Accettare la realtà senza negazioni ed autocompassione che fanno disperdere energie utili.
Non sentirsi colpevoli: l'autismo è il risultato di un complesso meccanismo legato a disordini psico-neuro-biologici molto primitivi (anche precedenti al parto).
Ricordare che l'autistico ha bisogno, prima di tutto ed in ogni momento, di genitori psicologicamente saldi e tranquilli, di una buona terapia accompagnata da interventi riabilitativi mirati (comunicazione facilitata, logopedia, ippoterapia), di una valida collaborazione tra terapeuta, educatori e famigliari, di un programma per la socializzazione variabile, ricco e monitorato, nel quale devono essere inclusi tutti i famigliari e coloro che partecipano in vario modo all'assistenza.
Confrontarsi con il terapeuta sui problemi, sui risultati, sulle teorie e sugli errori comportamentali del bambino.
Seguire le indicazioni sorte dal lavoro di collaborazione con terapeuta ed educatori, senza rinunciare a riconoscere i risultati ottenuti e discutere i programmi da attuare.
Cercare sempre di coinvolgere tutti i membri della famiglia, anche negli incontri con il terapeuta: la riabilitazione e la socializzazione cominciano in casa.
Ricordare che fratelli, zii e nonni possono risultare ottimi collaboratori e, quindi, non bisogna escluderli dalle pratiche riabilitative e, soprattutto, dai programmi di socializzazione.
Non rinunciare a partecipare attivamente alle sedute di psicoterapia che permettono di apprendere modalità d'azione, oltre che rinnovare la speranza ed il desiderio.
Mantenere sempre la calma ed una buona cura di se stessi, cercando autosoddisfazioni: un genitore sereno è sempre il miglior aiuto.
Tenere presente che, quando si inizia una terapia psicologica, soprattutto con bambini fragili, ogni modificazione o interruzione deve essere discussa e programmata per non provocare gravi disturbi nello sviluppo affettivo e "vincolare" dei piccoli pazienti.
Cercare di coinvolgere, con tatto e serenità, i vicini di casa, perché accettino sempre il bambino, anche se compie qualche "monelleria" o "stravaganza".
Sapere che i down, gli x-fragili, gli epilettici, gli insufficienti mentali appartengono ad altre categorie e forme sindromiche e che gli autistici si differeziano per le loro caratteristiche psicodinamiche e di funzionamento psico-mentale.
Rispettare il diritto di ogni bambino autistico ad avere la propria terapia che equivale ad una scelta personale verso una buona relazione, capace di aiutarlo a strutturare il proprio Io e la propria personalità, oltre che a contenere ansie, angosce e terrori.
Pensare che sistemi educativi troppo rigidi, costrittivi e frustranti possono far credere in qualche risultato positivo, ma, in realtà, conducono a reazioni fobiche. È opportuno discutere con il terapeuta i segnali che l'autistico "getta" in continuazione.