CONVERSAZIONI SULL' AUTISMO
Romeo Lucioni (R.L.) - Davide Scheriani (D.S.)
Paola Alessio (P.A.) - Tiziana Pennacchio (T.P.)
Per chi scrivere ancora sull'autismo?
R.L.
Credo che si scriva molto sull'autismo, ma spesso leggendo si scoprono cose nuove, punti di vista interessanti o esperienze illuminanti e, quindi, forse vale la pena continuare a far sapere prima di tutto ai genitori, poi ai maestri, agli psicoanalisti, ai medici e a tutti coloro che si occupano di questo problema.
C'è poi un aspetto importante che è quello di far conoscere la voce senza linguaggio di questi bambini che ci insegnano molto di loro, delle loro angosce, ma anche del loro funzionamento psico-mentale.
Dando la parola a loro, traducendoli attraverso l'esperienza pratica della terapia, penso si potrà finalmente capire qualcosa di concreto, profondo e decisivo per poter agire e, quindi, aiutare.
Io poi scrivo perché pochi sono, purtroppo, i contributi di psicodinamica, di psicoanalisi e di psicoterapia e credo sia importante riprendere questi temi con serenità e serietà, soprattutto senza inutili pruriti di … possedere la verità!
D.S.
In questo momento forse è necessario scrivere sull'autismo soprattutto per gli insegnanti. La scuola non ha ancora potuto dirimere la questione dell'inserimento di un autistico in un ambito ad impronta prettamente educativa.
Seppure la Legge 517, che ha imposto il diritto di tutti i cittadini a frequentare la scuola dell'obblico prescindendo dalle loro capacità psicomentali, debba essere considerata positiva per molti aspetti, il problema dell'inserimento resta ancora lontano dall'essere risolto.
È soprattutto la questione degli obiettivi che deve essere affrontata, perché non si comprende come un bambino che non parla e che non sa mettersi in relazione con gli altri, possa essere portato ad adempiere compiti educativi e formativi.
I rapporti tra scuola, famiglia e terapia devono essere studiati e dibattuti ed è per questo che vedo che ancora molto debba essere "scritto".
P.A.
Sebbene sia da poco tempo che mi dedico, da un punto di vista professionale, dell'autismo, ciò che mi risulta veramente incomprensibile è l'atteggiamento di chiusura che molti ambienti scientifico-clinici dimostrano nei confronti della terapia dell'autismo quando venga anche solo supposto un interessamento psicologico e/o psicoanalitico.
Un altro aspetto di questa chiusura è rappresentato dal rifiuto, a volte anche poco rispettoso, a parlare di "teoria del rapporto con l'autistico", prevaricando ogni tentativo di "capire" con una semplicistica e riduttiva scelta che dice "… non vogliamo parole; quello che conta è solamente il fare".
Questo qualunquismo, come ho potuto constatare, è veramente dannoso per i bambini che, tra l'altro, possono essere spinti, in qualche modo, in una china che conduce alla psicosi.
Scrivere è confrontarsi; è lasciare una traccia certa ed inequivocabile per chi vuole veramente leggere e credo che sarebbe molto utile se si scrivesse non tanto in generale, ma portando casi clinici precisi ed altrettanto dettagliate e significative relazioni sull'andamento e sui risultati delle terapie.
T.P.
Trattare con un bambino autistico, impostando interventi terapeutici, è sicuramente una fatica enorme perché sorge continuamente il dubbio di far bene, di non provocare danni o tribolazioni a quei bambini che sono, di per sé, già tanto provati.
Scrivere è offrire a loro la possibilità di farsi capire; è dare loro "la parola" e questo spero possa essere di grande aiuto, soprattutto ai genitori che vivono con il terrore del "domani": "… cosa succederà quando non potrò più occuparmene io?"
Un autistico va seguito in continuazione, praticamente durante tutto il giorno e, di conseguenza, i genitori sono sottoposti ad in impegno imbrobo.
Le difficoltà dell'abbigliamento, dell'igiene, della nutrizione, del tempo libero e dell'educazione sono tutte questioni da affrontare e, per lo più, aspettano ancora proposte concrete per una vera soluzione. Per questo credo sia necessario far conoscere e divulgare le iniziative e le proposte che si vanno sviluppando e dare così un valido aiuto alle famiglie.
Perché parlare di Psicoanalisi trattando il tema dell'autismo?
R.L.
Questo è un tema importante che può essere "visitato" in diversi modi, ma credo che quanto sta succedendo attraverso Internet va tenuto in considerazione.
Proprio in questi giorni si è discusso in uno psico-gruppo brasiliano l'importanza di leggere senza Freud, senza Lacan, proprio per stimolare esperienze che portino a nuovi cammini, a esperienze che possono essere confrontate, potendo contare su una solida pratica (come hanno fatto la Tustin e la Klein), basata su teorie consolidate e validate.
In questo test di scambio culturale ho sostenuto che è necessario far conoscere esperienze come l' E.I.T. che dà voce ai piccoli pazienti, apre a loro la possibilità di sperimentare e di ricevere le nostre espressioni che non voglioni insegnare, ma essere solamente un luogo di incontro per approfondire le nostre conoscenze sullo sviluppo mentale del bambino che, tutto sommato, ci è ancora quasi del tutto sconosciuto.
Questo "luogo di apprendimento" lo sperimento tutti i giorni con i miei pazienti psicotici e, devo dire, che è stato molto utile per poter crescere insieme e strutturare momenti di grande e profonda tensione comunicativa.
È forse proprio questo il modo per riuscire a dare a questi bambini e ragazzi l'aiuto valido che si meritano.
Voglio sottolineare anche che in questo lavoro diventa imprescindibile una continua verifica in gruppo per sviluppare i necessari controlli e per evitare inutili deviazioni.
D.S.
Sebbene la storia della psicoanalisi deve riportare un grande insuccesso nella sua applicazione come "terapia per l'autismo" e questo soprattutto per il grave errore d'aver colpevolizzato le madri di questi sfortunati bambini. Bisogna, per altro, ricordare che i contributi di Winnicott, M. Klein, M. Mahler, F. Tustin, U. Frith hanno permesso di capire molto dei meccanismi che sottendono all'autismo.
Dobbiamo anche dare atto alla psicoanalisi di essere stata capace di accettare gli errori e, proprio partendo da questi, di essere stata in grado di prospettare altre vie di ricerca più consone ad affrontare i problemi legati ai processi evolutivi che vanno aggiunti a quelli puramente psicodinamici o di natura conflittiva.
Possiamo anche dire che il cammino per risolvere il problema dell'autismo non è sicuramente compiuto e che non è certo con uno sterile scontro tra biologisti e psicoanalisti sarà possibile portare aiuto a questi bambini che, ricordiamolo, devono trascorrere molti anni in compagnia del loro autismo.
Quando lavoriamo con un autistico non ci poniamo mai la domanda su che cosa sia l'autismo, ma sì quella "… cosa posso fare io per aiutarlo?".
Un tama molto importante è quello che riguarda l'atteggiamento mentale nel porsi di fronte all'autismo; non serve capire, quello che bisogna fare e che ogni autistico si aspetta è che ci liberiamo delle nostre corazze, dei nostri pregiudizi e ci mettiamo "dentro il problema", insieme a loro, gomito a gomito, guancia a guancia, mano nella mano: il bambino ha bisogno di sentirsi vivere nell'altro, nel terapeuta, per poter far crescere in sé il "coraggio di vivere".
Perché scrivere ancora su "Domande e risposte" o su "Consigli"?
R.L.
Rispondere a domande è per me una necessità dal momento che tutte le settimane i genitori mi chiedono e continuamente ricevo quesiti che continuano ad aspettare risposte che siano capaci di placare ansie ed angosce, ma anche di dare indirizzi precisi e utili sul da farsi.
Forse per gli addetti ai lavori questo dialogo è ripetitivo, ma in ogni domanda ed in ogni risposta si nascondono momenti di grande contenuto emotivo che richiedono dei chiarimenti. Questi piccoli incontri sono anche necessari per "imparare insieme" perché è proprio vero che anche il più esperto ha sempre molto da apprendere dall'esperienza dei genitori e anche dei maestri.
Quando parlo con i genitori dei loro figli autistici o psicotici o down o semplicemente disabili si apre una porta nuova perché in questi dialoghi non si finisce mai di chiarire e di chiarirci e questo è un lavoro fondamentale.
Non lasciare punti oscuri è dare speranza, è centrare il tema della compartecipazione terapeutica, è accettare di essere i depositari di quel "tesoro" … di bimbo che ci è stato affidato e che difendiamo con slancio e con il profondo desiderio di fargli superare le sue difficoltà.
P.A.
Le madri e i padri che si trovano a dover affrontare le tematiche imposte dall'autismo del figlio ed anche i suoi, a volte insopportabili, disturbi comportamentali; hanno sempre la necessità di chiedere ed il bisogno di ricevere risposte chiare ed affidabili. Le loro ansie sorgono dal dubbio di non fare tutto il possibile per i loro figli ed i dubbi spesso sorgono da non trovare vere risposte.
Siamo poi ancora molto lontano dal poter acquisire delle certezze sul da farsi tanto più che molte dichiarazioni e/o proposte non fanno altro che confondere.
Noi abbiamo l'esperienza dell'ippoterapia e possiamo dire che "esperimenti" come la delfinoterapia sono insufficienti anche solo per cominciare una vera terapia dell'autismo.
Il danno peggiore poi è sicuramente quello che viene da dichiarazioni "semplicistiche" che dicono che basta un po' di psicomotricità, un provato buon senso, una atmosfera recettiva e affettiva per "curare".
Proprio no: possiamo ben dirlo!
Se l'autismo viene riconosciuto come il più grave dei disturbi dell'ambito della neuropsichiatria infantile è evidente che solamente professionisti ben addestrati e ben preparati sul piano teorico possono dare una parola chiara e definitiva sia per quanto riguarda la diagnosi, sia per ciò che concerne la terapia, sia per indirizzare gli interventi educativi.
Oggi si aprono veramente molte possibilità per affrontare l'autismo, che sono multidisciplinarie e devono essere integrate tra loro.
Possiamo anche dire che nessuno può ormai disconoscere tutto quello che è stato fatto e quello che viene proposto in favore degli autistici, basta infatti cliccare su qualsiasi motore di ricerca un Internet per avere migliaia di informazioni.
È giunto il momento di chiudere con le accuse ed aprirsi all'intelligenza, alle capacità relazionali, alla volontà di giocarsi personalmente un ruolo per portare finalmente all'autistico quell'aiuto che con i suoi occhi non smette di implorare.
T.P.
Forse più che "dare consigli" bisogna instaurare con i genitori degli autistici un dialogo costante che serva a raccogliere le loro esperienze e le leoro proposte per affrontare sia le necessità quotidiane, sia quelle relative all'educazione.
La collaborazione tra genitori, terapeuti, educatori ed insegnati è fondamentale e, proprio da questa, possono sorgere le iniziative utili ad affrontare seriamente l'autismo ed anche superarlo.
Come sanare la "frattura" tra scuola e terapia ?
D.S.
Più che di "frattura", io parlerei di "ambiguità".
Non è infatti ben chiaro il confine che separa l’intervento propriamente educativo da quello improntato alla terapia dei disturbi dello sviluppo. Da un lato è auspicabile che esista una certa sovrapposizione tra le due sfere, dal momento che la terapia deve costituire lo "sfondo" sulla base del quale improntare un corretto programma didattico, inevitabilmente pensato in funzione della specificità del caso preso in carico; è però altrettanto necessario che questi due ambiti mantengano peculiarità distinte, alfine di non demandare agli insegnanti un compito eccessivamente gravoso di "presa in carico globale" del bambino, situazione che, il più delle volte, si traduce in una sostanziale presa di distanza dal caso, che risulta troppo "difficile" per poter raggiungere l’obiettivo rappresentato dall’acquisizione di prerequisiti necessari alla formazione didattica di base. Sin troppo spesso, infatti, mi è capitato di prendere in esame casi di bambini autistici in età scolare già da due o più anni, in rapporto ai quali ogni tentativo educativo era stato, di fatto, abbandonato.
Si torna dunque al discorso inerente la legge 517, in merito alle cui implicazioni forse ci si dovrebbe maggiormente confrontare, onde definire con precisione gli ambiti di intersezione (come quelli di esclusiva competenza…) di questi tre fondamentali poli della rete socio-assistenziale-affettiva del bambino affetto da autismo : la scuola, la famiglia e l’ambito terapeutico.