Fra fiaba ed incubo

Non piove più. Benché le montagne colorate intorno al piccolo rifugio siano ancora immerse in una nebbia leggera che si confonde in alto con le nuvole grigie e cariche di pioggia, decido di riscuotermi dal torpore e di esplorare un poco i dintorni.

Landmannalaugar - Iceland - IslandaPochi minuti bastano per perdere di vista le ultime tende, e trovarmi "solo" in un paesaggio strano ed irreale, a metà fra la fiaba e l'incubo: sono a Landmannalaugar, nel centro-Sud dell'Islanda.

E' una delle ultime mete di un viaggio tanto denso di immagini e luoghi incredibili che adesso mi si accavallano e si confondono nella mente, mentre costeggio lentamente il bordo di una immensa colata di lava nera che si erge da almeno trenta metri di spessore su una pianura gialla, dove serpeggiano quà e là indecisi rigagnoli glaciali, riflettendo il grigio metallico del cielo.

Mentre cammino, ricordo altre scene e altri colori che, ne sono certo, resteranno per sempre dentro di me: il rosso del tramonto sul lago Myvatn, un'oasi di apparente tranquillità che nasconde la vera natura catastrofica degli eventi vulcanici che lo hanno generato, e che potrebbero ripetersi in ogni momento; il bianco delle innumerevoli cascate che punteggiano il paese, ogni volta che le acque glaciali devono raggiungere il mare, abbandonando l'alto pianoro nella parte centrale dell'isola; il nero profondo delle aggrovigliate e pastose forme laviche del Krafla, adesso solide, ma con una sorta di energia latente repressa che sembra pulsare sotto i nostri scarponi mentre ci passiamo ...

Landmannalaugar - Iceland - IslandaMa vengo ben presto distolto dal ricordo: il sentiero appena tracciato che sto seguendo si è infilato in un piccolo ma spettacolare canyon con colori talmente assurdi da sembrare falsi. Nella totale assenza di vegetazione, il nero della lava su un lato forma uno strano contrasto con il verde della riolite sull'altro; e di fronte, Brenninsteisalda, la "cresta delle pietre che bruciano": una montagna di un rosso intenso, seminascosta dalla nebbia e dai suoi stessi vapori geotermici. Ha ripreso a piovere: la classica pioggia islandese, leggera ed insistente; ma il sentiero adesso comincia a salire sulla colata lavica (Laugahraun, "campo di lava della sorgente calda"), e la curiosità mi spinge a proseguire.

Il silenzio è totale, quasi opprimente, e lo scenario stupendo non impedisce alla mente di rievocare i cupi racconti islandesi che parlano di giganti delle rocce, di elfi, di troll (una via di mezzo fra orchi e demoni); che narrano di sirene e di donne-foche, e di fanciulle che si gettano in una cascata, e tornano come fantasmi nei luoghi della loro vita; raccontano di queste creature spesso in collera con gli uomini, e che non devono essere disturbate, nemmeno con rumori o con la propria presenza in certi "luoghi speciali" dove esse risiedono.

Landmannalaugar - Iceland - IslandaLa pioggia lucida l'ossidiana sulla quale adesso sto camminando dandole riflessi bluastri, vellutati: è un vero e proprio labirinto di guglie, ponti, gallerie, pozzi, e non ci vuole molto ad immaginare che questo grande monolito nero e minaccioso accanto a me sia una sentinella, pietrificata da qualche misterioso evento cosmico; ma pronta a punire chi osa attraversare questa città delle pietre.

Mi affretto a passare, attratto dal Brenninsteinsalda, baluardo rosso che comincia ad emergere dalla pioggia, e finalmente, nettamente come era cominciata, la lava finisce. Landmannalaugar - Iceland - IslandaMi ci vuole qualche minuto per rendermi conto che ormai non è più nebbia quella che mi passa accanto in grandi sbuffi biancastri, ma vapore di origine geotermica. Il luogo ha un fascino strano: la terra è rosso scuro, spoglia, e solo qua e là striature di un verde quasi fosforescente mostrano dove il muschio ha trovato acqua di cui vivere; ma soprattutto lo sguardo corre a quelle che sembrano vere e proprie "ferite" nella superficie della collina su cui ora mi trovo: spesso circondate da venature di un rosso più vivo, oppure di un giallo intenso dovute allo zolfo (che in certi punti forma luccicanti cristalli), ci sono delle escrescenze, o delle cavità, da cui escono violente zaffate bianche di vapori solforosi.

Landmannalaugar - Iceland - IslandaE improvvisamente mi rendo conto che non c'è più il silenzio di poco fa: questa terra sembra "viva", e camminando si sentono qui un soffio arrabbiato, là un sospiro, laggiù un fruscio, ancora più oltre un gorgoglio che sembra una sinistra risata soffocata... oppure la mia fantasia sta di nuovo divagando, colpa di quei maledetti racconti magici islandesi?Landmannalaugar - Iceland - Islanda

Fantasia o no, mi accorgo che sto camminando in punta di piedi, e che sto trattenendo il respiro non soltanto per l'odore di zolfo! Scatto furtivamente qualche foto, sperando che nessun abitante "nascosto" abbia qualcosa da ridire, e mi allontano senza troppi rimpianti da questo luogo bellissimo, ma che ricorda troppo da vicino l'inferno del nostro inconscio collettivo.Landmannalaugar - Iceland - Islanda

L'anello di sentiero che sto seguendo per tornare verso il rifugio, dopo una decina di minuti comincia a percorrere una piccola valletta laterale verdissima, delimitata da ripide colline di riolite colorata. Il senso di oppressione svanisce in fretta, ma il luogo resta magico ed irreale: un tappeto morbidissimo di muschio verde copre il terreno ondulato, e piccoli ruscelli lo attraversano silenziosi. I piedi affondano nel suolo intriso d'acqua, ed il silenzio è rotto soltanto dallo sciacquio ritmico prodotto dai miei passi. In qualche punto si alza una esile fumata di vapore bianco, dove l'acqua è riscaldata dal terreno sottostante. Da una piccola elevazione scorgo un laghetto, di un azzurro del tutto incongruente con il cielo plumbeo che mi sovrasta. Landmannalaugar - Iceland - IslandaE, sul bordo, una figuretta con lunghi capelli biondi che lo osserva, immobile, voltandomi le spalle. Era ora di incontrare qualcuno, penso, ne ho già abbastanza di questa solitudine: probabilmente si tratta di un'ospite del rifugio che sta facendo il percorso nel senso opposto al mio.

La scena è idilliaca, e la fotografo.

Il sentiero scende, e per due minuti perdo di vista lo stagno, nascosto dietro la successiva ondulazione; quando ricompare, un poco più vicino, la superficie del laghetto è leggermente increspata, anche se non mi sembra di sentire un alito di vento. E non c'è nessuno...!

Raggiungo il bordo dell'acqua, cammino un poco sulla verde distesa di muschio che si spinge fino a toccarla; guardo in ogni direzione, ma non c'è più traccia di quella presenza umana che avevo visto poco fa!

Proseguo lentamente lungo il sentiero, e so già che anche da quella parte non c'è nessuno che mi precede...

Mah! La fantasia fa strani scherzi, qui in Islanda, nelle giornate di nebbia....

Mentre, dopo circa un'ora, dietro l'ennesima collinetta appare finalmente il tetto verde del rifugio e le poche tende che lo circondano, sto ancora chiedendomi cosa mai ci sarà nell'ultima fotografia che ho scattato: gli elfi, si sa, non impressionano i rullini!!!!

Claudio Pedrazzi

pubblicato nella rivista dell'associazione "Avventure nel Mondo", anno1992


Bibliografia

Racconti magici islandesi - Arcana Editrice 1988 (versione inglese: Alan Boucher, Icelandic Folk Tales, Iceland Review Library, Reykjavik 1977)

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