CAPITOLO 3 - LA NOSTRA PROPOSTA
La nostra proposta è che la scuola predisponga
un intero primo anno che sia del tutto e solamente preparatorio e che potrebbe essere così concepito:- delle potenzialità cognitivo-intellettive;
- della funzionalità emotivo-affettiva;
- degli eventuali comportamenti-problema;
- delle capacità di attenzione e di memorizzazione:
- delle capacità motorie e psico-motorie;
- delle capacità di assorbire le frustrazioni;
- delle possibilità relazionali per un lavoro di gruppo;
2. analisi anamnestica e della valutazione diagnostico-clinica;
3. stesura di un protocollo strutturato su tutte le componenti sopra ricordate;
4. considerazione delle necessità-possibilità per:
Le osservazioni devono essere ripetute con una certa frequenza perché l'autistico in terapia modifica rapidamente i suoi parametri e quindi gli obiettivi devono essere sempre riadattati alla situazione.
Queste valutazioni presuppongono un lavoro collegiale con il terapeuta e gli operatori della riabilitazione che dovranno continuare a fiancheggiare i docenti predisponendo gli interventi che facilitino il raggiungimento di prerequisiti per sfruttare l'azione didattica.
Il primo anno di adattamento equivale ad una prescuola fatta però nell'ambiente scolastico che dovrà accogliere il disabile negli anni seguenti.
Il sostegno sarà improntato anche a favorire il lavoro di gruppo nelle ore di ginnastica, di musica, di ricreazione e, quando possibile, della mensa.
L'autistico, se sostenuto dalla terapia iniziata precocemente, non dovrà essere considerato un "isolato" o un "emarginato", ma un alunno che potrebbe raggiungere il livello degli altri.
Dopo un anno di lavoro specificamente adeguato alle necessità e alle potenzialità del soggetto, il piccolo autistico si troverà nella condizione di poter cominciare l'iter del ciclo normale, entrando nella classe con nuovi compagni, che saranno quelli che lo accompagneranno negli anni successivi.
OBIETTIVI DA RAGGIUNGERE PRIMA DELL'INSERIMENTO IN CLASSE
Nel primo anno è fondamentale favorire un corretto inserimento nella scuola abituando il bambino a rispettare le regole, a lavorare, ad avere tenuta sui compiti, ad integrarsi nel gruppo dei coetanei.
Tale lavoro è svolto principalmente dall' insegnante di sostegno che deve stabilire con il disabile un rapporto diretto, fungere da "Io-ausiliario" e quindi essere punto di riferimento ed "O.K." - ponte affettivo per poter sviluppare le potenzialità ed acquisire le capacità affettivo-relazionali e cognitivo-intellettive.
In questa osservazione sono contenute due puntualizzazioni importanti:
Il sostegno non può avere solo "... competenza osservativa" poiché l'autismo rappresenta il problema psicopatologico più grave ed importante nel panorama della neuropsichiatria infantile e può essere affrontato solo con una preparazione specifica ed approfondita, aggiornata e basata su una ampia esperienza operativa e culturale.
Da queste osservazioni deduciamo che la relazione di sostegno comincia
all'interno della scuola, in un luogo prestabilito, dove l'alunno ha il "suo banco" e una sola insegnante.Il rapporto 1/1 é importante per salvaguardare l'autistico da stimoli emotivi troppo intensi che, non essendo metabolizzabili dalla sua fragile struttura ioica, generano e determinano la comparsa di violente crisi di angoscia ed anche di aggressività.\
Questo rapporto privilegiato non deve mai essere inteso come segregazione e/o emarginazione, ma come ponte di passaggio rende possibile la socializzazione e un lavoro di gruppo.
Compito del sostegno é trovare tutti i mezzi per integrare l'autistico (con la dovuta delicatezza) nel rapporto con i compagni, utilizzando i momenti di attività motoria e sportiva, le ricreazioni e gli incontri musicali e teatrali.
Nel suo lavoro di recupero e di adeguamento, l'insegnante di sostegno deve:
SVILUPPARE:
per creare strategie testuali sempre più complesse e combinabili (fattore a).
OBIETTIVI:
1- raggiungere l'autonomia
2 - sviluppare l'autocoscienza e l'autovalorizzazione
3 - ordinare e collocare nel tempo fatti ed eventi
4 - orientarsi nello spazio
5 - promuovere un'educazione motoria e socio-relazionale
6 - considerare anche:
USO ATTIVO DEGLI SPAZI RICREATIVI:
la ricreazione diventa, durante l'anno di "inserimento nella scuola" un tempo operativo importantissimo per cui il docente di sostegno deve essere sempre attivamente presente (sue ore di lavoro) per poter essere un costante punto di riferimento ed un aiuto a risolvere alcuni problemi che possono sorgere nella relazione con i compagni.
USO ATTIVO DEL TEMPO MENSA:
stare a tavola insieme ai compagni diventa un momento educativo sia come spazio relazionale, che come possibilità per apprendere l'uso degli oggetti specifici; per questo motivo anche in queste ore deve essere presente (rapporto 1/1) il docente di sostegno (sue ore di lavoro).
PREREQUISITI PER L'ACCESSO AL PRIMO ANNO DI CLASSE:
VALUTAZIONE COLLEGIALE DEI RISULTATI NEL RISPETTO DEL METODO
che prevede:
COMPETENZE DI BASE PER LO SVILUPPO DELL'APPRENDIMENTO
E' evidente che questa prima fase dell'inserimento scolastico - primo anno - se riveste una certa importanza per il bambino normale, diventa essenziale per l'autistico che, come abbiamo visto sopra, deve affrontare limitazioni, difficoltà e vere e proprie disarticolazioni funzionali che gli sono caratteristiche.
Se analizziamo, per esempio, le sue difficoltà a memorizzare troviamo che in realtà è il modello di pensiero che cambia le necessità e le facoltà mnesiche:
- egocentrico = risponde a spinte e bisogni personalistici;
- onnipotente e assolutista.
L'oggetto è svuotato di importanza e quindi può essere "perduto", non memorizzato; ciò che il soggetto vive è l'impressione di "possedere l'oggetto in toto", anche se l'effetto é del tutto relativo e rispecchia una visione egocentrico-onnipotente.
b) nel pensiero simbolico, al contrario, la memorizzazione dei dettagli e, quindi,
della " verità dell'oggetto" (oggetto persistente) diventa essenziale: la verità si
sposta dal soggetto all'oggetto che, quindi, diventa costante.
Se un bambino autistico cerca di memorizzare, entra, quindi, in angoscia poiché si trova di fronte ad una realtà che cambia; anche le parole apprese (per esempio: "su! su!") non possono essere riferite a situazioni diverse perché susciterebbero una profonda angoscia di fronte all'impossibilità di riconoscere quale delle due situazioni sia "verità".
Per cercare di mettere a fuoco come si possano affrontare tali difficoltà da un punto di vista educativo e di insegnamento, possiamo prendere in esame il concetto di apprendimento naturale, quello cioè che viene generato in forma spontanea dal contesto sociale.
Questo modello di apprendimento tiene conto specificamente delle situazioni che favoriscono o inibiscono l'acquisizione dei contenuti; in altre parole, a differenza dei sistemi di tipo prescrittivo, si tratta di prendere in considerazione l'educando in forma globale, con le sue difficoltà, le idiosincrasie, le impossibilità, i limiti.
All'autistico bisogna insegnare come apprendere perché non sa strutturare l'apprendimento; quello naturale poggia su tre attività più o meno spontanee:
Hawkridge (1981) ci ha portati a considerare la tecnologia dell'educazione non solo attraverso i mezzi educativi, ma anche con la valutazione dell'insegnamento e dei metodi dell'apprendimento, proprio perché questo, nel bambino, si sviluppa rispettando le capacità-possibilità del singolo.
In questo modo l'apprendimento può essere considerato come un processo attivo che porta il bambino a dirigere e a mantenere l'attenzione su un determinato oggetto e/o situazione, promuovendo così anche un processo di memorizzazione.
Tenendo conto di queste considerazioni ha senso studiare tecnologie didattiche partendo dal soggetto, centralizzando le sue modalità e le sue capacità, raggiungendo così lo scopo di dare senso, valore e realtà alle possibilità di apprendimento anche per l'autistico.
Tale apprendimento attivo assume un senso globale e globalizzante perché, superando l'empasse del costruttivismo e del cognitivismo, utilizza prima di tutto le funzioni affettive:
permettendo l'utilizzazione di capacità integrativo-deduttive che sono quelle cognitive che portano a strutturare:
Possiamo anche ritenere che la "comunicazione a doppio senso" (S. Greespan) possa essere veramente il punto di partenza per cominciare l'educazione, il processo di apprendimento e la socializzazione del bambino autistico.
Questo tipo di comunicazione è essenziale per l'apprendimento perché:
La comunicazione a doppio senso (o a "doppia via") non deve essere vista come pura esercitazione (si tornerebbe ad una impostazione cognitivista e comportamentista) e quindi, richiede la massima partecipazione dell'operatore che utilizza:
per dare "doble sentido" ad una vera "comunicazione" che permette anche di "organizzarsi in modo logico".
Il lavoro educativo e di apprendimento, strutturato su questi parametri, dà veramente la possibilità di utilizzare positivamente: il gioco, la narrazione e l'imitazione, creando al bambino un ambito in cui può riconoscersi, strutturare una storia e una relazione spazio temporale nella quale si organizza una produzione (grafica, orale o scritta), una esercitazione (ricerca di " problem solving") ed una trasmissione di informazioni.Queste superano la pratica operativa per dimensionarsi nell'ambito e nelle dinamiche relazionali e comunicative (spazio di accoglimento) che generano il ricordo fondante, l'esperienza, la possibilità "gloriosa e soddisfacente" di desiderare, di volere e di memorizzare.
CENNI PEDAGOGICI PER GESTIRE LA RELAZIONE CON L'AUTISTICO
Il bambino autistico che ha seguito e/o sta seguendo una terapia adeguata (E.I.T.), che frequenta le attività di recupero e di riabilitazione (TEACCH; TOP-therapy; Decanato; logoterapia; psicomotricità; Ippoterapia) entra nella scuola per frequentare il primo periodo di accoglienza (primo anno) con le migliori possibilità di sfruttare al massimo le sue potenzialità, prepararsi ad una educazione e ad un apprendimento che lo avvicinino alla normalità.
Per raggiungere gli obiettivi ed evitare situazioni negative ci sono tuttavia molte modalità di intervento che l'esperienza dei genitori e degli educatori in molti anni di applicazione, ha evidenziato come positivi ed imprescindibili.
A volte una crisi ha il significato di risposta a un ordine che non può essere soddisfatto perché prevalgono sentimenti di incapacità e di insufficienza. La frustrazione, in questo caso, provoca le reazioni negative ed il lavoro deve tendere a dimostrare la capacità del soggetto anche se, é risaputo, ci vorranno molto tempo e molta pazienza per "convincerlo".
Sottolineiamo che se la terapia, l'educazione e la pratica riabilitativa vengono eseguite contemporaneamente, non bisogna cercare a tutti i costi un modello comune e rigido; anche se gli operatori vengono puntualmente informato delle attività, dei successi e degli insuccessi degli altri. In questo programma integrato, la tolleranza e l'adattabilità sono le caratteristiche che accomunano tutti gli interventi.
Più che gratificazioni, bisogna dare sostegno e sicurezza, così quando salirà sulla barra di equilibrio bisogna fargli sentire che lo sosteniamo, che non corre nessun pericolo: scopriamo che comincerà a sentirsi sicuro anche se non lo teniamo più (magari siamo noi stessi a passargli la palla) e ci chiederemo: "..., ma non capisce che non lo teniamo più?". In realtà staremo sperimentando l'efficacia del "pensiero affettivo" che sottende e dà senso alla fiducia.
Legami tra terapia-interventi riabilitativi e
programmi educativi per la formazione e l'apprendimento
Come abbiamo ripetutamente sottolineato, per affrontare l'autismo é necessario mettere il bambino al centro dell'attenzione; il suo isolamento, l'incomunicabilità, l'opposizione alle regole, il non rispondere alle proposte operative, non devono condizionare, ma essere osservati ed interpretati.
Ognuna delle aree considerate è attivata dai rispettivi responsabili che devono essere attenti a non perdere il senso del ruolo: il terapeuta non deve porsi come insegnante; il docente non può essere mamma e questa non deve diventare terapeuta.
I ruoli non sono intercambiabili, ma tutti devono muoversi rispettando un'unica filosofia, una teorizzazione precisa:
Anche l'approccio generale deve rispondere ad un programma operativo i cui principi non possono essere messi in discussione:
Questa risulta condivisa e trascinante oltre che fondante, nella certezza che ogni autistico può e deve essere aiutato ad uscire il più precocemente possibile dal suo baratro, strappato dalla sua stuoia, reimmesso nella società, nel gruppo, tra i compagni, in una famiglia integrata con tutti gli elementi della rete.
A titolo riassuntivo riportiamo uno schema di funzionamento del progetto di inserimento degli autistici nella scuola dell'obbligo: