di partecipazioni a collettiva
presso la Garitta a Bergamo, di apprezzate, e premiate, presenze al Premio Talpino di
Nembro, di iniziative nell'ambito del Circolo Artistico Bergamasco, di cui fu socio, di
collaborazioni a riviste e giornali, ma soprattutto di quella costante vicinanza con la
gente, che gli faceva schizzare il profilo di un cliente sul retro di una cartelletta di
lavoro. Tutti hanno apprezzato questa sua spontaneità e la sua liberalità, che non di
rado finivano per avvicinare alle problematiche dell'arte anche i più sprovveduti o per
incoraggiare molti giovani pittori.
Era
questo il frutto di un suo sapere artistico, che una volta si definiva da autodidatta,
solo perché ad insegnarlo non era stata la scuola ma la vita. E la cosa più sorprendente
è che Gianni Gaiardelli aveva una consapevolezza umile e grande di tutto ciò. Ce lo ha
trasmesso in una sua semplicissima corrispondenza del 1992 con il caro amico Aldo Cuni
Berzi: "C'è una cosa che vorrei dirti, caro Aldo, ed è che vorrei tu incominciassi
ad amare i pittori "non Grandi" ovvero quelli come il sottoscritto che, pur
rimanendo un piccolo punto del frammento artistico, hanno saputo manifestare una intensa
vita figurativa, e nella misura e nelle forme hanno espresso un ideale di assoluto e di
purezza, ma in parallelo sempre ai grandi ideali.
Cerca
di capirmi.
Non
voglio ribellarmi ai giudizi e alle definizioni e non voglio sfidare le caratteristiche
delle opere dei "Grandi", ma desidero che tu capisca che il "lucido
equilibrio" delle raffigurazioni che io porto sulla tela non hanno incertezze da
comunicare: sono reali e presenti.
Per
concludere, caro Aldo, sappi che il successo e la celebrità molte volte non sono reali!
In 75 anni di vita, e ringraziando Dio di vitalità, ho sempre trasmesso senza
tentennamenti ai miei "capolavori" - concedimi di chiamarli così - non forza
dirompente, ma eleganza e purezza!
Questo
è anche arte!"
Del
resto, i suoi maestri, pur nel piccolo formato di un collezionismo minore e paziente, li
aveva con il tempo raccolti attorno a sé, e chissà se ammirandoli da vicino, ogni
giorno, non si sia anch'egli un poco compiaciuto di averne avvicinato il sentire, quel
sentire estetico che non può non coincidere, comunque e sempre con una approfondita
assunzione dell'intera esistenza, con tutto il suo peso di quotidianità e con tutto
l'entusiasmo di una indispensabile visionarietà,che conduce oltre.
Trescore,
Ottobre 1997
Fernando
Noris
25
Ottobre - 2 Novembre
orario:
feriali 20.30 - 22.30
festivi
10.00 - 12.00; 15.30 - 19.00; 20.30 - 22.30
Collabora
all'evento la Comunità ValCavallina