Panflettista temibile - e d'altra parte temuto - del quale Verlaine ha cantato la lingua
ricchissima.
Ma innanzi tutto poeta - poeta in versi, poeta in prosa, nelle lettere, e nella vita.
Mio grande amico - a cui volevo bene teneramente - perché era lui, perché ero io, come diceva
Montaigne - e poi senza dubbio anche perché faceva paura a coloro che detestava - e che detestavo.
Anarchico - trascorse sei mesi alla Santé per una frase rimasta famosa. Quando il 9 dicembre 1893,
Vaillant lanciando la bomba in piene Camera dei deputati, ferì gravemente diversi parlamentari,
Tailhade esclamò:
- Cosa importano delle vaghe umanità, purché l'atto sia bello!
Qualche tempo dopo, mentre pranzava da Foyot, solo con la sua amante, una bomba venne gettata -
gettata dalla polizia, pretese Tailhade - e che, polverizzando la vetrina, spappolò l'occhio
destro del poeta.
devo forse ignorare che i giornali, l'indomani mattina, non hanno certo evitato di porre la
la domanda:
" E allora, monsieur Tailhade, il gesto è stato bello? "
Un giorno appresi per caso, da un giornale, del ricovero improvviso, in un manicomio, del mio
sorprendente amico Laurent Tailhade.
E se si trovava laggiù, come spiegava quell'articolo, vi era finito a causa mia.
La notizia stupefacente, come potete immaginare, mi fece balzare e precipitare da lui per
vederlo o aiutarlo in quell'orribile prova.
Dunque, appena arrivato in quel luogo sinistro in cui era detenuto il mio amico, scorto il
primo venuto - un matto apparentemente molto calmo che prendeva aria nel cortile - gli chiesi
gentilmente:
- Mi scusi, monsieur, ma cerco Laurent Tailhade.
E quell'uomo mi disse, con l'aria più gentile del mondo:
- Vi prego di aspettarlo qui - vado a chiamarlo.
E se ne andò in cerca.
Non aspettai a lungo e vidi ben presto avvicinarsi, tranquillo e con passo sicuro, il mio caro
amico Tailhade, felice di rivedermi.
Mi sforzai di non mostrargli il viso afflitto del buon amico compassionevole che viene a
constatare di persona "a che punto sia" - e, come se non ne fosse nulla, ignorando ora e luogo,
abbiamo chiacchierato insieme di tante cose.
Ora Tailhade, che notava tutto e mi osservava a sua volta, credette di riconoscere nel mio
sguardo una certa inquietudine. All'improvviso mi disse:
- Mi credete matto, non è vero?
- Oh ! risposi, per difendermi.
- Ebbene, no, fece tristemente, non è la follia che mi ha portato qui, mio caro Sacha, è la
miseria. Mi trovavo senza alcuna risorsa e non potevo aspettare oltre. Ho dunque cercato di
tirarmene fuori, ed ho trovato la soluzione! Il direttore di questo manicomio è un mio amico
intimo e mi ospita, in somma, a spese del comune. Sì, ecco a cosa mi sono ridotto.
(...)
Quando Laurent Tailhade morì, Gaston Pawlowski, all'epoca caporedattore di Comœdia, mi
telefonò subito.
- Volete fare il "necrologio" di Tailhade? Triste corvée per un amico, siamo d'accordo - ma
se volete che l'articolo venga fatto secondo i vostri desideri, fatelo voi stesso, via!
Ed aveva ragione - erano così pochi quelli che lo amavano.
Ho scritto dunque quell'articolo con grande pena e molto dolore.
Ed allora, si è presentata una coincidenza straordinaria.
Avevo scritto:
"Laurent Tailhade avrà déchiqueté* i suoi contemporanei."
Dopo aver scritto "déchiqueté", mi chiesi dapprima se quella parola fosse francese, poi
se non fosse impropria.
Il Petit Larousse mi informò oltre le mie speranze.
Cercate "déchiqueter" e troverete questo: "Découper par taillades."
Sacha Guitry, Portraits et anecdotes.
*fatto a pezzi.