I MECCANISMI PSICHICI NELLE DINAMICHE
REGRESSIVE ED AUTISTICHE
Dott. Romeo Lucioni
Il concetto di regressione si collega principalmente con la psicologia e la psicoanalisi. É Freud ad introdurre per primo il termine, collegandolo allo schema psicologico dello sviluppo libidico nel quale i livelli di oralità, analità e genitalità rappresentano una sorta di "cammino" o di crescita verso lo sviluppo psichico e la cosiddetta normalità.
Un' immagine simbolica della regressione é quella del ritorno alla dipendenza ed al contatto-rapporto con la madre così che, in questo ordine di schematismi, si é visto anche un certo grado di regressione nel rapporto psicoanalitico e nella prassi catartica che crea una sorta di "regressione storica" nello stare sdraiati su di un lettino, circondati da una atmosfera "cullante" , di grande sostegno ed aiuto.
Interpretando la regressione come una sorta di discesa attraverso una gerarchia di funzioni e/o di strutture psichiche, si pone la questione non in un senso globale, ma in quello di dare un significato etico-morale inadempiente con una posizione cognitivo-affettiva e, soprattutto, sociale e relazionale adeguata alle conoscenze metapsicologiche e psicodinamiche moderne. Andare "indietro" lungo una "storia di valori", analizzando qualità e tipo di vita interna e profonda, é fermarsi ad una valutazione semplicemente formale e diagnostico-descrittiva, basata sulla disquisizione se il pensiero del soggetto sia basato più sul soddisfacimento libidico che sulla analisi del reale o se l'ansia sia di origine paranoide o depressiva.
Accanto a questa lettura, per così dire psicologica, c’é, nella regressione, anche una specificazione metapsicologica, più propriamente legata ai meccanismi del pensiero. Se consideriamo l'Io una sorta di conquista o crescita legata appunto all'apprendimento di modalità di difesa o di autodifesa intesa come possibilità di apprendere meccanismi adattivi, contenitivi, valorativi ed operativi, é evidente che i meccanismi di pensiero possono risultare regressivi se si evidenziano come modalità arcaiche, poco adatte ad una elaborazione finalisticamente utile ad assolvere interventi equilibratori da un lato e capaci di produrre una evoluzione ed una crescita dall'altra.
Anche il termine di crescita presuppone evidentemente una bipolarità, stratificata tra una inerte dipendenza ed una attività psichica ed affettiva capace di condurre il soggetto ad espletare le proprie funzioni e ad utilizzare al massimo le proprie capacità cognitive, intellettive, emotive ed affettive.
Per portare il discorso su di un piano pratico, possiamo ritornare al concetto di Io che, nella sua integrazione, non perde il carattere di "falso dualismo" dal quale culturalmente non può esimersi:
- il corpo (la realtà corporea) e lo spirito
- il dentro ed il fuori
- la struttura interiore e l'habitat
- l'individuale ed il sociale
- il desiderio e la repressione
- l'istintivo ed il cognitivo
- l'ideale dell' Io ed il Super Io.
Si potrebbe affermare che l'essere umano, nell'espressione del suo Io, sia un condensato di tutti questi fattori, contrapposti, ma concomitanti e sinergicamente inter-relazionati, che possono riassumersi nei termini di ambiente, corpo e mente.
In questo schema l'istintivo non resta emarginato come parte dell'organismo che lo contiene, ma riveste un concetto più ampio che interessa tutte le strutture sia fisiche sia psichiche. Da un altro punto di vista le strutture genetiche danno informazioni microscopiche che si possono evidenziare nel macroscopico, ma non condizionano l'insieme. L'aspetto estetico, l'istinto sessuale, le connotazioni espressive, ecc., sono la parte manifesta delle parti trasmesse geneticamente e regolate da una forza istintiva trascendente, ma che non spiegano la capacita' riflessiva, gli atteggiamenti di opposizione e di amore, i comportamenti, ecc., che sono invece espressione di una più complessa integrazione ed evoluzione. Possiamo dire che questa capacità, programmata geneticamente e sviluppata integrativamente da molteplici fattori interagenti tra loro, sia l' Io, istanza psicologica labile e sottoposta alle influenze sociali che la vanno orientando durante un lungo o interminabile processo di apprendimento e d'accordo con le necessita' individuali e della struttura sociale.
L' Io troverà quindi nel dilemma dell'ambiguità, dell' ambivalenza e del dualismo la spinta al divenire ed al crescere, ma anche il fondamento della sua debolezza e delle sue possibilità di cambiamento. l' Io, per sopravvivere, ha sviluppato una serie di strutture che gli permettono di discriminare e sintetizzare i molteplici e svariati stimoli ai quali e' sottoposto costantemente e che provengono dell' ambiente, dal corpo e dalla mente: l' Io condensa in se' quindi fattori biologici, psicologici e sociali. Queste aree, secondo Rojas Bermudez, in condizioni normali, sono ben discriminate e permettono all'individuo di riconoscere perfettamente la procedenza dello stimolo e quindi le risposte risulteranno coerenti ed efficaci.
In ultima analisi, l'Io si propone come struttura che, ponendosi a cavallo tra i meccanismi inconsci e quelli consci, riesce a integrare gli aspetti funzionali della psiche. Riconosciamo dunque, nella sfera degli aspetti consci, parti cognitive, affettive e relazionali che vengono a strutturare le capacita' di risposta agli stimoli percettivi. Accanto a queste parti rileviamo anche aspetti più specificamente adattivi, capaci in altre parole di armonizzare l'intera struttura.
Se accettiamo questo modello della funzione psichica é evidente che potremo parlare di regressione quando questa non si organizzi in tutte le sue parti. Parliamo di "debolezza dell'Io" in un senso storico-temporale, vale a dire come risultato di una crescita o ritorno a modalità arcaiche, infantili o comunque pregresse e caratteristiche di età più giovanili.
FUNZIONI ELABORATIVE DELL’ IO
TRA MECCANISMI PSICHICI E RISPOSTE PSICOMOTORIE
STIMOLO
PERCEZIONE
Reattività istintiva di tipo regressivo
IO
elaborazione - autovalorizzazione Þ - reattività
conscia e onnipotente incontrollata
incoscia - svalorizzazione Þ - rabbia e aggressività
------------------------------------------------------------------------
- senso di sè Þ - autocensura
autostima - evaporazione
- autocontrollo
- risposta appropriata
Reattività integrata di tipo affettivo-cognitivo
Questo inquadramento presuppone una progressione evolutiva:
per il venire meno di una "inibizione dinamica", contenitrice ed adattiva, emergono modalità di pensiero e di relazione d'oggetto arcaiche. La regressione, in questo modo, può interessare anche solo aspetti o parti della personalità e, manifestandosi come conflitto (soprattutto nelle nevrosi), si colloca tra la "fantasia di desiderio" (letto come "philia") e regressione da parte dell'Io o del Super-Io. In tal modo il termine "regressione" non presuppone, di per se', una rottura con la realtà, ma acquista qui il valore di "difesa regressiva", una difesa drastica che comporta:
- modalità di pensiero preconscio (rinunciando alla simbolizzazione astratta per
una simbolizzazione concreta; la libido, mossa da "fantasie-illusioni", invade gli
oggetti, creando, in questo modo, legami simbolici che però non rappresentano
astrazioni, concetti o significati, ma si materializzano, diventano reali e concreti)
- rinuncia ad un'analisi del reale per rifugiarsi nell' illusorio basato su pulsioni
- scelta di modalità relazionali di tipo dipendente
- senso di appartenenza di un'area di in sufficienza
- ritorno a sentimenti narcisistici primari magari espressi non come sentimenti,
ma come teatralizzazione concreta di immagini interne
- utilizzazione di sentimenti di onnipotenza
- incapacità di usare un'analisi critica e razionale, sostituita da sentimenti di
"diritto" e di gratificazione orale (mi devono) ed anale (io sono bravo, quindi
reclamo)
- modalità comportamentali infantili (esplosive, chiassose, fatte per attirare
l'attenzione)
- limitazione del proprio mondo in una sfera di difesa dalla frustrazione ed anche
riduzione della motricità, dell'iniziativa e delle proiezioni percettive con chiusura
sensoriale ed esperenziale.
Un Io-debole produce una difesa regressiva quando deve affrontare una frustrazione accompagnata da ansie persecutorie. Quando queste diventano troppo forti (quando sono legate alla separazione o alla minaccia di separazione dall' oggetto) e la frustrazione acquista una dimensione incontrollabile (vedi Freud, Nevrosi e psicosi,1924) é il momento che può prendere inizio e strutturarsi un processo regressivo.
La regressione presuppone e si collega da un lato ad un movimento verso la "malattia" e, per altro, ad un movimento associato a sentimenti ostili.
Questo modo di vedere si associa alla teoria di Freud laddove si collega la regressione all'istinto di morte (forze distruttive); il progredire con la libido ed il movimento verso la vita. La regressione rappresenterebbe un tornare indietro da un livello più alto ad uno più basso, uscire dalla realtà per abbracciare l'irreale, ricercando una specie di "insana gratificazione" (Freud). Dietro la libido affiora "Thanatos": l’onnipotenza primaria (onnipotenza fusionale) che non sopporta la frustrazione e crea la rabbia, l’aggressività ed il senso della morte e della distruzione; i sogni si trasformano in "macchina per uccidere". Se angosce persecutorie troppo forti vengono supportate da ansie di separazione ( legate per es. a: dover crescere, abbandonare il gioco, assumere responsabilità) e minaccia di perdere oggetti buoni e rassicuranti, il risultato non può limitarsi ad un semplice arginamento della libido. Come dice J.Lawrence (Argonauti 56,1993), riprendendo un lavoro di Heimau e Isaacs, vengono suscitati anche odio, aggressività e l'ansia che ne consegue, espressioni di un sadismo pregenitale e di "forze distruttive" che si attivano nella mente.
La separazione-perdita, foriera di frustrazione, produce sempre dolore e un'infelicità che impedisce di accettare la rottura e che agisce da fattore disorganizzante.
Secondo un'altra modalità di lettura, la separazione é sinonimo di "trasformazione". Quello che cambia e' la "personalità" costretta a reinventare lo "spazio di creatività, di gioco e di magia", indispensabile per alimentare l'amore e l'erotismo.
Nelle dinamiche qui esposte possiamo osservare:
1) bassa soglia di tolleranza alla frustrazione
a) determinazione, di conseguenza, una irruzione degli impulsi;
b) incontinenza verso i sentimenti provocati dalla frustrazione:
irritabilità, impulsività, aggressività, angoscia e panico, distruttività;
c) incapacità di bloccare la pressione degli impulsi che determina una massiccia
disorganizzazione dell'Io che
* non argina l'improvviso aumento dell'intrusività delle emozioni e/o il loro
accentuarsi disordinato per aloni interpretativi che ne moltiplicano il
significato;
* é impotente di fronte all'entità dell'aggressività della paura, del disagio, ecc.
e quindi si disorganizza anche per piccole frustrazioni.
2) necessità di far fronte all'insicurezza, all'angoscia, alla paura.
In quest'area le crisi hanno una relazione abbastanza stretta con la realtà (mentre l'angoscia nevrotica irrompe dall'interno, per meccanismi inconsci) e possiamo parlare quindi di processi reattivi con significato difensivo.
Le modalità di controllo messe in atto dall'Io, si dimensionano in un accentuato ed approfondito esame di realtà:
- cerca di imparare modalità comportamentali più adeguate (per es. fare a pugni
per difendersi in un gruppo di "duri")
- cerca di ridurre il pericolo
- impara a chiedere aiuto
- abbandona l'attività pericolosa
- cerca una persona amica nel gruppo
- cerca zone di evitamento parziale.
Oppure struttura meccanismi regressivi come:
- sviluppare fantasie di controllo
- operare limitazioni coatte dello spazio vitale
- usare meccanismi rituali di evitamento
- agire meccanismi di spostamento e di messa in atto nei sogni ad occhi aperti
(fantasia di potenza, di forza, d'invulnerabilità, di onniscenza)
- usare forme ludiche di evitamento.
Il percorso mentale seguito dal successo, così come quello che segue al fallimento, determina motivazioni più o
meno consce ed inconsce, ma legate significativamente a patterns determinati che racchiudono anche i termini contradittori di una favola, emblematicamente quella di Peter Pan, nella quale vive il rimpianto dell'adolescenza insieme al desiderio di voler diventare adulti.
Nella regressione si evidenzia dunque la discordanza tra il "philia" del soggetto (sentimento di appartenenza) e la rinuncia al proprio "eros" (desiderio di crescere) che si traduce nel non poter accettare il proprio diritto a crescere, ad usufruire della propria capacità e del proprio destino.
Così, come abbiamo detto, il problema della regressione si pone non solo in relazione con la frustrazione, ma anche con il successo. Nel dinamismo del crescere e del cambiare, entra anche la gratificazione così come questa entra nel dinamismo regressivo dell'onnipotenza. L'investimento libidico della gratificazione conduce all'ipertrofia del seno e ad atteggiamenti paranoidi (posizione schizo-paranoide) del suo controllo onnipotente.
Possiamo pensare ad una lotta dell'Io contro le proprie pulsioni (Freud: nevrosi e psicosi,1924) -"pulsioni parziali primarie dell'Io come oralità, analità, voyeurismo - scagliate contro l' Io ideale supportato dal Super-Io. In questo meccanismo possiamo intravedere due momenti dello sviluppo psichico, collegati e consecutivi tra loro.
Dato che nella frustrazione l'Io risulta debole, le ansie distruttive vengono messe in gioco dalla gratificazione. Questa situazione può essere presa come primo momento nel quale si evidenziano sentimenti di insufficienza, incapacità, inadeguatezza. Il mondo relazionale risulta dominato dalla vergogna; prevale un atteggiamento di inibizione e di dipendenza e una posizione più o meno depressiva; il Super-Io si dimensiona come arcaico e distruttivo, inavvicinabile ed incontrollabile.
Il secondo momento si struttura quando subentra la gratificazione che fa scattare il dinamismo regressivo che, configurato come posizione schizo-paranoide, permette la formazione di poderosi sentimenti di onnipotenza e stimola il narcisismo primario. In questo caso, il Super-Io, svuotato dalla aggressività orale, risulta più sterile e sostituito da un Io grandioso, però dimensionato nella china regressiva.
A questo punto é evidente quanto assuma un' importanza rilevante la dinamica terapeutica del rafforzamento dell'Io e quanto, in questo processo, la procedura di autoriconoscimento e di valorizzazione delle proprie capacita' cognitive, emotive ed affettive diventi essenziale.
Nell'area del riconoscimento dimensionale dell'Io, il filosofo Axel Honneth (l'Unità 14-6-'93) ne distingue tre tipi: il primo é quello che si dà in una relazione d'amore e dal quale l'individuo trae la "fiducia in se stesso"; il secondo é quello legale-giuridico dal quale sorge il "rispetto di sé"; il terzo riguarda valori condivisi che, attraverso la stima sociale e la solidarietà, permettono la strutturazione dell' "autostima".
L'integrazione di tutti e tre le componenti, permette un riconoscimento completo di se' proprio perché il primo, senza gli altri due, conduce ad una situazione riduttiva e regressiva, dominata dall'onnipotenza. Il secondo permette l'elaborazione di sentimenti legati con il rapporto con gli oggetti, la motricità e l'efficacia produttiva. Il terzo risulta un vero completamento delle capacità personali determinando una spinta ed un atteggiamento volitivo verso il raggiungimento di un Io integrato nella dimensione relazionale e, per altro lato, dà l'energia affettiva necessaria per il raggiungimento dello sviluppo più integrato e completo degli altri due versanti.
Il riconoscimento sociale é capace di innescare una tendenza unificatrice sull'Io che sarà poi in grado di generare una autodefinizione in campi come la cultura, le scelte politico-economiche, l'intuizione di un proprio dimensionamento spazio-temporale nell'ambito della società e dello spessore familiare e soprafamiliare, della società ed anche dell'universalità.
La strutturazione di un Io integrato nel versante del riconoscimento permette anche una integrazione delle capacità di pensare in termini di rapporti con sè, con gli oggetti, con gli altri, con le istituzioni e con la società.
In termini economico-produttivi, un riconoscimento integrato permette la strutturazione di un Io capace di tradursi come valore di mercato per raggiungere obiettivi concreti e prassici adeguati, relativi sia ad un concetto individualistico, sia ad una proiezione sociale e di integrazione alla società consumistico-produttivista nella quale il soggetto si trova oggi a doversi gestire.
Forse però, a monte del riconoscimento dell'Io, si genera un senso di "consapevolezza di sé" che presuppone l’intimo desiderio che, come tale, si allaccia alla dipendenza.
Il desiderio di essere amati, riconosciuti, coccolati, ecc. ci dimostra come sia forte il sentimento regressivo della dipendenza. Chi quindi raggiunge una sua intima consapevolezza può arrivare a controllare il proprio desiderio di indipendenza primaria, che potremmo anche indicare come istintivo, che deriva dall'amore primario e che può assumere l'aspetto di devozione affettiva, cortesia spiccata, rispetto sociale.
Al contrario, chi é in balia del proprio desiderio di dipendenza, non riesce a raggiungere un soddisfacente grado di consapevolezza di sé.
Da quanto detto, prende forma e significato il "PHILIA", come sentimento di appartenenza e di attaccamento, contrapposto all'EROS, sentimento di separazione e di libera identificazione. Si potrebbe dire che, quando il "philia" predomina sull' Eros, il soggetto, soffocato dal senso di appartenenza (al gruppo, alla famiglia, ma anche alla sua percezione di "essere al posto giusto, che gli corrisponde) non può vivere sentimenti di "tradimento", che di per sè si ricollegano a sensi di colpa (il senso di colpa é sostituito da sentimenti di "vergogna"). La vergogna, da questo punto di vista, si struttura nel senso di appartenenza:
famiglia che mi aiuta, mi difende;
- non devo mettermi in mostra ("...vèstiti normalmente !) perché altrimenti
sembrerebbe che voglio essere di un altro gruppo;
L'impossibilità di controllare e contenere le angosce derivate dalla conflittualità della vita pulsionale e da quella relazionale, determina una intensa "inibizione difensiva invalidante" che può giustificare e rendere ragione di un blocco dell'attività mentale, di quella psicomotoria e dell'espressività socio-relazionale, strutturando un quadro regressivo assimilabile ad un quadro autistico. In questo caso, l'agente inibitorio non é un Super-Io arcaico e punitivo, ma la sostituzione del Super-Io atrofizzato e impotente con un Io-narcisistico-onnipotente racchiuso in una dimensione riduttiva e personalistica, virtuale ed aggressiva.
AUTISMO
L'autismo non é un "sistema" che si struttura e si esaurisce in se stesso e neppure una malattia definibile in termini assoluti; al contrario deve essere valutato nell'ambito di un deficit graduale o relativo che si riferisce a difficoltà di carattere sociale, comportamentale e linguistico, oltre che riferibili ad una particolare struttura di pensiero o, se vogliamo, ad una struttura Ioica deficitaria. Se letto in questo modo, non é giustificata l'etichettatura autistica, mentre, al contrario, vale la pena, nell'osservazione clinica, mettere in evidenza certe caratteristiche autistiche che possono interessare il comportamento, gli atteggiamenti, il pensiero e le funzioni psichiche, oltre che, a volte in maniera accentuata, il linguaggio e l'espressività in generale. Va ricordato che sempre le peculiarità autistiche risultano una importante causa di ritardo dello sviluppo psichico proprio perché minano lo strutturarsi di un Io polivalente e poliedrico, capace di dimensionare meccanismi adattivi e/o compensatori. Non bisogna quindi porsi di fronte all'autismo adottando un approccio "medicalizzante" o diagnostico-osservativo proprio perché la ricerca di una od altra caratteristica patologica risulta, in effetti, un semplice esercizio accademico che non permette un'analisi precisa dei livelli e degli aspetti qualitativi dello sviluppo e delle capacita' espressive caratteristiche di una strutturazione Ioica.
Seguendo lo schema mentale tracciato in questo lavoro, per quanto riguarda la regressione, anche l'autismo può, per molti aspetti, essere equiparato ad un modello regressivo. Certamente, l'autismo non può essere considerato solamente come modello sindromico unico, dal momento che possiamo in esso evidenziare problematiche notevolmente differenti e che coinvolgono più o meno meccanismi sicuramente biologici, mentre assumono maggior rilevanza gli elementi psichici o psico-relazionali.
Dalla nostra esperienza, possiamo trarre, in forma schematica, cinque modelli di autismo:
AUTISMO PRIMARIO
Questa forma autistica è stata chiamata "autismo primario normale" e individuato come "stadio primitivo sensoriale". Secondo Margaret Mahler ad una prima "fase autistica" segue uno "stadio simbiotico". Nel primo periodo le sensazioni corporali, relativamente indifferenziate, formano il "punto di cristallizzazione" del primitivo senso di sé attorno al quale si stabilirà un primitivo "senso di identità".
In questa fase troviamo quindi "oggetti-sensazioni" centrati sul proprio corpo e la madre viene sperimentata come uno di questi che fa parte del proprio corpo e prepara il cammino a posteriori relazioni con oggetti non-sé, sperimentati come separati dal proprio corpo ai quali deve imparare ad adattarsi.
Si può dire che il bambino autistico ha sperimentato una coscienza insopportabile del non-sé prima di poter contare su di un sé sufficientemente integrato per poter affrontare la situazione con successo.
In questa forma morbosa tutta la personalità è invasa, forse perché fin dai primi mesi di vita viene inibito lo sviluppo cerebro-mentale
L’autismo primario può essere visto come disturbo dello sviluppo neuro-mentale o, psicoanaliticamente, come deficit severo dello sviluppo psichico e delle tappe iniziali della strutturazione dell’ Io. Questa forma psicopatologica si manifesta precocemente anche se poi viene evidenziata ed affrontata quando gli impegni della vita sociale portano al confronto con le necessità educative e relazionali che rendono il relativo fallimento più quantificabile.
Da un punto di vista clinico osserviamo:
ad una retrazione coatta a vivere in un angolo della casa o dell’ambiente dove
abitualmente si trova;
autolesionismo o ad aggressività quando lo stimolo risulti troppo intenso (anche
se questo risulti incomprensibile all’osservatore);
apparato locomotore e muscolare;
aggressivi;
se appare evidente una capacità istintiva ad afferrare empaticamente il senso
delle cose e degli accadimenti;
ipermotricità che sembra senza scopo, se si eccettua il significato controfobico;
che, naturalmente, alle difficoltà cognitivo-affettive le quali si evidenziano con:
- impossibilità ad elaborare il senso comunicativo del linguaggio
- difficoltà nel trasferimento del significato semantico delle parole che restano
legate alla percezione di una sola funzione.
L’autismo primario è senza, dubbio, la forma più grave di queste sindromi e richiede una preparazione psicoterapeutico-educativa del tutto adeguata per poter ottenere dei risultati positivi nei tentativi terapeutici.
AUTISMO GENETICO (sindrome di Martin-Bell)
Manifestazioni cliniche:
Risposte verbali e attitudinali per risonanza e per eco
Modalità di rapporto interpersonale rituale e stereotipato
Ideazione simbiotica con modalità di riflesso e di sequenze in catena
Espressività manieristica e ripetitiva
Io debole e dispersione dell'identità
Modulazione del rapporto col tempo del tutto personale ed asincrono
Atteggiamenti egocentrici, egoistici e narcisistici in assenza di elaborazione
critica
Perseverazioni
Gestualità e verbalizzazione simbolico-rituale (meccanismi rituali di evitamento;
i cerimoniali sono volti a controllare fattori esterni e i "rituali privati" la
situazione interna: "tenere d’occhio" l'ambiente vissuto come
pauroso, aggressivo e pericoloso, che equivale ad esorcizzare il "seno".
Anche la "regressione" può essere vista come un rituale che tende ad
evitare il "cambiamento" e quindi si regredisce per non cambiare-guarire)
Drammatizzazione nell'espressività
Modalità ripetitive nelle funzioni espressive come: mimica, affettività,
verbalizzazione
Incapacità di valutare le conseguenze di un atto, di una espressione o di una
modalità relazionale
Coercizione dell'individualità e delle possibilità decisionali (della coscienza)
Dilatazione dell'individualità coinvolgendo gli altri
Visione del reale che segue parametri personali ed illusori
Strutturazione di una scala di valori strettamente personale, senza possibilità di
modulare l’azione
Ritiro pulsionale
Mascheramento affettivo
Tendenza alla passività ed alla dipendenza
Mancanza di controllo dell'eccitazione personale ed autoriferita e
di quella riferita al collettivo con tendenza all’imitazione ossessiva
Meccanismi rigidi di comunicazione e di relazione
Tendenza alla "fusionalità"
Disordine nella ricostruzione spaziale
Percezione globalizzante
Mancanza di capacità analitico-deduttive
Incapacità di elaborare criticamente le proprie azioni con bassa percezione degli
errori; ne consegue disorientamento di fronte ai rimproveri
Comportamenti psicomotori complessi eseguiti inaspettatamente
Non previste capacità di orientamento spazio-temporale
Autogestione buona e insospettata
Notevoli difficoltà nella coordinazione motoria complessa.
AUTISMO PULSIONALE O PSICHICO
L'autismo psicologico si evidenzia prevalentemente come REGRESSIONE GRAVE, che assume i seguenti aspetti clinici:
distruttive
e di superiorità
- Super-Io rigido ed arcaico, violento e violatorio
- mancata strutturazione di un sentimento di colpa, ma l'errore o l' inadeguatezza
supportano sensi di vergogna
- inadeguatezza dell'Io mascherato da narcisismo ed egocentrismo
- difficoltà di rapporto con il reale, vissuto come inintelligibile
- fuga dalla realtà e rifugio nell'identificazione proiettiva del tipo dell'onnipotenza
- incontinenza pulsionale
- incapacità di controllo del proprio agire
- comportamento dominato da risposte cortocircuitarie senza filtri critici
- incapacità di percepire le conseguenze dei propri atti
- egocentrismo, onnipotenza e narcisismo
- riduzione delle capacita' motorie per posture stereotipate
- aggressività latente rivolta indiscriminatamente verso l'esterno
- impulsività
- reiteratività eidetica e comportamentale
- ossessività (per es. con i videogiochi)
- impossibilita' di donare cose proprie
- voracità verso le cose (non resiste alla tentazione)
- ritualizzazioni comportamentali (risatine, manierismi)
- fobie
- ossessività
- incapacità di prestazioni durevoli
- mancanza di attenzione
- scarsa o nulla valenza della volontà
- modalità comportamentali riflesse, mimetiche, a specchio, proiettive (copia i
personaggi delle cassette dei quali impara le mosse e le modalità)
atti può manifestare la propria aggressività).
Il processo di regressione psicologica aiuta il "mantenimento dell'autostima" in quanto l'importanza delle menomazioni non è rilevabile in un livello di funzionamento non pienamente sviluppato (per es. passività, dipendenza, adesione ed anche ipermotricità, esplosività, ripetitività, ecc.)
AUTISMO REGRESSIVO
Si caratterizza perché l' Io, in situazione di regressione, risulta debole, incapace di contenere le pulsioni e di mettere in atto modelli difensivi più adeguati; così compaiono segni psicopatologici caratteristici:
- "primitivizzazione" formale del pensiero e della percezione
svalorizzazione
- mancanza di controllo delle frustrazioni e tendenza al ritiro
- pauperizzazione personale di fronte ad un Super-Io fallico e distruttivo
- incapacità di resistenza agli stimoli del gruppo
- comportamenti chiassosi ed egocentrici
- narcisismo megalomanico non contenuto dalle deboli risorse critiche
- disorganizzazione di fronte alla colpa
- incapacità di valutare le situazioni sociali
- mancata utilizzazione dell'esperienza
- impossibilità di usare canali sublimatori come: altruismo, umorismo ed
intellettualizzazione
- tendenza a coinvolgere nella sua dimensione
terapia supportiva)
- facile risposta aggressiva anche corporale
- dimenticanza di tutti gli eventi dolorosi e soprattutto quelli riferibili a
scariche tensionali
- eloquio ricco e precipitoso, poco coerente e comprensibile, poco strutturato per
mancanza di passaggi logici
- oscillazione tra l'onnipotenza e l'impotenza
- comparsa di impulsi pregenitali: orali, anali, fallico-aggressivi e omosessuali
avidità, invidia, ritorsioni fantasmatiche dell'oggetto aggredito
- simbolismo e formazioni sostitutive.
Questo modello regressivo si innesta spesso su altre quadri psicopatologici legati a:
sindrome di Down
insufficienza mentale
epilessia
postumi di trauma cranio-cerebrale.
AUTISMO SCHIZOFRENICO
Si tratta di una forma che accompagna la sintomatologia psicotica e che, in ultima analisi, può anche essere letta come forma di schizofrenia che raggiunge il quadro della "schizofrenia ebefrenica" o, addirittura, di quella "catatonica".
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I termini della schematizzazione presuppongono una lettura dell'autismo secondo linee complesse che interessano la percezione, i meccanismi metacognitivi, la strutturazione del pensiero, le modalità emotivo-affettive.
Secondo A. Affolter e E. Stricker (1983), nell'autismo, l'anormalità é associata a deficit percettivo-cognitivi piuttosto che a disturbi emotivi di base. Difficoltà nei compiti intermodali (Bryno,1970), di memoria a breve termine (Bryson,1972; Churchill, Alpern e De Myer,1971) ed altre osservazioni longitudinali hanno indotto Affolter (1976) a suggerire che la sindrome autistica risulta da deficit percettivi primari intermodali.
I processi percettivi sono prerequisiti per l'acquisizione delle performances umane complesse e si potrebbe quindi pensare che alterazioni percettive primarie (nei primissimi anni) si accompagnino a disturbi del pensiero, a problematiche emotivo-affettive, dissonanze relazionali, potendo strutturarsi dunque un quadro psichiatrico complesso riferibile ad una sintomatologia autistica, a problematiche cerebrali organiche, a un quadro psicotico, ecc.
Seguendo questa linea di pensiero, si dedurrebbe che la strutturazione dell'Io avvenga principalmente attraverso le capacità di elaborazione degli engrammi percettivi. Evidentemente si pone qui il quesito temporo-spaziale: se siano le percezioni a strutturare l'Io o se l'Io strutturi le percezioni, unitamente a quello sullo spazio psichico dove questa elaborazione avviene; entrambi per ora restano irrisolti.
A nostro modo di vedere, questo modello riduttivo non é inoltre sufficiente a spiegare la complessità del fenomeno e, soprattutto, risulta in contrasto con altre modalità di strutturazione autistica come é appunto quella riferita alla regressione.
CONSIDERAZIONI E DEDUZIONI
Se in una concezione atomistica le percezioni si vanno sommando per strutturare una informazione-messaggio unico ed unitario (vedi Andrè Virel in Funzione paterna etc.,1993), noi pensiamo che l'integrazione sensoriale si riallacci attraverso una "immissione" delle sensazioni in uno "spazio coerente". Non si tratta quindi di una unificazione, ma di una "strutturazione globale e coerente", in una continuità che va costantemente modificandosi, rispettando però anche una sensazione immediata di unità. In questo modello strutturale di tipo globale, complesso, totalizzante, modificabile nella continuità sorge e si dimensiona il senso di appartenenza che diventerà "sensazione immediata dell'unità dell'Io".
Sotto questo aspetto si trova la risposta al quesito posto in precedenza in quanto é da una proto-unità dell'Io, cioé da un Io in formazione, che le sensazioni riescono ad immettersi e a strutturare quella continuità e quella appartenenza che, in ultima analisi, risulterà l'Io strutturato, adattato, differenziato, autocosciente ed autovalorizzato.
Nel dimensionamento dell'unità dell'Io c'é chi parla di "simmetria" sia in senso assoluto sia in senso relazionale, cioé nel rapporto tra mondo interno e mondo esterno. A nostro modo di vedere, non si può parlare di essa senza introdurre sentimenti estetico-moraleggianti distorti e, quindi, una problematica concettuale e valorativa.
Il concetto di unita sta proprio nel senso di appartenenza, in un contesto completamente al di fuori di concezioni formali e mistico-religiose. L'attività psichica, come modello operativo, si traduce quindi nella possibilità di operare un processo convergente, di creare una continuità, di esorcizzare la discontinuità per acquisire nell'unità anche l'autonomia.
L'immagine emergente é quella del soggetto che, proiettandosi nel mondo esterno, riesce a riconoscersi e a consapevolarizzarsi, a porsi come unità e come individualità. In questo processo assume un rilievo del tutto speciale il tema dell'autoinganno che si fondamenta nella necessità adattiva di sentirsi ciò che non si é (anche per una motivazione narcisistico-onnipotente) o di credere che certi pensieri siano validati da una propria realtà psichica profonda ritenuta certa (meccanismi di negazione, proiezione, identificazione proiettiva, eccetera).
Freud per primo criticò la opinione semplicistica degli psicologi del suo tempo secondo la quale l'uomo non é capace di produrre un autoinganno. Questa concezione basata su un razionalismo dogmatico porta ad un atteggiamento onnipotente fondamentato nella verità e nell'estetica (retaggio filosofico-culturale greco-romano): se una cosa é vera, é anche bella e può essere logica e razionale. Nella nostra società post-moderna, ancorata e supportata dal mondo economico-produttivista-capitalistico, il vero-bello-razionale si completa con altri due concetti che sono: il ricco ed il "nostro", che é anche finalmente "il giusto".
L'assioma quadra, a questo punto, in maniera perfetta:
il vero il valido
il razionale genera il giusto (che è anche il ricco)
il logico il bello (che è anche il nostro)
Questo é tanto invadente che pervade in forma totalitaria tutto il mondo, dal reale al fantastico, dal pragmatico al filosofico, dal materialista all'etico: tutta la realtà si esaurisce nella centralizzazione dell' Ego capace di creare una realtà valida, vera, giusta, bella, santa e nostra.
La riscoperta di una funzione dell'autoinganno si accompagna alla valorizzazione dell'emotivo e del sentimentale, del senso contro la ragione, del libidico contro il cognitivo-razionale; accettare l'autoinganno é porsi nella condizione di poter capire la problematica regressiva e le dinamiche che sottendono l’autismo. Iniziando la terapia di queste forme psicopatologiche ci si trova di fronte alla necessità di liberarsi dal dogmatismo degli insegnamenti teorici per immergersi nella relazione, nel contatto, nella partecipazione.
In questa dimensione non contano più le parole, proprio perché la perdita dei "valori simbolici" (che rispondono alla razionalità e che sono rappresentati precipuamente dal linguaggio) porta ad una concretezza istintiva che limita la dimensione comunicativa all’empatia.
Riuscire a far nascere la fiducia e l’accettazione sono i primi passi di un lungo "cammino d’amore" che è sempre diadico. Non lasciare aloni semantici, non perdere di vista l’essenziale, rispettare le regole imposte dal paziente, dimensionare l’azione sulle possibilità recettive e di sopportazione, rinunciare alle imposizioni, creare modelli sufficientemente limitati e/o adeguati per non elevare la tensione sono tutti principi per poter impostare una terapia.
Per un bimbo autistico la vicinanza o il semplice muovere una mano può risultare insopportabile e quindi sta solamente nell’operatore scoprire e/o inventare le strategie per essere accettati, per poter entrare un quella "fortezza vuota" che, in realtà, è piena di angoscia, di terrore, di impossibilità, di regressione ad una vita istintiva, primordiale, che rispecchia il mondo del caos che sicuramente è rappresentato dai primi momenti dopo la "venuta alla luce".