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CONVEGNO VARESINO Il giorno 29 settembre 1999, si è tenuto a Varese, presso il Salone Estense del Municipio, il Convegno "APPROCCIO ALL’AUTISMO", organizzato dal Comune di Varese, dal Lions Club– Distretto 108 Ib1 e dall’Associazione Amici dell’A.G.R.E.S., con il patrocinio della Regione Lombardia, dell’Università degli Studi dell’Insubria, dell’Ordine dei Medici, dell’Azienda Ospedaliera e dell’A.S.L. di Varese. Il Convegno si prefiggeva di:
I Relatori, di chiara fama e rappresentanti di prestigiose Istituzioni della Lombardia e del Piemonte, non hanno solo presentato i più avanzati studi sull’autismo e i nuovi indirizzi terapeutici, ma hanno sottolineato l’importanza di un lavoro interdisciplinare tra specialisti per raggiungere lo scopo di far uscire gli autistici dall’isolamento e recuperarli ad una vita affettiva, relazionale e sociale. I Rappresentanti delle molte Istituzioni partecipanti hanno dimostrato vivo interesse all’iniziativa che apre spiragli nuovi al superamento di problematiche tecnico-amministrative, attraverso metodiche scientifico-terapeutiche puntuali ed afficaci. La partecipazione al Convegno è stata massiccia ed "entusiasta"; i convenuti hanno ripetutamente sottolineato l’importanza dell’iniziativa e la necessità di approfondire la tematica in discussione, anche in rapporto all’inserimento scolastico ed alle difficoltà educativo-formative. Le conclusioni possono essere riassunte in:
CONVEGNO VARESINO Terapia di Integrazione Emotivo-affettiva L’ E.I.T., prima di ogni altra cosa, è "accoglienza". Si è arrivati a questo modello terapeutico attraverso molti anni di lavoro che ha visto utilizzare
applicate per affrontare le problematiche di ragazzi portatori di handicap psichico, di sindrome di Down, di malattia di Martin Bell, di psicosi e tanti altri disturbi psicomentali. Accogliere la disabilità come punto di partenza per il recupero e per la riabilitazione psicofisica e psicosociale è stato anche il modello per portare molti ragazzi all’autosufficienza e all’autovalorizzazione, oltre che, finalmente, per permettere il loro inserimento nel mondo lavorativo. Queste esperienze ci hanno condotto anche ad affrontare problematiche autistiche che accompagnano altre situazioni specifiche, come nel caso dei Down, ed anche a cercare di intervenire in quadri decisamente autistici. L’incontro con l’angoscia ed il terrore, presentati da questi ragazzi, richiede grande impegno emotivo soprattutto perché dietro a queste espressioni di intravedono delle potenzialità psico-mentali che spingono a cercare una riabilitazione funzionale ed un riadattamento sociale. Le osservazioni di Melanie Klein, della Margareth Mahler e della Frances Tustin ci hanno aperto importanti vie di indagine e, soprattutto, di applicazione di una teoria che si trasforma nella pratica della relazione. Dietro l’angoscia si è trovato un mondo da scoprire ed anche un cammino da percorrere. Le nostre interpretazioni della psicologia dell’Io ci hanno illuminato sulla perdita delle funzioni dell’Io che è caratteristica di questi bambini e così si è cominciato a cercare di ristrutturare la funzione ioica attraverso la senso-motricità, poi con le espressioni emotive ed espressive che sono valse a recuperare quelle attività basiche sulle quali si fonda lo sviluppo psico-mentale. Queste esperienze terapeutiche ci hanno offerto la possibilità di strutturare una vera e propria metodica che si fonda sulla potenzialità pecettivo-motoria che però induce esperienze emotivo-affettive e cognitive, in un intreccio che, giorno dopo giorno, porta a piccole, ma enormi conquiste che sono quelle di potersi scoprire capaci di eseguire un movimento complesso, come saltare, mostrare la lingua, rotolarsi per terra, camminare su di un asse di equilibrio. Nello stesso tempo la possibilità di contenere le ansie e le angosce che sorgono dalla vicinanza con l’altro, permette di scoprire il mondo della relazione nella quale la disponibilità e l’accoglimento risultano sempre la possibilità di aprirsi a nuove esperienze. Con il passare dei giorni, i dubbi distruttivi si sfumano, svaniscono e, nella relazione, si cominciano a lanciare piccoli ponti nei quali, come dice Andreis, potersi incontrare e poter scambiare "cose". Queste comprendono la forma degli oggetti, di oggetti utili, di sguardi, di mani che si intrecciano, ma, soprattutto, di possibilità di riempire un vuoto mentale dominato dalla paura e dalle fantasie distruttive. È su questi piccoli ponti che l’empatia si trasforma in simpatia, che la vicinanza diventa incontro e che uno sguardo si trasforma in fiducia ed in …. fidarsi. Il modello terapeutico dell’E.I.T. si è sviluppato quindi come una psicoterapia fondata sulla lettura psicodinamica e psicoanalitica degli eventi, ma dominata dalla relazione che si sviluppa nell’incontro con il terapeuta, ma anche nel gruppo, nel setting che prevede la presenza magnetica della musica che talora trascina ed in altri momenti tranquillizza e … riposa. Nel gruppo si scopre la pluralità, ma anche la permanenza e la stabilità degli oggetti, dei vincoli, delle esperienze; così i piccoli autistici ridisegnano la loro realtà ed anche dilatano la loro coscienza fatta di memorie, di linguaggi, di incontri, di inter-relazioni, di volontà di essere e di volere. Il passaggio dalle esperienze senso-motorie a quelle emotive e, soprattutto, allo sviluppo delle funzioni affettive fondate sui valori, porta a strutturare quelle dimensioni che fanno parte di un Io-ideale gruppale e di un Io-ideale personale, ma, soprattutto, di valenze narcisistiche (secondarie) che portano al superamento delle dinamiche istintive, egocentriche ed onnipotenti. Ritrovare il proprio Io ed il proprio Io-ideale significa superare le angosce persecutorie e cominciare a vivere una dimensione beatifica che supporta l’autovalorizzazione e lo sviluppo positivo delle funzioni psico-mentali. L’ E.I.T. permette di strutturare uno sviluppo di queste funzioni che portano all’autoidentificazione ed all’autovalorizzazione, che sono i primi passi per organizzare le funzioni psichiche attraverso oggetti interni, animati e inanimati, stabili e confrontabili. Sono proprio queste certezze che spingono il bambino autistico a cercare la dimensione che abbiamo definito come OK-paterno, capace di vivificare e fare accettare le proprie decisioni, i propri desideri e le proprie volontà. Le dinamiche mosse dalla pratica dell’ E.I.T., come l’uso dei veli e dei cuscini, gli esercizi con i bastoni, che stimolano la crescita e l’autodeterminazione, gli incontri empatici e lo sviluppo di un linguaggio sano e specifico immergono in una dimensione quasi esoterica che nel rituale e nella relazione struttura uno spazio mentale nuovo, non più vuoto, ma pieno di tutte quelle piccole cose che abbiamo fatto passare attraverso il ponte della relazione. L’ E.I.T. è dunque una psicoterapia basata sulla relazione e con una precisa finalità di recupero funzionale psichico e mentale, capace di controllare le problematiche comportamentali e, prima di ogni altra cosa, quelle dinamiche profonde che nella distruttività e nelle proiezioni persecutorie trovano il fondamento caratteristico per l’autismo. L’applicazione dell’ E.I.T. ha portato non solo a importanti miglioramenti di tutti i casi affrontati, ma anche a determinare con chiarezza diverse espressioni psicopatologiche che abbiamo riconosciuto in
Ognuno di questi quadri sindromici è caratteristico e, come tale, si riferisce ad un particolare momento dell’evoluzione psico-mentale. Nel primo, riconosciamo una situazione psichica nella quale gli oggetti non sono ancora stutturati e, quindi, si presentano come oggetti parziali che riempiono l’inconscio e diventano persecutori e distruttivi. Nel secondo, l’ipercinesia diventa sufficiente a tradurre una autosoddisfazione, ma dimostra anche che gli oggetti sono già formati, anche se non sono usufruibili per una relazione. Nel terzo caso, la simbiosi traduce le angosce della perdita e l’adesività la struttura fobica ed abbandonica di una precoce situazione edipica. * * * * * * Oltre a queste considerazioni, l’applicazione dell’ E.I.T. ha messo in evidenza l’importanza che "entrambi" i genitori partecipino al recupero ed allo sviluppo psico-affettivo del loro bambino autistico, così come la necessità che anche la scuola percorra il cammino della riabilitazione e del recupero sociale di questi soggetti che vedono ogni giorno diluirsi le possibilità di un vero recupero psico-sociale e che aspettano da noi non solo un impegno professionale, ma una vera capacità di accogliere, per proseguire insieme il cammino verso la "luce", lasciando alle spalle il buio dell’isolamento e della paura. |