DESTRUTTURAZIONE DELLA PERSONALITA’
nella
Malattia di ALZHEIMERDott. Romeo Lucioni - Prof. Giuseppe Nappi
Il paziente Alzheimer, prescindendo da qualsiasi modello di personalità presentata prima dell’insorgere della malattia, dimostra una struttura personologica destrutturata, proprio come conseguenza dei deficit funzionali e delle "lesioni" croniche riscontrabili nei principali "centri" cerebrali. Al di sopra di ogni espressione fenomenologica evidenziabile, domina il quadro una sorta di "liberazione" dai controlli corticali che si manifesta soprattutto nell’incontinenza emotiva e nella esplosività.
La sintomatologia fondamentale è sintetizzabile in:
Tutti questi sintomi denotano impoverimento, debolezza e desturtturazione dell’ Io, così come schematicamente riassunto nel seguente specchietto:
DEBOLEZZA DELL’ IO
A - per la perdita del controllo sull’emotività e sulle pulsioni istintive:
Non sa difendersi da impulsi primitivi come:
Utilizza pensiero primario, fondato su onnipotenza, ideazione primaria, svalutazione
Non riesce a posticipare la scarica degli impulsi
Non sa modulare gli affetti (per es. ansia, angoscia)
Non tollera le frustrazioni ed i rimproveri
Di fronte all’insicurezza si ritira
Non resiste al fascino-tentazione delle cose (proiezione del sè nelle cose)
Non resiste al contagio del gruppo
Non contiene l’eccitazione psicologica del collettivo (si riuniscono facilmente e seguono l’esempio dei compagni)
Tende a negare e a dimenticare subito
Dimostra sublimazione immatura: ipocondria, acting-out
Non controlla l’ansia di fronte alla novità
Non controlla l’espressività esplosiva (pagliacciate, manifestazioni chiassose)
Non sa difendersi dall’invasività del gruppo
Non riesce a sublimare le pulsioni interne
E’ incapace di rinunciare a desideri infantili di nutrimento
Dimostra un ipercontrollo sull’affettività (inibizione nei confronti dell’aggressività)
Presenta reazioni oggettuali intime dominate dal bisogno di dipendenza.
B - per difetto delle potenzialità affettive:
Non riesce a strutturare un modello affettivo valorativo
Di fronte all’ altro si ritira
Tende a disorganizzarsi di fronte al senso di colpa
E’ incapace di accettare inaspettate gratificazioni
Si mette costantemente in gioco
Non sa dare un giusto valore al proprio tempo
Sente di non meritare ciò che gli offrono
Non sa controllarsi di fronte a situazioni conflittive
Dimostra aspettative di sè eccessivamente alte
Manca di canali sublimatori affettivi evoluti come: altruismo e umorismo
Non riesce a stabilire rapporti interpersonali validi, ma solo relazioni superficiali e/o puramente concomitanti
Dimostra dipendenza normativa piuttosto che motivazionale
Manifesta onnipotenza nei confronti degli oggetti e degli altri che può portare all’insuccesso dei meccanismi di rimozione.
C - per deficit cognitivi:
Non cura gli oggetti per una finalità futura
Tende ad evaporare il proprio parere ed i contributi personali
Non trova efficienti controlli sostitutivi
Non ricorre ad immagini gratificanti già vissute
Non sa usare un adeguato realismo di fronte a regole e orari
Non sa valutare la realtà sociale
Non trae vantaggi e conclusioni dall’esperienza propria e dall’altrui
Non controlla reazioni di fronte a fallimenti, insuccessi ed errori
Non sa programmare realisticamente
Non sceglie gli strumenti adatti agli obiettivi
Non sa dimensionare il senso del proprio diritto
Non usa la coscienza per finalizzare il comportamento
Manca di canali sublimatori cognitivi come: intellettualizzazione, adeguamento alla tradizione.
Queste osservazioni, di contenuto psicodinamico, acquistano un particolare interesse non solo per quanto riguarda la problematica della diagnosi, ma anche nella valutazione globale della situazione personale e della qualità della vita del soggetto.
Molto spesso, prima della comparsa invasiva dei disturbi mnestici, possono essere messe in evidenza incontinenza emotiva, labilità dei mezzi critico-deduttivi ed incostanza o pauperizzazione affettiva che devono essere prese in considerazione come prodromi della malattia soprattutto se legate ad esperienze personali che riguardano il decadimento del senso di valore e dell’autostima.
Tenendo in conto che le modificazioni obiettive delle capacità cognitive sono di difficile quantificazione, le osservazioni psicodinamiche possono risultare importanti per valutare i cambiamenti indotti dalle terapie palliative ed anche da quelle farmacologiche.
Per esempio, per valutare i risultati benefici indotti dalla "Terapia di integrazione emotivo-affettiva" (E.I.T.), è stata usata la seguente scala:
VALUTAZIONE DELLE SEDUTE DI "E.I.T." |
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NOME |
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DATA |
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Ansietà libera ed incontrollata |
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Reazioni di tensione |
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Reazioni di rabbia |
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Difficoltà nelle relazioni interpersonali : |
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Con gli operatori |
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Con gli altri pazienti |
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Sentimenti di svalorizzazione |
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Predominio di risposte emotive |
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Critica oppositiva |
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Tendenza alla distrazione verborragica |
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Difficoltà a comprendere gli ordini |
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Spunti autistici |
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Esecuzione casuale degli ordini |
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Atteggiamenti fobico-ossessivi |
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Comportamenti ripetitivi controfobici |
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Risposte ecolaliche |
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Difficoltà ad eseguire comportamenti motori complessi |
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Adattamento superficiale ed incostante |
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Tendenza alla rinuncia |
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Tendenza alla fuga |
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Facile stancabilità |
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Sensi di paura |
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Sensi di angoscia |
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Linguaggio frammentario ed incoerente |
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Difficoltà nel contatto interpersonale |
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Difficoltà nel contatto corporale |
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Riduzione dell’attenzione |
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Riduzione della tenuta |
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Svalorizzazione di sè |
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Svalorizzazione degli altri |
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Tendenza all’isolamento |
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Tendenza a copiare gli altri |
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Con questo strumento si è potuto mettere in evidenza come l’uso di farmaci anti-colinesterasici (tipo eptastigmina) induca, in pazienti Alzheimer, modificazioni psicodinamiche importanti, che possono provocare errori di valutazione poichè l’elevarsi del "tono emotivo" o l’incremento della "partecipazione affettiva" portano a tensioni legate ad una migliore presa di coscienza della malattia o a ravvivare posizioni istintive e profonde di dipendenza e di opposizione agli oggetti interni primitivi.
Proprio in questi casi, l’osservazione delle dinamiche psichiche superficiali e/o profonde ha permesso di monitorare le reazioni e di contenerle attraverso l’intervento psicoterapico-integrativo senza l’utilizzo di farmaci psicodepressori e/o tranquillizzanti che avrebbero, sotto un certo profilo, mimetizzato e/o pauperizzato il beneficio indotto dagli anticolinesterasici.
La lettura psicodinamica della demenza non contrasta con una presa di coscienza neurobiologica di fronte a questi disturbi che, proprio per la loro complessità, al contrario, investono tutto l’insieme di quello che possiamo giustamente chiamare il "trait d’union" tra cervello e mente.
L’impostazione teorica della terapia di integrazione emotivo-affettiva (E.I.T.), seppure ponga le radici nella psicologia dell’ Io, ciò non di meno, tiene in conto quella lettura psico-biologica fondata sulle più recenti puntualizzazioni di neurofisiologia funzionale.
Le concezioni attuali della funzione cerebrale si focalizzano su grandi reti neuronali interconnesse che permettono un processing rapido e diffuso dell’imput sensoriale. Questo modello contrasta e supera organizzazioni neuro-cerebrali strutturate in forma sequenziale e gerarchica.
Il modello a rete presuppone sistemi neuronali multifocali che soppiantano i centri anatomicamente specifici, dando luogo, quindi, ad un "comportamento cerebrale" che risulta tanto localizzato quanto distribuito. Virtualmente tutte le "zone" della corteccia cerebrale (sensoriali, motorie,limbiche o di associazione), insieme a diverse strutture sottocorticali, risultano interconnesse e proiettano sul nucleo caudato e sul putamen.
In anni recenti è stato anche sottolineato il ruolo dei nuclei della base non solo nella funzione motoria, ma anche in quei circuiti che mediano funzioni cognitive ed emotivo-affettive.
Esistono per lo meno 5 circuiti paralleli che legano i nuclei della base con il talamo e con la corteccia (Ieffrey L. Cummings; Ramòn Leiguarda; in Atti del VIII Congreso Panamericano de neurologia, 1991):
- circuito motorio: definito dalle proiezioni che dalla corteccia motoria primaria e/o secondaria oltre che dalla corteccia somato-sensoriale raggiungono il putamen ed i nuclei talamici (ventrale laterale orale e anteriore) per arrivare nuovamente, completando il circuito, alla corteccia motoria supplementare. Questa proietta anche alla corteccia motoria e premotoria che dà origine al sistema piramidale.
Attraverso questo circuito, si mantiene una relazione tra sistema somatotopico ed organizzazione del movimento.
- circuito oculo-motore : definito da impulsi che provengono dai campi frontali oculari (area 8), dalla corteccia prefrontale dorsale (area 9-10) e parietale posteriore (area 7) per raggiungere la testa del nucleo caudato, la parte dorsomadiale del pallido e quella ventrolaterale della sostanza nigra. Il circuito raggiunge porzioni ventrali anteriori e medio-dorsali del talamo e poi, attraverso proiezioni talamo-corticali, il campo oculare frontale e oculare supplementare. Qui giungono anche proiezioni dalla retina e dalla corteccia striata.
- circuito prefrontale dorso-laterale : costituito da afferenze che dalla convessità prefrontale dorsale (area 9,10) arrivano al caudato dorsolaterale con proiezioni superposte a proiezioni dalla corteccia parietale posteriore(area 7) e dall’area premotoria arcuata. Il circuito raggiunge la parte dorso-mediale del pallido e quella retro-mediale della sostanza nigra, che proiettano all’area ventrale anteriore e dorso-mediale del talamo (parvocellulari). Le connessioni tornano poi alla regione prefrontale dorsolaterale.
- circuito laterale orbito-frontale : con afferenze dalla corteccia orbito frontale al caudato ventromediale che si superpongono ad afferenze delle aree di associazione uditiva e visiva provenienti dalla corteccia temporale superiore ed inferiore rispettivamente e che tornano alla corteccia orbito-frontale attraverso le proiezioni talamiche originate nei nuclei ventrale anteriore e mediodorsale magnicellulari.
- circuito limbico : è costituito da afferenze provenienti dall’ipotalamo, dall’amigdala e dalle aree corticali 28 e 35, che raggiungono lo striato ventrale superponendosi ad afferenze dalla regione cingolare anteriore (area 24) e dall’area temporale.
Il circuito raggiunge successivamente l’area cingolare anteriore e la corteccia orbito-frontale mediale passando per: il nucleo medio-dorsale del talamo, il nucleo acumbens, il caudato, il putamen ventrale, il tubercol olfattorio e i nuclei talamici mediali aspecifici. Questi ricevono anche proiezioni dal setto e dall’amigdala, aprendo così una via indiretta che lega queste strutture con il nucleus acumbens.
Queste spiegazioni neurofisiologiche ci danno un’idea non solo della complessità della "funzione neuronale cerebrale", ma aprono anche una finestra sul panorama della interrelazione tra funzioni neurofisiologiche ed implicazioni psicologico-psichiatriche. Basti ricordare che:
a) - lesione della corteccia prefrontale determinano:
b) - lesioni del caudato
Questo nucleo è il più importante tra i gangli della base per le sue proiezioni che lo legano alla corteccia dorsolaterale e prefrontale. La "malattia di Huntington" è la sindrome principale legata a lesioni di questo nucleo che, per altro, comportano: disturbi cognitivi, apatia, ansietà, confusione e depressione.
c) - lesioni del "globus pallidus" - provocano quadri simili a quelli derivati da lesioni frontali con apatia, acinesia, difficoltà dell’organizzazione sequenziale.
d) - lesioni talamiche
Il talamo riceve connessioni con moltissime strutture sottocorticali e corticali; sue lesioni inducono quadri simili a quelli osservati nell’interessamento dei gangli della base e della corteccia frontale.
La demnza conseguente a lesione bilaterale del talamo si caratterizza per i gravi disturbi della memoria tipici dei disordini frontali.
La nostra posizione psico-neuro-biologica tiene in conto appunto di questi fattori, di queste funzioni a rete o a ventaglio, che permettono sia una grande interrelazione-intercomunicazione, sia una enorme velocità di scambio, con possibilità incredibili di modificare, modulare, ricreare, bloccare, accentuare e, quindi, "significare" l’imput sensoriale a punto di partenza esterno e/o interno.
Il secondo aspetto che sottende alla nostra impostazione teorica sulle demenze è quello della plasticità cerebrale.
La complessità e la plasticità risultano i cardini per poter comprendere ciò che succede in seguito agli interventi terapeutico-palliativi e progettare future modalità per migliorare la situazione personale dei pazienti Alzheimer e la loro qualità di vita.
Il tema della plasticità si riferisce in special modo alle capacità di adattamento dell’organismo e/o di un organo ad alterazioni patologiche o a condizioni ambientali alterate. Per questa funzione, il cervello utilizza:
La plasticità permette quindi di riorganizzare meccanismi funzionali operando un adattamento e, in altre parole, assicura il normale fluire dell’informazione sensoriale, emotiva ed affettiva.
Per queste considerazioni, a nostro modo di vedere, la combinazione della terapia farmacologica con una terapia palliativa come l’ E.I.T. (terapia di integrazione emotivo-affettiva) permette una interazione tra recupero della funzionalità neuro-biologica (reti neuronali limbico-frontali) e ristrutturazione di dinamiche psico-mentali (l’ Io).
A questo punto, una lettura della sintomatologia della malattia di Alzheimer in chiave psicodinamica, come quella qui presentata, diventa uno strumento essenziale non solo per una puntualizzazione sui cambiamenti-miglioramenti, ma anche per modulare l’intervento farmacologico in tal maniera da permettere interventi che accompagnino le modificazioni dei livelli dell’acetilcolina con sottili controlli delle risposte emotive ed affettive.