Il nostro viaggio volge ormai al termine: il gruppo, ancora un poco assonnato, cammina lentamente fra i vicoli del piccolo villaggio che portano verso la riva del fiume Li. Dentro ciascuno di noi scorrono forse le immagini, ancora non rielaborate e interiorizzate, di un mese intensissimo, affascinante, faticoso, a volte esasperante, ma sempre sorprendente: immagini piene di vita, di colore, di gente. Scorrono forse ricordi di incontri fuggevoli ed un poco ripetitivi, di chiacchiere stentate ma mai rifiutate, scambiate con quei pochi fortunati che parlano una qualche lingua occidentale, diventando così per noi involontari portavoce di quel miliardo di esseri umani che vivono in questo sterminato paese.
Mentre il fiume Li si rivela dietro l'ultima svolta, e si vede il barcone che ci aspetta per riportarci a Guilin, concludendo così il nostro viaggio, non posso fare a meno di chiedermi che cosa ho realmente capito di questo paese, e soprattutto di questa gente: pur cercando il contatto con loro, spesso mi sono sentito come isolato in una specie di bozzolo trasparente ma resistentissimo, incapace di capire o di comunicare, e non solo per la insormontabile barriera linguistica; perfino l'espressività universale del linguaggio dei gesti e delle espressioni del viso non è più così certa: e allora un gesto di saluto con la mano diventa un rifiuto, ed un sorriso può essere in Cina un segnale di tensione e preoccupazione.
Altre volte li ho sentiti vicini, tanto simili a noi da considerarmi "a casa" seduto su una panchina in un parco a chiacchierare con gli studenti, a discutere dei pregi e difetti del nostro modo di vivere, a cui molti di loro aspirano incondizionatamente, senza percepirne i rischi e la vuotezza interiore.
Queste due sensazioni opposte si sono alternate di continuo fin dall'inizio del viaggio, e sono solo un esempio dei numerosissimi opposti (yin e yang?), delle incredibili contraddizioni che animano la Cina; si crede di avere finalmente capito qualcosa, ed ecco che un incontro casuale, una scena improvvisa, ci costringe a rimettere in discussione la nostra certezza: il distinto signore di mezza età che porta gli uccellini in gabbietta a prendere aria la mattina presto nel parco, carezzandoli e rimirandoli preso in contemplazione, si incrocia con il pescivendolo di Canton che espone la sua merce sul banchetto insanguinato, e la apre tagliandola con un colpo preciso in modo che il cuore continui a battere a lungo lì, sotto gli occhi degli acquirenti, per dare la sensazione della freschezza del pesce. E ancora il trentenne di oggi, che fotografa allegro la moglie e la bambina sullo sfondo di una statua di Buddha, potrebbe essere stato fra le Guardie Rosse che simili statue hanno imbrattato e distrutto durante la "Rivoluzione Culturale"...Come può questa gente avere soppresso così completamente i ricordi e le emozioni che sono esplose a Tiananmen nel 1989 (per citare solo uno degli ultimi episodi)? E l'incredibile violenza che ha sconvolto il paese negli ultimi periodi della Rivoluzione Culturale? E' stata dimenticata? Queste facce allegre, questa vociante confusione, questi vestiti coloratissimi e chiassosi, tutti diversi fra loro (!), queste minigonne, queste ragazze belle e spensierate, queste innumerevoli macchine fotografiche... nascondono forse qualcosa? O la Cina, nel 1992 è davvero tutta qui?
Non credo che lo sapremo mai; forse, come in tutti i viaggi precedenti, le sensazioni adesso caotiche si stratificheranno in un quadro coerente, pian piano, senza pensarci, mesi dopo il ritorno ... Ma qualcosa mi dice che per la Cina questo non accadrà, e un nucleo di incomprensione resterà nel profondo di ciascuno di noi.
La barca è partita da poco: il fiume Li è un piccolo corso d'acqua più pittoresco che importante, lontano dai "mostri" fluviali di questa terra, lo Yangtze ed il Fiume Giallo, fonti di civiltà e di morte in ugual misura per tutti i seimila anni della storia cinese. Il Li è lento e poco profondo; il nostro barcone, che deve risalirlo controcorrente, ha un motore piccolissimo, e annaspa continuamente, sembra talvolta sul punto di fermarsi: ma il "capitano", seduto in una rudimentale cabina a prua, sembra molto sicuro di sé e del suo mezzo, e fuma beatamente guardando con attenzione l'acqua davanti a noi.
Il gruppo, dopo un chiacchiericcio iniziale, qualche battuta sulla probabile durata del percorso, qualche esclamazione per l'incredibile paesaggio circostante, è di nuovo stranamente silenzioso. Non accade spesso! La malinconia del ritorno sta prendendo tutti, e gli scenari di struggente bellezza attraverso i quali stiamo scivolando lentamente, distese di verdi colline calcaree ripidissime e sottili, drappeggiate come quinte di un palcoscenico, non contribuiscono di certo a risollevarci il morale. Il viaggio è stato lungo, talvolta estenuante, ma ha regalato a tutti momenti bellissimi. Sono sicuro che in questo momento, mentre stiamo per chiudere un immenso anello ideale di duemila chilometri di diametro, che ci ha portato dalla ricca Hong Kong alla frenetica Shanghai, e su su fino alle brulle distese di Datong, oltre l'imperiale Pechino, e poi di nuovo verso il Sud, all'antichissima Xian, alle mistiche montagne di Emei, per finire nella città della primavera eterna, Kunming, ed infine qui a Guilin, sono sicuro che tutti portano nel cuore qualche cosa, qualche luogo, qualche incontro che desidererebbero ritrovare. Ma non si può: fra due giorni, a mezzo mondo di distanza da qui, saremo di nuovo immersi nella routine quotidiana, e queste scene che viviamo adesso sembreranno dipinte su una vecchia e sbiadita pergamena cinese... uno di quei bellissimi dipinti lunghi anche una decina di metri, che si srotolano pian piano, gustandoli solo parzialmente, ma con un senso di continuità quasi cinematografica...
Ora la barca sta risalendo un'ansa relativamente stretta: le due rive si trovano solo a qualche decina di metri da noi; decine di colline e picchi calcarei, bianchi, dove la parete è verticale o strapiombante, verdissimi dove la vegetazione riesce a ricoprirli, si addensano intorno e sopra di noi su ambedue i lati del fiume: ma la visione non è opprimente; proprio come in un antico dipinto cinese lo spazio vuoto, la carta bianca, il cielo, l'acqua, giocano un ruolo fondamentale. L'azzurro profondo del cielo colora di blu ancora più intenso l'acqua del fiume, e la prospettiva cambia di minuto in minuto. Le colline assumono forme umane, animali, fantastiche, ed il nostro timoniere ci indica con aria annoiata i "nove cavalli", l'"anziano con la pipa", l'"elefante", e così via: ma noi vediamo altre cose, altrettanto belle, e non abbiamo voglia di etichettarle. Siamo quasi tutti usciti sulla prua del barcone, piedi nell'acqua a frenare ulteriormente il suo già esiguo slancio. Regna per lo più il silenzio, una voce troppo alta sembrerebbe quasi disturbare la scena: mi passa fugacemente per la mente il fatto che buona parte di queste piccole cime probabilmente non sono mai state neppure calpestate degli uomini! Cosa mai dovrebbe spingere i contadini che coltivano le risaie sottostanti a salirle? E poi sono così tante, e alcune sono tanto ripide e regolari da sembrare costruzioni artificiali, diroccate dal tempo: potrebbero essere i resti di una antichissima civiltà ciclopica, svanita eoni fa, che ha lasciato dietro di sé solo queste rovine corrose dal tempo...
La barca prosegue, la pergamena si srotola un altro poco, la scena cambia, le rive si animano, e compaiono laggiù sulla sabbia boschetti di verdissimi bambù di una decina di metri di altezza. Fra questi alcuni bambini giocano, si bagnano, restano semplicemente immobili nell'acqua lasciando emergere solo la testa per sfuggire al caldo, guardando nella nostra direzione come se non esistessimo. E ancora ecco ritornare il bozzolo trasparente: noi per loro siamo davvero lontani ed incomprensibili, un altro pianeta; non hanno bisogno di noi, non possiamo offrire loro nulla: li salutiamo con la mano, ma sembrano ignorarci. Qua e là incrociamo anche altre rare figure umane: pescatori con cormorani addestrati, in precario equilibrio sulle loro barchette fatte semplicemente di quattro o cinque tronchi di bambù legati insieme; anche loro passano oltre disinteressandosi di noi, qualcuno addirittura sta dormendo appollaiato al centro della sua piccola zattera.
Il quadro cambia ancora, un altro giro al rotolo di pergamena. Adesso siamo all'ombra di una incredibile falesia di almeno duecento metri di altezza, che l'acqua erode pazientemente dal basso, in una curva del fiume. Lontani, là sopra, occhieggiano alberi verdi che la incorniciano contro il turchino del cielo. Forse per approfittare dell'ombra, molti bufali d'acqua si sono riuniti in questa zona del fiume: sono immensi e solo apparentemente placidi. Sonnecchiano nell'acqua, come i bambini prima, e ci degnano appena di uno sguardo anche quando passiamo ad una decina di metri da loro; il bufalo è un animale possente e feroce, ma diecimila anni di convivenza con i contadini cinesi l'hanno addomesticato al punto da poter essere condotto per la strada da un bambino con una corda.
Il tempo passa, ormai siamo in viaggio da molte ore: il sole è già alto nel cielo, quasi a picco su di noi; la stanchezza comincia a farsi sentire, e cedo lentamente alle tante ore di sonno arretrato, appisolandomi cullato dal pulsare ritmico del motore della barca... E mentre dormo la pergamena continua a svolgersi sempre più, cambia, prosegue, si srotola pian piano, sembra non finire mai: il fiume cede il posto alla terra, le risaie ai campi di mais, la terra diventa asfalto, le capanne diventano case, e poi grattacieli, compaiono note stonate, è come se ci fossero degli squarci sempre più grandi nel dipinto ... tanta gente, che si muove sempre più in fretta... strani "carri" colorati, rumorosi e puzzolenti sfrecciano urlando qua e là, oppure formano interminabili immobili processioni; sono chiusi al loro interno, dietro vetri spessi e luccicanti, uomini dallo sguardo un poco allucinato che stringono in una mano una specie di timone, mentre con l'altra tengono accostato fra bocca e orecchio uno strano oggetto oblungo dotato di prominenze (un amuleto?) al quale parlano appassionatamente, oppure, a tratti, ascoltano rapiti, prestando poca attenzione al mondo esterno. I pochi che non sono chiusi nei "carri" camminano come in trance, correndo quasi, e guardano spessissimo un altro strano amuleto circolare con segni incomprensibili che portano legato al polso: sembra molto importante, pare che li controlli tutti in qualche modo misterioso.... Aiuto, è un incubo, siamo di nuovo a casa!!!
Claudio Pedrazzi
pubblicato nella rivista dell'associazione "Avventure nel Mondo", anno1993
AA. VV. - China, a Travel Survival Kit - Lonely Planet 1991
Jeremy Rifkin - Guerre del tempo - Bompiani 1989
Edgar Snow - Stella rossa sulla Cina - Einaudi 1974