AUTISMO INFANTILE :

l' incertezza dell'eziopatogenesi

 

Umberto Balottin

Colgo l' occasione di questo nuovo convegno sull' Autismo per presentare alcune riflessioni e aggiornamenti relativi agli aspetti eziopatogenetici. A questo proposito mi sembra opportuno, in questa sede, sottolineare preliminarmente alcuni problemi generali che a mio avviso caratterizzano questi ultimi anni: nell' approccio al tema si nota una certa tendenza a una significativa mancanza di rigore metodologico nella lettura e nella interpretazione dei dati particolarmente di tipo neurobiologico anche per una certa confusione e una eccessiva fluidità nell' area di competenza di ogni specifica disciplina.

Mi soffermerò ora su alcuni aspetti di carattere storico del problema qui discusso.L’autismo è una realtà eterogenea i cui limiti e rapporti con gli altri disturbi psichici del bambino e in particolare con le altre forme di turbe psicotiche restano incerti e discussi in modo spesso acceso.

Nella casistica riportata da Sante De Sanctis, che nel 1906 conia il concetto di "demenza precoce" - prototipo del termine Autismo Infantile-, molti soggetti vengono descritti come chiaramente organici e affetti da vari tipi di encefalopatia. Nel suo manuale di Neuropsichiatria Infantile (10) De Sanctis riassume il problema dell’eziopatogenesi delle "psicosi o sindromi funzionali psicopatiche infantili" nel trinomio: "eredità morbosa (compresa eredolue?), rispettivamente costituzione, malattie cerebrali di origine infantile, disendocrinia". Mentre peraltro aggiunge che "le cause psichiche sono importanti meno raramente, ma le une e le altre, per esempio lo spavento e il contagio psichico, facilmente si riducono a livello di mere cause occasionali. Dalle casistiche più accreditate risulta che nei bambini l’influenza delle cosiddette cause psichiche, come lo spavento , è minore di quasi la metà (bambini nel 23%) che negli adulti (adulti dal 40 al 60%)".

Proprio a questo termine ricorre Leo Kanner nel 1943 (15) quando individua una nuova entità che denomina "disturbo autistico del contatto affettivo", riportando 11 casi, 8 bambini maschi e 3 femmine. Nel quadro clinico che denomina anche "Early Infantile Autism" o anche autismo primario, le turbe relazionali assai precoci sono in primo piano. Kanner considera come patognomonica la "incapacità a stabilire delle relazioni normali con le persone e a reagire normalmente alle situazioni e ciò dall’inizio della loro vita". "L’isolamento autistico non è come nei bambini o negli adulti schizofrenici una rottura di una relazione precedentemente stabilita, né il ritiro a una tale relazione, esiste fin dall’inizio un ripiego autistico estremo che, ogni volta che ciò è possibile, fa trascurare, ignorare e rifiutare tutto ciò che il bambino può ricevere dall’esterno".

Per quanto riguarda la patogenesi l’autore sembra dare complessivamente la predominanza alla predisposizione costituzionale del bambino e ad un difettoso sviluppo dell’Io . Dice infatti che "questi bambini sono venuti al mondo con un’incapacità innata a stabilire un contatto affettivo abituale e naturale con le persone". Suggerisce quindi che si tratti di una turba innata, nozione sulla quale ritorna successivamente anche se sia in questo che in altri lavori considera pure l’importanza dell’"atmosfera emotivo-psicologica" del rapporto genitori-bambini.

Meno noto e fortunato l’apporto (1) pur altrettanto importante, del pediatra austriaco Hans Asperger che nel 1944, l’anno dopo il lavoro di Kanner, riporta sotto il termine di psicopatia autistica dei casi che presentano delle analogie con quelli di Kanner. Questa pubblicazione è meno diffusa ed è stata solo recentemente rivalutata.

Asperger sottolineava le particolarità percettive di questi bambini per quanto riguarda lo sguardo e le reazioni paradossali alle stimolazioni uditive e l’esistenza di una "perturbazione del contatto" a livello affettivo profondo (istintuale). Questa turba si differenzia dall’autismo per il fatto che non comporta un difetto del linguaggio o dello sviluppo cognitivo. Infatti questi bambini avrebbero un’intelligenza normale pur essendo assai maldestri.

Tuttavia l ‘esistenza di un nucleo specifico nell’ autismo è stata messa in discussione da molti autori. Ad esempio Gillberg e Coleman nel 1992 giungono alla conclusione che le sindromi autistiche consistono in una costellazione di sintomi comportamentali che hanno un sottostante disfunzione del sistema nervoso, ma che non vi è alcuna evidenza per pensare a un nucleo specifico autistico.

Altri autori a cominciare da Gillberg sostengono ora il termine "autism spectrum disorders", per comprendere un continuum clinico e patogenetico (?) che va dalla triade classica dei disturbi principali inclusi nella sindrome kanneriana, dalla sindrome di Asperger alle forme simil-autistiche fino ai tratti autistici che si incontrano nel ritardo mentale e oltre.

Inoltre nel suo recente manuale Gillberg intitola il capitolo dedicato all’autismo come "disorders of empaty" e vi colloca l’autismo e i disturbi dello spettro autistico (inclusa la schizofrenia ad esordio infantile).

I disturbi dell’empatia, scrive l’autore, possono comprendere un ampio range di disturbi che mostrano alcuni tratti autistici e che vanno compresi nel disturbo dello spettro autistico come ad esempio sottogruppi di sindromi denominate in modo differente, " casi di mutismo elettivo, casi di deficit dell’attenzione o di disturbo del controllo percettivo, di anoressia nervosa, di personalità ossessivo-compulsiva".

Questo concetto assai interessante, ci sembra recuperare la visione globale psicopatologica tradizionale messa in crisi dall’approccio propugnato dalle Classificazioni Internazionali tipo DSM III, IV e ICD-9, 10 ed essere completamente in linea con i concetti da sempre espressi da Autori come Mises e le scuole francesi.

E’ poi ncessario ricordare la Classificazione "Zero-to-three" proposta nel1987 dalla Unità Operativa di Classificazione Diagnostica creata dal Centro Nazionale (USA) Zero to three per i programmi di clinica infantile .

Tale classificazione piuttosto complessa si propone di sviluppare una visione condivisa dell’importanza dei primi tre anni di vita e della rilevanza dell’intervento precoce e della prevenzione su una normale crescita e sviluppo offrendo la base per trovare riflessioni e individuare bisogni per migliorare i servizi offerti ai bambini e alle loro famiglie.

Le categorie diagnostiche individuate che ricomprendono entro una certa misura i quadri clinici di Autismo e che mettono in rilievo i molteplici aspetti del mondo relazionale del bambino da 0 a 3 anni in una ottica complessa multiassiale sono i disturbi della regolazione e il disturbo multisistemico di sviluppo. Tale classificazione primaria va messa in relazione alla complessità degli altri 4 assi relativi alla relazione, ai disturbi fisici, neurologici e mentali,ai life events e al funzionamento emotivo.

Dopo questo breve excursus storico ci sembra che per quanto riguarda sia i problemi nosografici che i quesiti eziopatogenetici rimanga una fondamentale situazione di incertezza concettuale e che il pendolo continui ad oscillare portandoci e riportandoci a posizioni simili a quelle di anni precedenti.

Goldfarb ad esempio nel 1964 ipotizzava l’esistenza di due gruppi di bambini autistici: uno con eziologia predominantemente psicogena e un altro con eziologia organica (4).

De Myer nel 1981 rivedeva le teorie della patogenesi dell’autismo soffermandosi sulle interazioni fra natura e ambiente.

Burd et al. nel 1988 si interrogavano sulla possibile interazione tra fattori di sviluppo neurologico e fattori psicogeni e in particolare eventi vissuti come traumatici (separazione dei genitori) a proposito di un caso clinico la cui descrizione appare ancora oggi di estremo interesse cosicchè credo di doverne vivamente raccomandare la lettura.

Più recentemente De Long ipotizza l’ esistenza di due forme distinte di autismo. La prima caratterizzata da un danno cerebrale bilaterale in un’epoca precoce della vita che impedisce di acquisire le più importanti strutture semantiche del linguaggio, le competenze sociali, e una attività finalistica organizzata (autismo di funzionamento).

La seconda (autismo idiopatico, kanneriano tipico ad alto funzionamento) si correla nella maggioranza dei casi a una psicopatologia affettiva familiare rappresentando l’espressione di un fenotipo severo e precoce di un disturbo affettivo familiare maggiore.

In tale forma potrebbero avere, come scrive Isabelle Rapin (22), un ruolo importante una vulnerabilità (ereditaria) "alle influenze deleterie dell’ambiente" dove la sottolineatura sembra riguardare più l’ influenza ambientale che il ruolo della genetica peraltro tutta da dimostrare , dal momento che patologie in cui si è accertata una trasmissione ereditaria della tendenza ad ammalarsi (vulnerabilità ) come ad esempio le convulsioni febbrili, hanno un andamento familiare ben differente.

Mi sembra perciò utile chiudere il mio breve apporto ritornando a un lavoro pubblicato da Kanner (16) in cui vengono rivisti gli 11 casi da lui descritti nel 1971. L’autore si interroga sulle ipotesi patogenetiche e sulle modalità della presa in carico riguardo ai bambini autistici. E sembra concludere dopo aver seguito con attenzione i suoi 11 bambini per molti anni per l’ipotesi di una perturbazione innata del contatto affettivo, rifiutando l’interpretazione psicogenica post-natale precedentemente presentata. Contemporaneamente però non manca di interrogarsi sul ruolo e l’ influenza dell’ ambente e in particolare delle istituzioni ospedaliere che hanno rappresentato un fattore probabilmente di cattiva evoluzione per i bambini autistici e di chiedersi se questi bambino avrebbero potuto avere un destino migliore in un contesto ambientale differente da quello di un’istituzione psichiatrica statale, soprattutto tenendo conto di come i 2 bambini autistici che ebbero un’evoluzione relativamente buona, raggiungendo un’autonomia lavorativa e una parziale posizione di adattamento sociale, avessero potuto fruire di un ambiente particolarmente favorevole sul piano umano e di tipo rurale.

Non entreremo qui nella discussione del rapporto natura-ambiente se non per sottolineare che recenti lavori psicoanalitici ( S Maiello, 1998) di alcuni discepoli della Tustin sono in linea con la convinzione della presenza di un disturbo innato dello sviluppo e sostengono che l’autismo è una reazione specifica ad un trauma in generale prenatale. Susanne Maiello ipotizza infatti che situazioni traumatiche come ad esempio una minaccia d’aborto potrebbero ostacolare le prime integrazioni sensoriali normali e portare ad un ritiro del feto dall’esperienza uditiva, che in uno sviluppo normale stimola l’attività protomentale ,e sfociare quindi nell’appiattimento e nella "tattilità" che si osserva nei bambini autistici.

Riterrei quindi opportuno indicare la necessità di recuperare una visione globale radicata in una raffinata competenza clinica neurologica e psicopatologica che non scotomizzi né distorca gli apporti della letteratura più specifica così che sia possibile selezionare e sostenere a livello pubblico gli approcci terapeutici che abbiano un minimo di base teorica e di sostegno nei dati scientifici.

 

 

Bibliografia

Prof. Umberto Balottin: Direttore di Neuropsichiatria Infantile dell'Istituto A.O.Macchi di Varese. Università degli Studi dell’Insubria, Facoltà di Medicina e Chirurgia .Varese


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