Formati di videoregistrazione:
dall'analogico al digitale

Una bobina da 2" confrontata con una cassetta MiniDVQuando nacque, la televisione era, essenzialmente, fatta di trasmissioni in diretta. Se occorreva mandare in onda la ripresa di un evento che si svolgeva in tempi diversi, per lunghi anni si fece ricorso alla pellicola. Anche la conservazione, per un utilizzo futuro, delle immagini di importanti avvenimenti di cronaca, spettacolo o sport, quindi, era affidata alla celluloide. Apparecchiature denominate telecinema e vidigrafo avevano il compito, rispettivamente, di permettere la trasmissione televisiva di immagini cinematografiche e di immortalare su film le scene riprese con le telecamere. Fu solo sul finire degli anni Cinquanta che l' industria americana Ampex introdusse sul mercato il primo videoregistratore (VTR, da video tape recorder). Anche se la stessa Casa produceva telecamere, apparecchiature video di ogni genere e nastri magnetici, il suo nome divenne per lunghi anni sinonimo di videoregistrazione. Dapprima in bianco e nero, poi a colori, la registrazione videomagnetica (da cui la sigla RVM, tuttora usatissima specialmente in ambito RAI) permise una maggiore Ampex VR-1000, uno dei primi VTR prodotti (1961)flessibilità nell'impiego e nella conservazione delle riprese televisive. Il nastro usato, all'epoca, era da 2", misura usata anche nei registratori multitraccia impiegati dall'industria discografica. La ragione di questa scelta era evidente: trattandosi di segnali analogici, più grande era lo spazio a disposizione, maggiore era la qualità di registrazione e riproduzione, dato che era possibile sfruttare un maggior numero di particelle magnetiche. Inventata la videoregistrazione, si pensò anche al montaggio. Originariamente il nastro video veniva tagliato proprio come la pellicola, con la differenza che non si potevano usare copie-lavoro e che era praticamente impossibile, in caso di errore, tornare indietro. Col passar del tempo fu evidente che l'unico sistema per effettuare montaggi in grado di trarre profitto dalla principale caratteristica del nastro magnetico, la possibilità di cancellare e riutilizzare intere bobine o parti di esse, consisteva nel copiare immagini e suoni da un apparecchio all'altro. I produttori di VTR (all'Ampex si erano nel frattempo aggiunti altri marchi quali Sony, Hitachi, JVC, RCA, National Panasonic e IVC) iniziarono a sviluppare apparecchi che consentissero di ottenere il miglior risultato possibile. Non era un lavoro semplice, perché occorreva risolvere diversi problemi: la riproduzione, anzitutto, perché il passaggio del segnale audio-video da un VTR all'altro comportava una certa perdita di qualità, ma anche la stabilità delle immagini e la possibilità di sincronizzare, tramite TBC (Time Base Corrector)  il segnale registrato con quello delle telecamere gestite da una regia video, in modo da permettere dissolvenze incrociate e altri effetti. Parallelamente allo sviluppo delle apparecchiature broadcast, quelle destinate all'utilizzo per le trasmissioni televisive e per le quali occorreva il massimo della qualità, iniziò a nascere un secondo mercato, quello professionale, nel quale si rivelava importante soprattutto la comodità d'uso e la ridotta dimensione delle apparecchiature audiovisive. L'impiego crescente di tecnologia allo stato solido (transistor), piuttosto che valvole, permetteva di ottenere risultati sempre migliori e, di lì a poco, avrebbe aperto le porte a un terzo segmento di mercato, quello destinato a grandi masse di consumatori (consumer), che avrebbero in seguito beneficiato della possibilità di utilizzare a casa loro telecamere, videoregistratori e quant'altro. Il risultato fondamentale dell'evoluzione tecnologica, comunque, fu quello di permettere una maggiore flessibilità d'uso delle apparecchiature broadcast e professionali, tant'è vero che, in tempi più Un Ampex VPR-2b, VTR da 1"C, praticamente indistruttibile...recenti, si è parlato spesso di apparecchiature prosumer (parola composta da professional e consumer), in grado cioè di essere usate dalla gente comune e dall'industria radiotelevisiva: certe telecamere digitali MiniDV di fascia alta rappresentano un ottimo esempio di questo tipo di materiale. Tornando alla nostra storia dei formati di registrazione, dobbiamo arrivare ai primi anni Ottanta, quando l'Ampex lanciò il VPR-1,  funzionante con nastri da 1". Altre Case si erano già cimentate con questo tipo di supporto. Negli anni Settanta l'IVC aveva prodotto alcuni modelli di videoregistratori che impiegavano bobine da 1", in grado di registrare a colori per circa un'ora. Molte tv locali italiane, ad esempio, si equipaggiarono con gli IVC 801 e 871. Il VPR-1 era un'altra cosa, anche se fu evidente che si trattava di un punto di partenza. Il sistema da 1" A, come veniva chiamato, fu in seguito surclassato da un'evoluzione realizzata dalla Bosch-Fernseh, denominata 1"B, caratteristica per la disposizione delle due bobine, sovrapposte e controrotanti, ma soprattutto dalla successiva produzione Ampex, 1" C, che venne anche ripresa dalla Sony e, su licenza, dalla francese Thomson CSF, che la ribattezzarono Ω (Omega) per la forma del percorso del nastro attorno al tamburo rotante contenente le testine video. L'Ampex realizzò, per lo standard 1" C, vari modelli di videoregistratori, quali il robustissimo VPR-2, nelle versioni A e B, il VPR-80, successivamente evolutosi nel VPR-6 e il fantascientifico VPR-3, che fu successivamente dotato del rivoluzionario TBC digitale Zeus (di lì a poco realizzato anche in dimensioni più piccole, adatte a sostituire il TBC-6 che equipaggiava il VPR-6). La collaborazione di Ampex con la Nagra, celebre azienda svizzera specializzata in registratori audio portatili, dette vita al VPR-5, videoregistratore portatile, sempre da 1" C, che utilizzava bobine larghe circa 13 cm, in grado di registrare una ventina di minuti, sufficienti per un utilizzo EFP o ENG. La Sony, dal canto suo, acquisita la licenza del sistema 1" C, realizzò la serie BVH (da Broadcast Videocorder Helical) che si espresse principalmente nei modelli 2000, 2500 e 3100, quest'ultimo dotato di un avveniristico sistema Un Ampex VPR-3 con TBC-3di caricamento automatico del nastro. Il nuovo standard permetteva di registrare su tre canali audio, convenzionalmente fu deciso dai vari costruttori di usare le tracce 1 e 2 (eventualmente come canali Left e Right, in caso di stereofonia), mentre la 3 veniva destinata al Time Code, ferma restando la possibilità di utilizzarla come traccia supplementare. Con una scheda aggiuntiva, inoltre, si poteva registrare o riprodurre anche la traccia 4, ma occorreva tenere presente che tale traccia non poteva essere riprodotta o registrata da videoregistratori sprovvisti di un'analoga scheda. Nel campo broadcast non esistevano soltanto le bobine da 1". La Sony, già dalla metà degli anni Settanta, aveva anche sviluppato un proprio formato basato su videocassette con nastro da 3/4", denominato U-matic anche in questo caso a causa del percorso a "U" cormpiuto attorno al tamburo dove erano posizionate le testine video. La qualità di registrazione dell'U-matic, già abbastanza buona, venne in seguito migliorata e resa rispondente alle specifiche broadcast con l'adozione di un procedimento denominato HB (High Band). Di conseguenza, le cassette della prima versione vennero ribattezzate LB (Low Band). In Giappone e negli USA, così come in tutte le nazioni che impiegavano il sistema NTSC, vi era una piena compatibilità fra videoregistratori LB (catalogati con la sigla VO) e videoregistratori HB (siglati BVU, in questo caso l'acronimo indicava Broadcast Videocorder U-matic). Ferma restando la differenza di qualità dell'immagine (un High Band leggeva una cassetta incisa da un Low Band con la stessa risoluzione dell'LB, e un Low Band leggeva un nastro HB sempre in qualità LB), il segnale veniva registrato e riprodotto a colori. Nei paesi del sistema colore PAL, invece, un LB leggeva un nastro HB in bianco e nero, e viceversa. Solo i BVU SP, quelli dell'ultima generazione, come i 9630P e i 9850P, erano in grado di riprodurre a colori le cassette LB. Mi è capitato di vedere, però, alcuni VO 5630P (lettore LB) che, in RAI, erano stati modificati dai tecnici del labUn BVU 920, il primo modello di BVU SPoratorio interno di manutenzione con l'aggiunta di un dispositivo "top secret" che permetteva di riprodurre a colori le cassette registrate dai BVU. L'U-matic ha tenuto banco per circa trent'anni, grazie alla robustezza e all'affidabilità dei VCR, prodotti, oltre che dalla Sony, da Hitachi, JVC e National/Panasonic. Anche le cassette, certamente non un capolavoro di miniaturizzazione, presentavano le stesse doti di solidità. Va sottolineato che queste erano disponibili in due formati, U-matic (durata da 5' a 60') e U-matic S, di dimensioni inferiori, destinate all'impiego su VCR portatili (durata di 20', in seguito ne furono fabbricate anche da 30' da 45'). L'U-matic LB ha rappresentato il formato principalmente impiegato dalle tv locali italiane, nate negli anni Settanta, dopo il periodo pionieristico nel quale veniva utilizzato di tutto: ad esempio bobine EIAJ da 1/2" o da 1/4", videocassette  VCR (il primo standard per home video elaborato dalla Philips) e altri nastri sviluppati per il settore della TVCC o per scopi didattici e industriali.  Curioso sottolineare che, nell'ambiente del broadcast italiano, non si sia mai parlato di High Band e Low Band ma, impropriamente, di BVU per indicare le cassette HB e di U-matic per quelle LB. Il settore dell'home video, sul finire degli anni Un esemplare di VCR Philips, videoregistratore domesticoSettanta, stava mostrando elevate possibilità di espansione. Il buon successo ottenuto dal VCR (in origine le cassette, particolarmente complicate come meccanica, avevano una durata massima di un'ora, successivamente Philips e Grundig riuscirono a produrre apparecchi in grado di registrare fino a tre ore) spinse le industrie del settore a investire in ricerca, con lo scopo comune di produrre un nuovo tipo di videocassetta, destinata all'utilizzo domestico. In Giappone il nuovo progetto del futuro sistema , che coinvolgeva Sony, Hitachi e Matsushita (Panasonic e JVC), venne abbandonato da due dei tre partner a pochi mesi dal lancio. La Sony rimase da sola a lavorare a quello che sarebbe stato chiamato Betamax (ancora una volta il nome derivava dalla forma del percorso del nastro, che ricordava la lettera "Beta" dell'alfabeto greco, gli altri due ex-soci, poco dopo, presentarono il loro prodotto, denominato VHS (Video Home System). A complicare maggiormente le cose, si aggiunse anche la Philips che, per evitare di perdere terreno, lasciò perdere  il VCR in favore di un altro sistema, denominato Video 2000, probabilmente il migliore in assoluto, che si distingueva dai concorrenti giapponesi perché le videocassette potevano essere registrate sui due lati. Come spesso accade, fu proprio il peggiore dei tre, il VHS, a prevalere sugli altri. La Sony, però, riuscì a salvarsi in calcio d'angolo utilizzando le Un esemplare di UVW1800, il videoregistratore betacam "economico"ingenti risorse destinate al Betamax  e il know-how acquisito per sviluppare un nuovo standard di videoregistrazione, il cui successo superò, nei decenni successivi, ogni più rosea previsione. Si trattava del Betacam. Concepito inizialmente per un utilizzo ENG (le prime cassette, identiche in tutto e per tutto alle Betamax, erano molto più piccole delle U-matic S e permettevano di registrare fino a mezz'ora), il Betacam nacque come videoregistratore portatile che, come i precedenti U-matic, veniva trasportato a tracolla, collegato alla telecamera con un cavo coassiale a 10 pin. Di lì a poco, però, la Sony riuscì a produrre un videoregistratore talmente compatto da essere applicato alla parte posteriore della telecamera. Fu una vera e propria rivoluzione: grazie anche all'idea di sponsorizzare la serie televisiva "V-Visitors", il cui protagonista riusciva a filmare col suo Betacam in condizioni praticamente impossibili, le troupe dei telegiornali di tutto il mondo iniziarono a dotarsi di queste apparecchiature. Il passo successivo fu la creazione di un videoregistratore da Un PVW 2800, modello di Betacam SP "professionale", con prestazioni leggermente inferiori a quelle dei modelli "broadcast". Questo esemplare è stato reso in grado di registrare su 4 canali audio aggiungendo il pack prodotto dalla Michael Sellman Ltd.tavolo, per poter riprodurre e montare le immagini riprese in Betacam. L'unico grave handicap era rappresentato dalla durata: mezz'ora non era certamente il massimo, ma la qualità di registrazione era stata ottenuta facendo girare il nastro Betamax, che originariamente durava tre ore, a velocità relativamente elevata. Non potendo rallentare la velocità di scorrimento, fu deciso di creare delle nuove cassette, più grandi, che permisero di raggiungere la rispettabile durata di novanta minuti. Anche i videoregistratori dovettero essere riprogettati, perché i Betacam da studio potevano usare solo le cassette di piccole dimensioni. Nacque così il Betacam SP, dotato anche di migliori prestazioni, funzionante con nastri Metal e con Dolby-B , due tracce audio supplementari registrate in PCM dalle testine video. Parallelamente, furono introdotte sul mercato anche le cassette "large" che permettevano di registrare 60 e 90 minuti. Se i Betacam SP potevano registrare su nastri Betacam e BVW 75, il modello "broadcast" è il top dei Betacam SP, con 4 canali audio e DMC (rallentatore e variable play da -1 e +3)riprodurli, i Betacam non potevano invece leggere le cassette SP. Col passare degli anni la famiglia si è allargata: al Betacam SP (commercializzato con la sigla VW, dove V sta per videoregistratore e W per Betacam, preceduta dai suffissi B=Broadcast, P=Professional e U=Economico; i modelli più diffusi delle tre fasce di mercato sono il BVW75, il PVW2800 e l'UVW1800) si sono affiancati i Digital Betacam (che possono leggere i nastri Betacam e Betacam SP), i Betacam SX (che possono leggere, anch'essi, Betacam e Betacam SP) e i Betacam IMX (compatibili in lettura con Betacam, Betacam SP, Betacam SX e, in alcuni modelli, anche coi Digital Betacam). Dal Digital Betacam in poi fa la sua comparsa anche il preread, dispositivo col quale, grazie alla presenza di due testine supplementari di lettura collocate immediatamente prima di quelle di registrazione, è possibile usare un videoregistratore come se ci fossero due macchine distinte, il che permette di realizzare Un IMX MSW A-2000, videoregistratore digitale MPEG con preread e 8 canali audio, in uso presso la RAI e numerosi network e servicedissolvenze ed effetti impiegando un VTR in meno. Un'evoluzione analoga a quella del Betacam ha caratterizzato il Video8, sistema home video sviluppato dalla Sony in alternativa al VHS (e al VHS-c, la versione compact con cassette di minori dimensioni), che ha avuto un buon successo nel campo delle videocamere, un po' meno come videoregistratore da tavolo, anche perché la durata massima delle cassette era di 90 minuti, insufficienti per registrare un film trasmesso in TV. Il Video8, nelle successive versioni Hi8 e Digital 8, ha mantenuto una buona quota di mercato anche grazie alla compatibilità tra nuovi e vecchi modelli, come già accaduto nei Betacam, per poi soccombere definitivamente nei confronti delle videocamere MiniDV, che hanno praticamente monopolizzato il segmento. Per tornare nel settore broadcast occorre fare un passo indietro. La registrazione digitale, assieme all'alta definizione, rappresenta il grande mito degli anni Novanta. Si pensava Un SX, modello usato prevalentemente da Mediasetdi effettuare il grande balzo dalla pellicola alla registrazione magnetica e molti film sperimentali (cito fra tutti "Il mistero di Oberwald" di Michelangelo Antonioni) vennero realizzati con apparecchiature destinate a venire ben presto sorpassate dalla rapidissima evoluzione tecnologica. Parallelamente, i nastri da 1" si accingevano ad andare in pensione. Il primo videoregistratore interamente digitale, il D1, fu sviluppato da un consorzio comprendente la Sony, la Bosch e la Thomson. Non era certamente un gioiello di miniaturizzazione, dato che le videocassette impiegate avevano dimensioni ragguardevoli. L'Ampex rispose col D2, anche in questo caso cassette di rispettabili dimensioni, contenenti nastro da 3/4".  Il D2, lavorando in digitale-composito, aveva il grande pregio di poter essere impiegato anche in ambienti analogici, integrandosi quindi in sale di post-produzione dove erano presenti il "vecchio" mixer video e i videoregistratori da 1", Betacam e BVU. Il più celebre modello di D2 prodotto dall'Ampex è il VPR-300, ingombrante e inaffidabile fino a quando non venne implementato un software che riusciva a gestire il cosiddetto "edit optimize", procedura di allineamento delle quattro testine, fino ad allora laboriosissima. Anche la Sony produsse dei D2: i DVR10 Un Sony DVR-18, videoregistratore digitale-composito su standard D2e DVR18 si rivelarono da subito molto più semplici e affidabili dei loro concorrenti made in USA, e sono tuttora in uso in alcune società di post-produzione e presso la RAI, che aveva standardizzato su questo formato la messa in onda dei suoi (all'epoca) neonati canali satellitari. L'Ampex provò a superare i difetti di nascita del D2 creando degli adattatori per rendere "ibridi" i mixer video analogici, mettendoli in grado di trattare i segnali digitali, ma soprattutto elaborando un'evoluzione del formato, funzionante in digital component, denominato DCT (Digital Component Tape), incompatibile col D2 e, anche per questo, praticamente rifiutato dal mercato. In Italia ho visto solo una sala DCT, presso la Telerecord di Firenze. La crisi del settore e della stessa Ampex, però, posero fine a qualsiasi speranza di ripresa. Dopo aver provato a mantenersi a galla vendendo nastri e videocassette col nuovo marchio Quantegy, l'industria che aveva inventato la videoregistrazione scomparve nel nulla. Resta da parlare, per concludere la nostra storia, del presente e del prossimo futuro. Oltre ai già gitati Betacam SP, SX e IMX e al Digital Betacam, trascurando il D3, standard prodotto dal gruppo Matsushita e basato su una cassetta simile alla VHS, il grosso del mercato è oggi occupato dalla famiglia del D5, espressa dalle varie MiniDV, DV, DVCam e DVC Pro. Esiste un'infinità di modelli di videocamere in grado di funzionare con una o più di queste cassette, piccolissime e in grado di offrire un'eccellente qualità. Tutte quante impiegano un nastro alto 5 mm e molti videoregistratori da banco, a volte impiegando degli adattatori, possono riprodurre tutti quanti i formati. L'alta definizione è nuovamente in fase sperimentale, grazie alla nascita di nuove apparecchiature basate su videocassette scaturite dal Betacam o dal DV e, oltre ai nastri, si inizia a parlare di  dischi. DVD e hard disk, sempre più, cominciano a giocare un nuovo ruolo nel  settore. Basta pensare, oltre alle videocamere che registrano su disco, al sistema MAV, che incorpora un hard disk in grado di registrare due ore di segnale video e una centralina di montaggio che può effettuare un montaggio, anche con dissolvenze incrociate, attingendo immagini e suoni in tempo reale dallo stesso hard disk dove sta avvenendo la registrazione...

Dopo questa piccola storia della videoregistrazione, quindi, è chiaro che le sale lineari non sono destinate alla demolizione, almeno ancora per un po'.

Quando conviene il lineare:
- Se si deve intervenire su una trasmissione registrata in studio o in esterni, di almeno mezz'ora, per la quale sono previsti alcuni tagli per ridurne la durata, magari già stabiliti durante la registrazione, allora il lineare è la soluzione più rapida. Avere a disposizione una duplice copia del programma può risultare utilissimo perché consente di risparmiare ulteriore tempo, dato che è possibile intervenire, con la seconda copia, a partire dal punto in cui è situato il primo taglio, evitando di riversare tutto il master fino a quel momento. Finito il montaggio, il nastro è subito pronto, senza bisogno di aspettare lo "scarico".
- Se occorre preparare un "pizzone" di contributi, già registrati su nastro, per una trasmissione, in diretta o registrata che sia. Basta semplicemente riversarli seguendo l'ordine prestabilito. Di contro, in Avid occorre prima acquisire, quindi montare e poi scaricare, con evidente perdita di tempo.
- Se c'è da montare un servizio ENG girato con due (o più) telecamere. Basta metterle al passo e, volendo, effettuare "al volo" le commutazioni col mixer video tra una camera e l'altra. Un montaggio della durata di cinque-dieci minuti, se non ci sono stati grossi problemi in sede di ripresa, può essere pronto in due-tre ore. Acquisire in Avid due cassette con circa venti minuti di "girato" ciascuna, sincronizzarle tra loro e, a montaggio finito, scaricare su nastro, richiede di solito un bel po' di tempo in più.

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